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 2013  giugno 21 Venerdì calendario

PER UN PUGNO DI SMERALDI

In un angolo remoto della Colombia sta per esplodere la nuova "guerra verde": quella che due bande contrapposte sono sul procinto di combattere per il controllo del mercato degli smeraldi, il più florido del mondo nel settore, e che permette guadagni di poco meno di 150 milioni di dollari l’anno. Si ritorna alle armi, dopo una tregua di vent’anni, perché ad aprile è morto lo "Zar degli smeraldi", come era stato definito Vìctor Manuel Carranza, l’uomo che aveva garantito almeno una pace armata. Personaggio controverso, scampato a una serie infinita di attentati e processi, è deceduto a 78 anni per un cancro alla prostata.
Il Boyacà occidentale è la zona della Colombia dove si concentrano le miniere di smeraldi più produttive del pianeta. Distante solo 300 chilometri dalla capitale Bogotà, ma nascosto dalla selva e difficile da raggiungere per colpa delle strade non asfaltate, il Boyacà è considerato un Far West governato da leggi proprie dove l’assenza dello Stato legittima di fatto l’autorità di uomini potenti che si spartiscono il territorio per sfruttarne le ricchezze. Famiglie legate alle formazioni paramilitari e al narcotraffico che per difendersi le une dalle altre hanno messo in piedi e finanziato eserciti privati. Carranza, l’esmeraldero più ricco e temuto, aveva al suo servizio 205 uomini. Dopo trent’anni di scontri aperti e oltre 5 mila vittime però, nel 1990 fu proprio lui a intuire che solo la pace avrebbe permesso agli affari di prosperare e con l’aiuto della Chiesa riuscì a convincere i capi dei clan rivali a deporre le armi. Da allora nessuno ha osato mettere esplicitamente in discussione la tregua anche se gli odii e i desideri di vendetta non si sono mai placati davvero. Molti degli antichi avversari di Carranza sono morti, ma nuovi ne sono nati. Qualcuno si sta preparando a prendere il posto dello Zar e il passaggio dell’eredità sembra destinato ad avvenire nel sangue. E del resto negli ultimi anni di vita di "don Victor", con l’aggravarsi delle sue condizioni di salute, c’erano state le prime avvisaglie di una guerra incombente.
Oggi come ieri il Boyacà è diviso in due fazioni. Da una parte in passato vi erano la zona di Borbur governata da Carranza e dal suo amico Gilberto Molina che avevano come alleati gli esmeralderos di Otanche, Quípama, Muzo, San Pablo e Santa Bárbara, e dall’altra il fronte di Coscuez guidato dai fratelli Oscar e Luis Murcia, alias "il Pechinese", con i signori di Pauna, Briceño, Maripí e della Provincia del Río Negro. Adesso i protagonisti sono cambiati e al posto di Carranza il suo delfino Jesús Hernando Sánchez, alleato a Carlos Molina, figlio di Gilberto, si ritrova a combattere contro Pedro Rincón Castillo, detto "Pedro Oreja". In gioco c’è la supremazia di quella parte del territorio chiamato "Consorzio" dove si trovano le due miniere più produttive del Paese: Cunas, di proprietà dei soci di Carranza, e La Pita, di Rincón.
La rivalità con Rincón inizia nel 2007 quando l’esmeraldero, attratto dall’immensa ricchezza dell’impero di Carranza, propose allo Zar di unirsi a lui nella gestione di La Pita e di diventare suo alleato. Le tre società di Carranza infatti, Tecminas, Esmeracol e Coexminas, messe assieme controllano in pratica l’intero commercio degli smeraldi in Colombia, dall’estrazione all’esportazione, che è il settore più florido. Secondo gli ultimi dati, nel 2012 ha generato un guadagno di circa 121 milioni di dollari grazie alla vendita di oltre 807 mila carati ai mercati di Cina, India, Stati Uniti e paesi arabi. Nel 2011gli introiti erano stati del 17 per cento superiori, sfiorando i 140 milioni di dollari.
