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 2013  giugno 21 Venerdì calendario

MA COME ALA DESTRA IN CAMPO È STATO PIÙ BRAVO CHE BELLO


Nessun dubbio che David Robert Joseph Beckham sia stato un campione, un campione grande e vero. Probabilmente è stato la migliore ala destra del calcio inglese degli ultimi trent’anni, al netto di copertine in mutande e passerelle. Prima che il personaggio Beckham cannibalizzasse il calciatore Beckham, quest’ultimo aveva già vinto sei titoli inglesi, un paio di Coppe nazionali, una Champions League e un mondiale per club, ed era arrivato secondo nella classifica del Pallone d’oro. Nessuno al mondo sapeva crossare meglio dalla fascia destra anche se, purtroppo per lui o per sua fortuna, nessuno al mondo era più carino mentre lo faceva.
Il bivio della sua carriera e della sua vita va collocato nei due o tre anni successivi al matrimonio con Victoria Adams, già Spice Girl: quando, cioè, Beckham ha smesso di essere solo un campione per diventare una popstar, un testimonial e un’icona del marketing: parolacce che gli hanno permesso di guadagnare almeno duecento milioni di sterline. Ma sarebbe un errore di prospettiva guardare solo il manifesto, trascurando il campo. Dove, va detto, David Beckham è stato a lungo più bravo che bello.
A quindici anni era già fenomenale, a sedici firmava il primo contratto con la squadra della sua vita, il Manchester United, a diciassette aveva già conosciuto la Champions League. Prima di indossare la classica maglia rosso fuoco col numero 7, aveva avuto di passaggio anche il 10, però il 7 lo vestiva meglio: perché Beckham va ricordato soprattutto come ala destra. Il suo inimitabile modo di crossare ha dato persino il titolo a un celebre film, Bend it like Beckham, tradotto in italiano con un banale Sognando Beckham, mentre, alla lettera, si sarebbe dovuto dire: calcia a effetto come Beckham (titolo potenzialmente orrendo, lo ammettiamo). Perché lui sapeva davvero rendere ogni cross una polpetta avvelenata: basti l’esempio della finale di Champions 1999, vinta dal Manchester United contro il Bayern Monaco nei minuti di recupero, passando dallo 0-1 al 2-1 grazie a due calci d’angolo calciati a effetto da Beckham, e trasformati in gol dai compagni. Spesso, bastava seguire i voli bizzarri di quei palloni per accompagnarli in rete.
Giocatore eclettico, tecnico e molto mobile, anche se talvolta indolente e nervoso, ha cambiato posizione in campo nella seconda parte della carriera, diventando centrocampista centrale: è accaduto nel Real Madrid, ma anche in nazionale, poi nel Milan, a Los Angeles e a Parigi, senza mai evitare ritorni e/o scorribande sull’amata fascia destra, il suo vero regno. Che poi la sua immagine lo abbia trasformato in un mito mediatico, questo va oltre i pur notevolissimi meriti di giocatore: Beckham non può essere accostato, ovviamente, a Pelè o Maradona, Messi o Platini, però nessuno è stato più trasversale, più globale di lui.
Se non avesse avuto quella faccia da attore e quell’ambaradàn di vita privata (privata, molto per modo di dire), forse David Beckham avrebbe potuto esprimere senza distrazioni né scantonamenti tutto il suo talento, e sarebbe forse stato uno dei più grandi calciatori di ogni tempo. Anche se ha vinto moltissimo (con i club, non con l’Inghilterra), resta il rammarico di quello che ci siamo persi.