Stefano Feltri, il Fatto Quotidiano 18/6/2013, 18 giugno 2013
KILLER O GAFFEUR? NO, SOLO ZANONATO
Sta imparando a trattenersi, anche se per Flavio Zanonato il ricorso al “no comment” è una sofferenza, lui che era abituato a esprimere le sue antipatie anche su Twitter e Facebook . Al salone dell’Aerospazio si rifiuta di parlare ancora di Iva e si limita a dire: “Begli apparecchi”. Ma il danno lo ha già fatto, con l’ennesima dichiarazione (a Repubblica): “Non è che non voglio bloccare l’aumento dell’Iva. Dico che è molto difficile trovare le coperture, visto il poco tempo a disposizione”.
LUI NON SI CAPACITA: dice l’ovvio, in perfetta sintonia con il ministro del Tesoro Fabrizio Saccomanni che ha chiarito in ogni modo che 8 miliardi per Iva e Imu non ci sono, e il Pdl lo considera un sabotatore che si muove su mandato di Pier Luigi Bersani per abbattere il governo di larghe intese a favore del miraggio di un’alleanza con il Movimento 5 stelle. “Non abbiamo ancora capito se Zanonato è un gaffeur o un killer”, riassume Fabrizio Cicchitto, del Pdl. “È fatto così, e in passato l’ha anche pagata”, dice l’ex deputato veneto del Pd, Marco Stradiotto, che lo conosce bene.
Zanonato, 62 anni, non è uno che si trattiene, se la sua è tattica studiata è ben mascherata da franchezza. A Padova la sua prima vita da sindaco si chiude nel 1999 quando perde contro Giustina Destro (Pdl). Colpa anche della forza con cui Zanonato difendeva un progetto di tram poco amato dai padovani, che poi hanno cambiato idea e lo hanno rieletto nel 2004. Quando doveva risolvere il problema immigrazione, ha scelto la strada più drastica, costruendo un muro intorno a via Anelli, “era l’unica soluzione possibile in tempi brevi”. C’era la Lega, guidata allora da Massimo Bitonci che oggi è capogruppo alla Camera, che lo incalzava. E Zanonato non è uno che subisce passivamente. E soprattutto non dimentica: non ha mai perdonato a Laura Puppato, all’epoca sindaco di Montebelluna, di aver protestato contro di lui e contro l’inceneritore di Padova. A gennaio si è rifiutato di darle un passaggio in auto dopo un’ospitata tv. Dopo la partecipazione della Puppato a un corteo No-Tav lui la chiama “massaia”, lei lo apostrofa “piccolo gerarca”.
Quando ha parlato all’assemblea annuale della Confindustria,agli imprenditori è piaciuto perché sembrava l’omologo del presidente Giorgio Squinzi: molto concreto, scarse qualità da oratore, ma glielo perdoni perché trasmette concretezza. Al ministero dello Sviluppo è arrivato forte del pragmatismo da sindaco ma senza competenze specifiche. Ha ereditato molti dirigenti bersaniani e ha confermato gran parte della squadra di Corrado Passera, dal capo della segreteria tecnica Stefano Firpo (che era arrivato da Intesa) al capo dipartimento che segue l’energia, Leonardo Senni, un ex McKinsey, fino al portavoce, Stefano Porro, cui Zanonato ha chiesto di restare in servizio ancora un po’ nonostante stia lasciando il ministero per passare a Simest, una società della Cassa depositi e prestiti. Zanonato studia, non è un manager come Passera, non parla inglese e ogni tanto gli sfugge qualche battuta di troppo sui dossier riservati (tipo lo scorporo della rete da Telecom). Ma sulle priorità che si era dato, ha ottenuto qualche risultato: rifinanziare i bonus per le ristrutturazioni edilizie, bloccare i sussidi Cip6 ai produttori di energia, rifinanziare il Fondo di garanzia che aiuta le piccole imprese ad avere credito (ma i soldi arriveranno solo nel 2014).
MA PRIMA CHE DALL’AZIONE di governo, un ministro lo capisci da dove mangia. Passera fuggiva appena poteva nella sua casa ai Parioli, che usava come vero quartier generale. Claudio Scajola aveva creato un cerimoniale molto sofisticato e consumava pasti preparati da una cameriera personale, chiuso nelle sue stanze al piano nobile del ministero. Paolo Romani, subentrato a Scajola, preferiva invece attraversare la strada per rifugiarsi tra le prelibatezze dello chef Filippo La Mantia, all’Hotel Majestic. Zanonato pranza nella mensa, temuta da molti dirigenti per il puzzo di fritto che lascia addosso. È lo stile che una volta aveva Bersani: da ministro dello Sviluppo ogni tanto spariva. Lo trovavano a bere birra con gli autisti.