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 2013  giugno 17 Lunedì calendario

«DOPO SESSANT’ANNI DI CARRIERA VADO IN SCENA SEMPRE A NUDO»

«A ottant’anni suonati Paola Borboni ci scherzava su. Ci sono le “grandi attrici”-diceva-e le “at­trici grandi”». E cioè: in Italia, do­ve s’incensano i grandi vecchi so­lo perché sono vecchi (salvo di­menticarseli appena la natura ha la meglio sulla fama) non sempre grandezza anagrafica equivale a grandezza artistica. «E lo diceva lei, che non era certo un fior di gio­ventù! - ride Adriana Asti - . Alla sua bella età girava in camerino beatamente nuda. Così nessuno la disturbava. Leggendaria la bat­tuta di Luciano Salce: bussa sen­za preavviso alla Borboni, e ti sen­tirai rispondere: “Un momento! Sono tutta vestita!”». Eppure tal­volta un’attrice grande è anche una grande attrice. Come l’ottan­tenne Adriana Asti, il 5 luglio a Spoleto per la prima volta in due classici quali La voce umana e Il bell’indifferente di Jean Cocteau.
Molto impegnativo, bisogna ammetterlo.
«Beh: se queste cose non le fai a ottant’anni, che aspetti: di aver­ne novanta? E poi, si, vabbè, tutti hanno fatto gli scongiuri: “Ma La voce umana l’hanno interpretato le grandi, le divine! La Magnani, la Bergman, la Proclemer”. Ap­punto! Alla mia età nessuno avrà il coraggio di dirmi che non sono all’altezza del ruolo».
Una donna al telefono con l’amante che vuole lasciarla. 40 minuti di massacrante e segre­to match dei sentimenti.
«Segreto: l’ha detto. Nella real­tà, infatti, quella telefonata la fe­ce Cocteau al suo amante. Ecco perché gronda passione e nera di­sperazione. E perché, di solito, viene tenuta tutta sopra le righe, colle viscere in mano. Ma io non mi rotolerò sui tappeti. Col regi­sta Benoit Jacquot abbiamo prefe­rito la verità, all’effetto».
Anche nel Bell’indifferente ab­biamo una donna che parla ad un uomo che, però, non le ri­sponde mai.
«Cocteau lo scrisse per Edith Piaf. Lei è una donna matura, lui il suo gigolò. Sono a letto assie­me. Ma lui le volta le spalle, e non risponde alle sue lacrime perché nel frattempo s’è addormentato! Due capolavori di nera ferocia ­insomma - e di vibrante verità. Una sfida, per quasi tre ore di soli­tudine in scena».
Del resto di sfide, lei, ne ha vinte parecchie. Come quando, a me­tà degli anni 70, cominciò a spo­gliarsi...
«Ah, ma non fui mica io, a co­minciare. Fu Luchino Visconti, che in Tanto tempo fa di Harold Pinter mi denudò in scena per­ché Valentina Cortese potesse in­cipriarmi da capo a piedi. Dati i tempi, roba da pubblica sommos­sa. Pinter ci denunciò; fuori del te­atro c’erano i carabinieri a caval­lo. E io divenni una star scollaccia­ta: da Conviene far bene l’amore, a Nipoti miei diletti, fino al censu­rato Caligola di Tinto Brass. Silva­na Pampanini m’accusò di recita­re in mutande. Lei, che l’aveva sempre fatto in guepiere! Ma io mi sentivo benissimo a recitare nuda. Potevo dire qualunque ca­stroneria. Tanto, chi se ne accor­geva?».
Cos’è che più l’ha aiutata in ses­sant’anni di carriera?
«Il senso dell’umorismo. Cre­do in me stessa sen­za prendermi trop­po sul serio».
E i grandi con cui ha lavorato? Che ri­cordo ha di Vitto­rio De Sica, con cui girò Una breve va­canza?
«Irresistibile Vitto­rio. Da una parte tra­boccava umanità, sempre le lacrime in tasca. Dall’altra cini­co, cialtrone, baro... Insomma: un demo­nio di simpatia».
Luchino Visconti, col quale fece Lud­wig al cinema, e quattro spettacoli a teatro.
«Perennemente avvolto in una misti­ca aura di grandez­za. Solo stargli a vici­no­faceva di te un pri­vilegiato; se ti parlava era come ti parlas­se Napoleone. Non era solo un regista. Era un dio sceso giù dall’Olimpo».
Come trovò Pierpa­olo Pasolini, che la diresse in Accatto­ne?
«Sperduto. A quel film non credeva nes­suno. Fellini rifiutò di produrglielo: figu­rarsi. Ancora non s’era capito che Pierpaolo era re Mida: tutto ciò che toccava diventava poesia».
Luis Bunuel ne Il fantasma del­la­libertà la mise a suonare il pia­noforte tutta nuda (anche lui).
«Poverino: per chiedermi di gi­rare quella scena arrossì come un collegiale: “Mais Je ne suis pas un pornographe...”. si giustificava, viola e giallo come un peperone».
E Bernardo Bertolucci, che fu anche suo compagno e la dires­se in Prima della rivoluzione?
«Ah, no: parlare di quel ruolo mi ripugna. E’ un personaggio che mi somiglia troppo. E figurar­si se, ad ottant’anni suonati, mi metto in piazza come fossi nu­da!».