Giuseppina Manin, Corriere della Sera 22/6/2013, 22 giugno 2013
«Io, madre di mia madre» I ruoli ribaltati dal tempo Leggera e precisa, la mano di Gianna strizza la spugna, la passa sulle gambe di Anna, si fa carezza per sistemarle il pannolone, si fa suadente per invogliarla alla pappa: su, ancora un cucchiaio… Tenera e allegra, la voce di Gianna si complimenta: brava, hai mangiato tutto… Si fa scherzosa: dai, non fare il broncio… Su, cantiamo insieme quella canzone che ti piace tanto… «A mezzanotte va, la ronda del piacere…»
«Io, madre di mia madre» I ruoli ribaltati dal tempo Leggera e precisa, la mano di Gianna strizza la spugna, la passa sulle gambe di Anna, si fa carezza per sistemarle il pannolone, si fa suadente per invogliarla alla pappa: su, ancora un cucchiaio… Tenera e allegra, la voce di Gianna si complimenta: brava, hai mangiato tutto… Si fa scherzosa: dai, non fare il broncio… Su, cantiamo insieme quella canzone che ti piace tanto… «A mezzanotte va, la ronda del piacere…». Strana canzone per un bebè. Meno strana se la bambina in questione ha 90 e passa anni. Che difatti, riannodando brandelli di memoria e di voce, va avanti: «E questa è la canzon di mille capinere…». «Sono Gianna e Anna è mia madre. Anzi lo era. Adesso la madre sono io, la madre di mia madre», spiega Gianna Coletti, protagonista di «Tra cinque minuti in scena», coraggioso film di Laura Chiossone, dal 27 giugno nei cinema. Al fianco di Gianna, e per la prima volta sullo schermo, sua madre Anna. Entrambe nei panni di loro stesse. Riveduta e raddoppiata in una vicenda parallela (l’attrice sta provando una pièce dove in scena è alle prese con un’anziana e dispotica genitrice), la storia affronta con sincerità, delicatezza e persino una buona dose di ironia, i difficili problemi dell’accudimento di un anziano non più autosufficiente e l’inevitabile ribaltamento dei ruoli genitori-figli. E così Gianna, bella donna di mezza età, impegnata in un lavoro che la coinvolge molto, si ritrova a dover mettere in discussione tutto, vita privata e carriera, perché a reclamarne ogni attenzione è una vecchia signora, quasi cieca, quasi immobile, che un tempo è stata sua madre. «Una donna forte, energica, piena di vita — assicura —. Anche per questo non è stato facile accettarne il crollo. Non ero preparata. Nessuno lo è. Nessuno immagina cosa sia davvero la vecchiaia, specie quando sfida certi limiti del corpo. All’inizio ero spaventata. Quante volte l’ho vista morire… Non riuscivo a sopportarne il declino, la sua sofferenza la vivevo sulla mia pelle». Ma Gianna non molla, decide di andare avanti. Impara ad adattarsi, si inventa compromessi. Niente più tournée, ma senza rinunciare al suo lavoro di attrice. La madre vorrebbe solo lei, ma lei riesce a coinvolgere nell’accudimento anche due badanti. Quanto al fidanzato (nel film interpretato da Gianfelice Imparato)… «è un santo che sopporta me e lei da 25 anni…». Certo, è dura. Ma nessun rimpianto. «L’ho fatto per me prima che per lei. Alla fine è stato un percorso di crescita, un viaggio straordinario con una persona prima abbastanza estranea, con cui avevo avuto molti conflitti. Ho imparato il rispetto per la vita, anche quando ne resta solo una flebile traccia. La gioia di gustare anche le più piccole cose. E l’intimità obbligata con il suo corpo mi ha fatto scoprire qualcosa che non conoscevo, la dolcezza di mia madre». Nel film Gianna racconta un sogno: la madre su un letto con accanto un bambino in fasce. Come avrà fatto a partorire a 90 anni? «Poi ho capito, quel neonato sdentato, rugoso, con il pannolone era lei, la mia vecchia bambina». L’inconscio ha le idee chiare, il conscio un po’ meno. Quando Anna si confonde e la chiama «mamma», Gianna la corregge: «Ma no, sono tua figlia!». Anna ci pensa su e poi conclude: «Sei mia figlia ma anche mia madre». «Il rendersi conto che tua madre o tuo padre non sono più in grado di gestirsi da sé è un momento di crisi per i figli ma anche per i genitori — avverte Giovanna Perucci, psicologa che dal 2007 a Monza conduce gruppi di autoaiuto per famigliari di anziani non autosufficienti gestiti dalla Caritas Ambrosiana —. La vecchiaia prolungata spesso riduce la qualità della vita e questo è duro da accettare, soprattutto per i cosiddetti “grandi anziani”, quella generazione che ha vissuto una o due guerre, che ha contato sempre e solo sulle sue forze. E quindi fatica ad accettare di affidarsi ad altri, specie se estranei». Così, i genitori dovrebbero imparare a prepararsi alla vecchiaia, mentre i figli a gestire non da soli il ribaltamento dei ruoli. «Dividendo i compiti tra fratelli, se ce ne sono, o cercando appoggio con chi condivide lo stesso problema — riprende —. Consapevoli che, se vissuto in serenità, l’accudimento finale di un genitore anziché un peso da sopportare può essere un arricchimento, una forma di restituzione di quelle cure che tutti abbiamo ricevuto. È una scelta etica che ci rafforzerà». Un punto di partenza potrebbe essere anche un blog. Come quello aperto da Gianna, www.mammaacarico.com. O come questo film che testimonia il nuovo legame nato tra lei e la madre-figlia. «Quando le ho parlato del progetto, Anna è stata subito entusiasta — conclude Gianna —. Il suo sogno era di fare l’attrice. Lo è diventata quando meno se l’aspettava. E adesso che il film è finito, ogni tanto mi chiede: Gianna, quando ne facciamo un altro?». Giuseppina Manin