Lettere a Sergio Romano, Corriere della Sera 21/06/2013, 21 giugno 2013
INCOMPRENSIONI ITALO-TEDESCHE MERKEL E L’EREDITÀ DI BISMARCK
Mi ha sorpreso leggere sulla Frankfurter Allgemeine Zeitung che anche lei critica la Germania attribuendole «una voglia di predominio bismarckiana sul modello nazista e sovietico». I tedeschi possono apparire fastidiosamente ottusi, soprattutto quando impongono una connotazione morale alle scelte politiche o economiche. Non crede, tuttavia, che dietro alle critiche, soprattutto italiane, ci siano una cattiva conoscenza del paese e forse anche il tentativo di evitare un serio esame di coscienza sulle proprie debolezze?
Piero Heinze
Bruxelles
Caro Heinze, sono andato a cercare fra i mei articoli una frase che assomigliasse a quella riportata nella Frankfurter Allgemeine Zeitung, ma ho trovato soltanto un editoriale, apparso sul Corriere del 18 febbraio, in cui descrivevo brevemente alcuni recenti scandali finanziari francesi, svizzeri, americani e ricordavo quello di Christian Wullf, presidente della Repubblica federale tedesca, costretto a dimettersi dopo avere negato l’esistenza di un prestito di favore (500.000 euro) ricevuto dalla moglie di un industriale della Bassa Sassonia. Sulla stessa pagina del Corriere apparivano una vignetta di Giannelli e un articolo di Luigi Ferrarella che si servivano ironicamente della parola «spread» per mettere in evidenza il divario fra la rapidità con cui un uomo pubblico tedesco usciva di scena per una scorrettezza politica e l’estenuante percorso dell’affare Ruby. Nella conclusione del mio editoriale osservavo anche che il caso tedesco era scoppiato mentre il Cancelliere e i suoi ministri davano lezioni di pubblica moralità alla Grecia e ad altri Paesi dell’eurozona. E aggiungevo:
«Intendiamoci. È giusto che la Germania richiami i suoi partner all’obbligo di gestire i conti pubblici con rigore; ed è giusto ricordare ai greci che i loro problemi non sono soltanto finanziari. Alle origini della crisi vi sono i guasti di un sistema clientelare, la corruzione diffusa, l’evasione fiscale, le bugie che hanno nascosto per molto tempo la gravità del male. Ma nel modo in cui i tedeschi hanno trattato l’affare vi è stata una arroganza che nascondeva un sentimento di superiorità. Un bagno d’umiltà favorirebbe la soluzione della crisi greca e renderebbe l’aria dell’Europa più respirabile».
Non ho parlato quindi né di voglie bismarckiane né, tanto meno, naziste (un paragone, nel caso della Germania moderna, del tutto assurdo). Ma se avessi parlato di Bismarck avrei ricordato che l’unificatore delle Germania non fu il tiranno guerrafondaio della leggenda popolare. Fu il primo a comprendere che le ambizioni tedesche non potevano ignorare il fastidio e la gelosia che l’apparizione di una nuova grande potenza avrebbe provocato sulla scena europea. Incoraggiò i francesi a ricercare in Tunisia e in Asia le vittorie che avrebbero lenito le umiliazioni della sconfitta. Dedicò gran parte della sua politica internazionale al mantenimento degli equilibri fra le potenze. E uscì di scena soltanto quando il giovane Kaiser Guglielmo II volle sbarazzarsi dell’uomo che gli avrebbe consigliato maggiore prudenza. Credo che nella signora Merkel ci sia un pizzico di Bismarck, e questo, per me, è un complimento.
Quanto a certe critiche italiane mosse alla Germania, caro Heinze, sono d’accordo con lei: chi lancia accuse nasconde spesso un po’ d’ignoranza per la reale natura del Paese, qualche pregiudizio storico e il desiderio d’ignorare le proprie colpe.
Sergio Romano