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 2013  giugno 21 Venerdì calendario

«PALATUCCI NON FU UN GIUSTO». YAD VASHEM RIAPRE LA QUESTIONE

Giovanni Palatucci, funzionario della polizia italiana, morì il 10 febbraio 1945, a 35 anni, nel lager di Dachau, dove era stato rinchiuso dai nazisti. La Chiesa ha aperto su di lui un processo di beatificazione e il memoriale della Shoah di Yad Vashem, in Israele, lo ha nominato nel 1990 Giusto tra le nazioni per la sua opera a favore degli ebrei perseguitati.
Ora però la sua figura torna in discussione, come ha rivelato Alessandra Farkas in un articolo apparso su Corriere.it. Il Museo dell’Olocausto di Washington ha tolto il materiale su Palatucci da una mostra riguardante i non ebrei che aiutarono, o al contrario denunciarono, le persone prese di mira dai nazisti per motivi razziali. Anche Yad Vashem ha deciso di riaprire la pratica e il Vaticano, secondo quanto riferisce il «New York Times» citando padre Federico Lombardi, portavoce della Santa Sede, intende approfondire la questione. Inoltre la Lega antidiffamazione, organizzazione che combatte l’antisemitismo, non premierà più ufficiali di polizia con un riconoscimento intitolato a Palatucci.
Tutto nasce da una ricerca promossa dal centro Primo Levi di New York, un’istituzione che si occupa di diffondere la conoscenza della cultura ebraica italiana negli Stati Uniti, ma forti dubbi sull’azione di Palatucci, cui viene attribuito il salvataggio di ben cinquemila ebrei a Fiume (oggi Rijeka, in Croazia), erano stati sollevati in precedenza dallo studioso triestino Marco Coslovich, autore del saggio Giovanni Palatucci. Una giusta memoria (Mephite editore, 2008): «Su Palatucci sono state scritte molte inesattezze: si afferma che bruciò gli elenchi degli ebrei di Fiume per sottrarli ai nazisti, ma in realtà quelle liste sono tuttora consultabili in archivio», dichiara Coslovich al «Corriere».
Gli studiosi del centro Primo Levi, che hanno lavorato sui documenti e approfondito le questioni sollevate da Coslovich, sostengono che Palatucci non si distinse particolarmente in favore degli ebrei, ma anzi, da funzionario della questura fiumana, applicò le leggi razziali italiane e poi, dopo l’8 settembre, aderì alla Repubblica di Salò. Se i nazisti lo deportarono, non fu perché si fosse opposto alla Shoah, ma per i suoi contatti, di cui parla un documento firmato dal famigerato ufficiale delle SS Herbert Kappler, con i servizi segreti angloamericani.
«Per la sua morte a Dachau — osserva Michele Sarfatti, storico del Centro di documentazione ebraica contemporanea (Cdec) — Palatucci merita rispetto, ma il suo ruolo è stato ingigantito: non salvò certo cinquemila persone. È vero che nel marzo 1939 favorì l’esodo verso il futuro Israele di molti ebrei mitteleuropei, che erano stati bloccati dalla capitaneria di porto di Fiume, ma lo fece in ossequio alle direttive del ministero dell’Interno. Comprensibilmente quei profughi lo ricordarono poi come un provvidenziale soccorritore, tanto che nel 1952 gli fecero dedicare una via e un parco nella città israeliana di Ramat Gan».
Più tardi, nel 1955, le comunità ebraiche italiane conferirono a Palatucci una medaglia alla memoria e nel 1990 gli fu riconosciuta la qualifica di Giusto a Yad Vashem. «Ci sono in suo favore delle testimonianze — ricorda Sarfatti — che in linea generale ritengo fondate, ma devono essere vagliate con attenzione studiando le carte. Il problema è che i riconoscimenti pubblici a Palatucci hanno preceduto la ricerca storica. Infatti adesso a Yad Vashem è partito un processo di riesame del suo caso sulla base della nuova documentazione. E credo che anche in Italia si debba aprire una riflessione: noi, come Cdec, siamo disposti a partecipare a un eventuale gruppo di lavoro incaricato di fare chiarezza».
Tutta questa vicenda lascia sconcertato lo storico cattolico Matteo Luigi Napolitano: «Mordecai Paldiel, ex direttore dell’ufficio di Yad Vashem che si occupa dei Giusti, ha detto di recente che ci sono prove che Palatucci soccorse una sola donna, Elena Aschkenasy. Ma in precedenza lo stesso Paldiel aveva parlato di "molti ebrei" salvati da Palatucci. E dagli archivi di Yad Vashem risulta che ad essere soccorsa fu l’intera famiglia di quella signora. Comunque la qualifica di Giusto non è un fatto quantitativo: non dipende dal numero di vite salvate, ne basta solo una. Certamente Palatucci aderì alla Rsi, ma anche Giorgio Perlasca era fascista e Oskar Schindler era nazista».
Antonio Carioti