Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  giugno 18 Martedì calendario

SOPRAVISSUTI ALL’EMAIL E BOICOTTATI DAI TABACCAI E’ CACCIA AI FRANCOBOLLI

«Li abbiamo esauriti». «Le Poste non ce li hanno dati». Solo i più sfrontati dichiarano la verità: «Non li teniamo, non c’interessa­no». Tra i tabaccai e i francobolli c’è una vecchia ostilità tutta a danno del consumatore, che tal­volta deve girare anche tre, quat­tr­o rivendite per trovare l’affrancatura a una lettera. Qualcuno ci ha scritto che acquistare i franco­bolli nelle tabaccherie è un’im­presa, e noi ci siamo rivolti al Co­dacons, che ha confermato: «Il problema c’è. Riceviamo innumerevo­li segnalazio­ni da tutta Ita­lia». La stessa Fe­derazione italia­na tabaccai, il sin­dacato della categoria che aderisce a Confcommercio, ri­conosce: «Il fenome­no esiste, anche se non è così diffuso: noi comunque condanniamo chi sceglie di non vendere francobolli». In realtà, tut­to si spiega con una banale convenienza di bottega: il ta­baccaio deve pagare in contanti i valori postali di cui si ap­provvigiona; anticipa cioè il de­naro per le vendite future, che gli procureranno un guadagno mol­to limitato, il 5%. «Devono acqui­stare e tenere a mag­azzino un be­ne poco pregiato dal punto di vista economico perché rende po­co», sostiene la Fit. Le Poste, dal canto loro, fanno notare che «il francobollo è di per sé l’equiva­lente di denaro contante, e in quanto tale deve essere pagato contestualmente alla conse­gna».
Il punto è, però, che il tabacca­io è «obbligato» a vendere franco­bolli, non può sottrarsi. Le nor­me sono molto chiare, e nasco­no dal fatto che non è un nego­ziante qualsiasi, ma il titolare di una concessione per la vendita di beni di monopolio; è, in­somma, un esclusivista che go­de di un privilegio commerciale, e quindi deve sottostare a disposizioni che regolano la sua attivi­tà. Il dpr 1074 del 1958 recita: «Le rivendite hanno l’ob­bligo di vendere i fiammiferi e i valori postali». E nel «Capitola­to» che i tabaccai si impegnano a rispettare si legge: «Il rivenditore ha l’obbligo di tenere costante­mente rifornita la rivendita in quantità adeguata alle esigenza di consumo del proprio mercato di riferimento (…) dei valori po­stali».
Che cosa può fare dunque l’ac­quirente respinto dalla mancata osservanza delle leggi? Può se­gnalare il fatto alla direzione re­gionale dei Monopoli; l’Azienda autonoma Monopoli di Stato è infatti l’ente controllore e sanzionatore. La «pena pecuniaria di­sciplinare» in realtà è molto bas­sa, perché è rimasta ferma alla legge del 1957, che comminava «da un minimo di 10mila a un massimo di 500 mila lire», il che significa, oggi, da 5 a 258 euro. Si dirà: a minacce di queste dimen­sioni un tabaccaio opportunista alza le spalle. Invece, a ben guar­dare, rischia molto di più, per­ché la stessa legge prevede la re­voca della concessione nel caso di «violazione abituale delle nor­me relative alla gestione e al fun­zionamento delle rivendite. L’abitualità si realizza quando, dopo tre trasgressioni della stes­sa indole commesse entro un bi­ennio, il rivenditore ne commet­ta un’altra, pure della stessa indo­le, nei sei mesi successivi all’ulti­ma delle violazioni precedenti». Insomma, par di capire che se un tabaccaio si sottrae sistematicamente alla vendita dei franco­bolli, può rischiare la chiusura.
Altra questione, ovviamente, è la consegna dei francobolli da parte delle Poste, che alle volte so­no in affanno. Non è solo colpa lo­ro, ma di una burocrazia che coinvolge, per l’emissione di un valore, oltre alle Poste stesse, il ministero dello Sviluppo eco­nomico, quello dell’Econo­mia e delle Finanze e il Poli­grafico dello Stato. Per esempio, il 21 dicembre 2012 l’Agcom ha autoriz­za­to l’aumento della tariffa da 60 a 70 centesimi. Le Po­ste si sono attivate immediata­mente per la stampa e il riforni­mento al mercato, ma è inevitabi­le che in casi come questi si crei­no degli ingorghi e dei ritardi.
I numeri in gioco sono gigante­schi, nonostante la concorren­za dell’email che non li ha fatti scomparire: nel 2012 in Italia so­no stati venduti mezzo miliardo di francobolli, metà negli uffici postali e metà nelle 56mila tabaccherie italiane. Le quali, va segnalato, incassano 60 miliar­di all’anno, all’incirca un milio­ne ciascuna. «Ma i guadagni so­no modesti, non più del 3-4% ­assicura la Fit, che spiega-: sul ta­bacco la commissione è del 10% sul prezzo di vendita, l’8% sui giochi, il 5% sui bolli. Le ricariche telefoniche rendono poi me­no del 2 %».