Gian Micalessin, il Giornale 18/6/2013, 18 giugno 2013
ECCO LA «MANINA» STRANIERA: IL CAVALIERE FU SPIATO AL G20
«Gli analisti di Washington apprezzano molto gli eccellenti riferimenti sulle relazioni italiano-russe e gradirebbero qualche informazione aggiuntiva sull’argomento... poiché l’Italia è uno dei partner strategici della Russia in Europa c’è un significativo interesse da parte dell’esecutivo a conoscere le politiche dell’Italia verso la Russia e i fattori che indirizzano tali politiche. Qualsiasi informazione riguardante le relazioni tra funzionari di alto livello e in particolare quelle tra il primo ministro Silvio Berlusconi e il primo ministro russo Vladimir Putin o il presidente russo Dimitri Medvedev e sulla politica dell’Italia nei confronti della Russia sarà molto apprezzata». Così inizia il cablogramma segreto indirizzato il 28 gennaio 2010 dall’ufficio del Segretario di Stato americano Hillary Clinton all’ambasciata statunitense di Roma e Mosca. Quel cablogramma svelato da Wikileaks suona doppiamente inquietante alla luce delle rivelazioni del Guardian di Londra sulle sistematiche intercettazioni effettuate dal Gchq (Government communications headquarters) britannico e dalla Nsa (National security agency) americana ai danni dei capi di Stato intervenuti al G20 di Londra del 2 aprile 2009.
L’elemento più inquietante sono le date. Dal cablogramma della Clinton di fine gennaio 2010 s’intuisce che le relazioni tra Silvio Berlusconi e i leader russi, primo fra tutti Vladimir Putin, sono da tempo nel mirino dell’intelligence e della politica americana. Il cablogramma fa riferimento, infatti, a un file C-RE9-02730 contenente le informazioni sullo stesso tema. Nel file C-RE9-02730 sono custodite dunque anche le informazioni carpite intercettando il telefono e le mail di Silvio Berlusconi durante il G20 del 2 aprile 2009. In quei giorni Berlusconi è già un alleato nel mirino. Come già raccontato da Il Giornale, subito dopo l’insediamento dell’amministrazione di Barack Obama il governo italiano viene derubricato da alleato «affidabile» ad alleato «sospetto». All’origine delle preoccupazioni democratiche vi sono gli incontri del 2 aprile 2008 tra il presidente dell’Eni Paolo Scaroni e Vladimir Putin nella dacia di Ogaryovo serviti a definire l’intervento di Gazprom in Libia e Algeria con l’aiuto dell’Eni e la partecipazione italiana al progetto Southstream. Quei protocolli d’intesa diventano un atto d’accusa nei confronti del governo Berlusconi sospettato di favorire una manovra a tenaglia per imporre all’Europa l’egemonia energetica di Mosca.
A far paura è soprattutto il South Stream, il progetto di gasdotto italo-russo-turco destinato a portare il gas del Caspio in Puglia e nel Friuli Venezia Giulia, tagliando fuori l’Ucraina e passando per Turchia, Serbia e Slovenia. Un programma in diretta competizione con il Nabucco, il progetto di gasdotto voluto da Ue ed Usa per vendere in Europa il gas dell’Azerbaijan ed evitare così qualsiasi dipendenza dalla Russia volute da Ue ed Usa per vendere in Europa il gas dell’Azerbaijan ed evitare una dipendenza da Mosca.
Il vero problema è quali altre informazioni vengano carpite dal telefono e dalle mail del Cavaliere, quanto a lungo proseguano le operazioni di spionaggio e come vengano utilizzate le informazioni politiche e private così raccolte. Il cablogramma del 28 gennaio oltre far intuire un’attività di spionaggio prolungata nel tempo fa anche capire che le indagini più pressanti devono concentrarsi su Silvio Berlusconi e sulle attività dell’Eni.
Al punto 2 della parte B del cablogramma la Clinton chiede dettagliate informazioni sulle «relazioni tra i responsabili dell’Eni, incluso il presidente Scaroni, e i funzionari del governo italiano specialmente Silvio Berlusconi...». Insomma alla fitta attività dei magistrati di Milano che indagano sul premier s’aggiungono le indagini americane stimolate da Hillary Clinton. Due attività sicuramente indipendenti, ma arrivate a compimento il 15 febbraio 2011 quando a Milano viene depositato il rinvio a giudizio sul caso Ruby che incrina la credibilità nazionale e internazionale del premier accelerandone la fine del mandato.
In questo clima d’interesse diffuso per le attività del premier e delle nostre aziende che spazia da Milano a Washington è particolarmente interessante anche l’indagine sulle cosiddette mazzette pagate dall’Eni- Saipem in Algeria. Un’inchiesta chiusa dal Procura della Repubblica di Milano che riguarda, casualmente, un altro degli argomenti cardine su cui Hillary Clinton sollecitava maggiori informazioni.