Don Victor si oppose fermamente e accusò Rincòn di legami col narcotraffico. Su Rincón pendono diverse imputazioni per associazione a delinquere, traffico di armi e corruzione. Davanti al rifiuto di Carranza, Oreja decise di conquistare con le armi e la violenza ciò che non aveva ottenuto con il denaro. Nel 2009 e nel 2010 Don Victor uscì miracolosamente illeso da due attentati nei quali vennero impiegati lanciamissili e granate. Rincón risultò esserne il mandante. Nel 2011 la miniera di Cuna vicino a Maripì è stata presa di mira due volte a distanza di pochi mesi. In entrambi i casi un commando di uomini armati e incappucciati aggredirono le guardie del turno di notte e si portarono via l’intera produzione: milioni di dollari. Anche Jesús Hernando Sánchez, mano destra di Carranza, è stato vittima nell’ottobre 2012 di uno spettacolare attentato avvenuto in un centro commerciale di Bogotà dove un sicario gli sparò 11 colpi di pistola. Sánchez scappò sul tetto e rispose al fuoco riuscendo a salvarsi. Le telecamere dell’edificio registrarono la scena e i telegiornali di tutta la Colombia la mandarono in onda in prima serata.
Ma la morte che più di tutte ha sconvolto il Boyacà e i suoi abitanti è stata quella di Mercedes Chaparro, punto di riferimento di Don Victor nella gestione dell’impresa Esmeraldas Santa Rosa, a Maripì. Mercedes era fermamente convinta dell’importanza della pace e del necessario sviluppo economico e sociale della regione. Alle 17,30 di un pomeriggio di inizio luglio, nella campagna vicino a Muzo, un gruppo di uomini mandò fuori strada la jeep sulla quale viaggiava assieme al figlio e le sparò nove colpi di fucile. Proprio poche ore prima Donna Mercedes era stata contattata dagli uffici della procura e si era resa disponibile a testimoniare contro Rincón in uno dei processi che lo vedono imputato.
Nonostante questa catena di omicidi e assalti mirati i leader della regione continuavano a ripetere che gli accordi presi erano sacri e che nessuna nuova "guerra verde" stava per divampare. Affermazioni difficili da credere persino per lo stesso Carranza che prima di morire confessò a un amico: «La parola data non conta più niente. Alle riunioni parlano di pace, ma fuori ci sono i morti». Negli ultimi tempi lo Zar viveva isolato, circondato solo dai familiari e dalle guardie del corpo. Nelle sempre più rare interviste dichiarava di aspettare sereno la morte ma teneva sempre con sé una pistola.
Passeggiando la sera nella piccola piazza del municipo di Santa Barbara che sorge in cima alle miniere di Peñas Blancas dove il giovane Carranza iniziò la sua carriera di esmeraldero, si trovano aperti solo un piccolo bar e un negozio di abbigliamento per signore. Teresa e Marina si provano dei vestiti che non compreranno e ricordano i tempi della guerra precedente: «Furono anni difficili, tutti andavano in giro armati, noi donne comprese. Eravamo come selvaggi e volevamo solo arricchirci. Poi gli esmeralderos fecero la pace. Ma con la pace arrivò anche la povertà e adesso è quasi peggio di prima». Le loro parole rivelano una triste realtà. Finita l’epoca delle vacche grasse durante la quale «chiunque poteva trovare uno smeraldo e cambiare la propria vita», divennero necessari macchinari costosi e studi complessi per poter penetrare in profondità le montagne e mantenere viva l’industria estrattiva. Così, come aveva previsto Carranza, la pace attirò nuovi investitori e ingenti capitali che permisero agli affari di proliferare. Nemmeno una minima parte della ricchezza saccheggiata al sottosuolo è stata però destinata al progresso della regione che ha iniziato a sprofondare nella miseria.
Che venisse pronunciato con ammirazione, rispetto, timore o disprezzo, il nome di Victor Carranza aveva risuonato per decenni tra le colline del Boyacà. Ma mentre a Bogotà i suoi fedelissimi piangono circondati dalle guardie del corpo, gli abitanti della zona mineraria assicurano di aver visto arrivare uomini e fucili. Un funzionario della Provincia sostiene che siano paramilitari pagati da Rincón. Da parte loro gli eredi di Carranza affermano che se si dovranno difendere saranno pronti a farlo. Una nuova "guerra verde" è quindi ormai pronta a esplodere e una possibile tregua futura dipenderà solo dalla volontà e dalla scaltrezza del prossimo Zar.