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 2013  giugno 21 Venerdì calendario

LA BATTAGLIA DEL NILO


L’Egitto è una striscia di terra stretta tra due deserti: una terra nera aggredita sui fianchi da quella rossa sabbiosa del Sahara libico a Occidente e da quella arabica, altrettanto rossa e sabbiosa, a Oriente. Sono state le acque del Nilo, lungo le quali si stende per 1500 chilometri, a rendere fertile quella lingua di terra scura, sinuosa e coltivata. Ed è sempre grazie a quel fiume che è nata una grande civiltà del passato antico. Là, nella Valle del Nilo, e nel delta rivolto al Mediterraneo, adesso vivono quasi cento milioni di uomini e donne.
Questo riassunto di una storia millenaria è piuttosto sbrigativo e al tempo stesso retorico, lo riconosco, ma esso vuole sottolineare la sensibilità per tutto quello che riguarda un fiume non solo tra i più lunghi ma anche tra i più amati del pianeta. L’Egitto è nato dal Nilo, l’Egitto è un dono del Nilo, diceva Erodoto, ed è quindi adorato, dicono i poeti, come un padre o un dio.

Un padre o un dio che offrendo le sue acque consente la vita del paese: sulle due sponde del fiume crescono le messi e le dighe danno energia al territorio. Questo fa capire l’allarme suscitato dal sospetto che la diga in costruzione all’altezza di una delle remote sorgenti possa ridurre il flusso d’acqua nel lungo tratto egiziano.
L’Egitto è nato dal Nilo, ma il Nilo non è nato in Egitto. Le sorgenti dei due rami del fiume sono molto più a monte. Quella del Nilo Bianco si trova nelle regioni equatoriali del continente africano. Quella del Nilo Azzurro in Etiopia. Ed è là che sono cominciati i lavori per la diga dedicata alla Grande Rinascita Etiope, la quale rappresenta un’importante opera per Addis Abeba e un incubo (da sfruttare anche politicamente) per il Cairo.
L’85 per cento delle acque del Nilo provengono dal Nilo Azzurro, il quale si unisce al Nilo Bianco nel Sudan, per raggiungere l’Egitto. C’è chi calcola che quando entrerà in funzione la nuova diga in Etiopia il corso del fiume potrebbe diminuire del 25 per cento, con un forte impatto sulla frequenza delle piene, dalle quali dipende il sistema di irrigazione e il deposito del famoso limo, (nella realtà o per un antico mito) prezioso per la fertilità delle terre.
I poteri dei faraoni erano principalmente idraulici, perché riguardavano in larga parte il controllo delle acque del Nilo. Per il Cairo il fiume resta, ancora oggi, la principale fonte di vita, ed è al tempo stesso un grande strumento politico. Questo doppio uso ha portato a violenze e a contese. Chi lo idolatrava non ha sempre rispettato il sacro Nilo. Penso ai mastodontici alberghi sull’acqua nel cuore del Cairo. Il Nilo è servito anche per esaltare i raìs. Quando Nasser costruì l’Alta diga di Assuan si enfatizzò il fatto che fosse diciassette volte più grande della piramide di Cheope. Insomma il raìs aveva costruito un monumento più grande di quello dei faraoni. Questo accadde negli anni Sessanta del secolo scorso, in piena guerra fredda, e il progetto, oltre che idraulico, fu anche politico, poiché furono chiamati a realizzarlo i sovietici, in segno di sfida agli americani riluttanti a finanziarlo. La grande diga egiziana sul Nilo fu uno schiaffo alla superpotenza occidentale.
Nelle ultime settimane l’Egitto ha minacciato più volte l’Etiopia. Il presidente Mohamed Morsi non ha escluso il ricorso alla forza. Lui non è un “avvocato della guerra”, ma non consentirà che si metta in pericolo la sicurezza dell’Egitto per quanto riguarda la fornitura d’acqua. Durante una riunione dei partiti islamisti o alleati il capo dello Stato egiziano ha approvato con il suo silenzio i propositi bellicosi dei partecipanti. Alcuni sono arrivati a proporre bombardamenti aerei o lancio di missili a lunga portata contro la diga della Grande Rinascita Etiope. Altri hanno suggerito di sobillare rivolte in Etiopia attraverso i somali e gli eritrei. E i discorsi sono stati diffusi in diretta dalla televisione.
L’opposizione egiziana ha accusato il presidente di “fascismo”. Ha denunciato il tentativo di suscitare un movimento di unità nazionale di fronte a una “falsa minaccia”, al fine di distogliere l’attenzione dalla grande manifestazione del 30 giugno, durante la quale milioni di egiziani dovrebbero chiedere le sue dimissioni. Secondo l’opposizione, in un momento di forte crisi, politica ed economica, Mohammed Morsi si barrica dietro il Nilo con la speranza di suscitare uno slancio patriottico e di dirottare la collera popolare contro la remota Etiopia. Le accuse non sono del tutto infondate, poiché nel frattempo sono in corso negoziati e controlli tecnici internazionali, al fine di impedire che la diga etiopica costituisca una minaccia per l’Egitto.