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 2013  giugno 21 Venerdì calendario

«L’ISLAM RECLUTA I NOSTRI FIGLI E L’EUROPA RESTA A GUARDARE»

«Mi sento assai vicino ai genito­ri di Giuliano la sua storia ricorda quella di Jjoen. Mio figlio ci è finito dentro a causa dei fanatici islami­ci che l’hanno indottrinato e di un governo che non fa nulla per fer­marli. I ragazzi catechizzati e spe­diti a morire in Siria sono centina­ia. Nei due viaggi alla ricerca di Jojoen ho incontrato ragazzi di tut­to il mondo. Ma i governi invece di bloccare chi li recluta e gli fa il la­vaggio del cervello condannano le loro vittime. I nostri figli».
Dimitri Bontinck è un ex milita­re belga di 38 anni. Lo scorso mag­gio ha lasciato Anversa per cercar di ritrovare Jojoen, il figlio 18enne scomparso tra le nebbie del conflitto siriano. Una storia, quella di Jojoen assai simile a quella di Giu­liano Delnevo, il convertito geno­vese morto a 24 anni combatten­do contro i governativi siriani.
«Suo padre lo chiama un eroe, ma purtroppo suo figlio e il mio­ - spiega Dimitri in questa in­tervista a Il Giornale­ - sono solo degli illusi. So­no le vittime di chi sfrutta il loro entusia­smo giovanile».
Con Jojoen com’è andata?
«A 15 anni incontra una ragazza marocchina musulmana che gli passa qualche spinello e se lo porta in moschea. Sembrano le solite cose da ragazzini, ma in moschea Jojoen incontra un gruppo di fanatici. Da quel momento lo vediamo cambiare sotto i nostri occhi. Inve­ce di studiare passa il tempo a pre­gare, smette di ascoltarci e dimen­tica tutta la sua educazione, il colle­ge cattolico, i viaggi in America, quelli in Italia e gli insegnamenti di sua madre, una nigeriana cri­stiana assai religiosa».
In Siria come ci arriva?
«Fregandomi. Mi racconta che vuole studiare l’islam e l’arabo in Egitto e io scemo gli mollo i soldi. A marzo sento di un ragazzo andato a combattere in Siria e mi si accende una lampadina. Allora cerco su internet tutte le foto di stranieri passati con i ribelli siriani fino a quando non lo trovo».
E allora?
«Parto ed entro per due volte in Siria. Ad aiutarmi c’è anche “Time4 Life” un gruppo italiano che distri­buisce medicine nelle zone dei ri­belli. Con loro arrivo ad un passo da Jojoen, ma quando chiedo di ve­derlo quei fanatici mi bloccano, mi bastonano e mi puntano il ka­lashnikov alla testa accusandomi di essere una spia. Quando final­mente li convinco mi spiegano che non me lo faranno mai vedere perché l’emozione potrebbe farlo tornare indietro».
E lei?
«Sono andato su tutte le furie. Gli ho detto mostratemi il Corano e ditemi dove sta scritto che si può togliere un figlio ai genitori nel no­me della jihad. Ma loro se ne sono fregati e mi hanno cacciato. Vo­gliono solo tenere questi ragazzini isolati per usarli come meglio con­viene a loro».
Ha paura che Jojoen faccia la fi­ne di Giuliano?
«Ovvio. Ieri è morto un altro ra­gazzo belga. È il quinto o il sesto in pochi mesi. Il padre un bianco, cat­tolico come me. Ora è distrutto. Suo figlio e morto e lui non sa neppure come e dove. In Siria ci sono al­meno 300 ragazzi parti­ti dal Belgio. La gran parte sono musulmani e figli d’immigrati, ma i cristiani convertiti non sono pochi. Mi chiedo quanti ne debbano mo­rire ancora è prima che i governi si decidano a fermare i fanatici radi­cali che li arruolano».
Secondo lei c’è una regia precisa?
«Certo. Usano le mo­schee per convertirli, reclutarli e mandarli a combattere. E una rete internazionale ben strutturata finanziata da Qatar e Arabia Saudi­ta».
E come pensa di po­terla fermare?
«Ho fondato un associazione con altre cinque famiglie cristiane e due islamiche. I musulmani ci stanno venendo dietro ascolti que­sta signora al mio fianco…».
...Il telefono passa di mano. Alla voce di Dimitri si sostituisce quel­la di Samira, una giovane donna che parla francese.
«Dimitri ha ragione…anche noi musulmani siamo vittime di que­sta follia. Mia figlia ha 19 anni ed è scomparsa da mesi. La polizia mi ha detto “Non possiamo fare nul­la… sua figlia sta combattendo in Siria”».