Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  giugno 19 Mercoledì calendario

SPIARE TUTTO E TUTTI, NON SERVE

Rischia di non essere accolto con grande entusiasmo Obama, arrivato ieri sera a Berlino. Alla vigilia della sua prima vittoria, venne in Germania in giro elettorale.

La Merkel non gli permise di parlare alla Porta di Brandeburgo, palcoscenico riservato ai presidenti. Si accontentò della Colonna della Vittoria, a un chilometro di distanza, festeggiato da 200 mila berlinesi.

Ieri erano appena mille invitati, scelti con cura, e la Brandenburgertor era sotto sorveglianza speciale. Poi si è spostato al Castello di Charlottenburg, a pochi metri da casa mia, e mi è stato vietato di aprire le finestre, chissà mai avessi invitato un killer in salotto.

I tedeschi non sono facili agli entusiasmi come noi italiani, e non si aspettavano molto da Obama, che li ha infatti delusi. E oggi, a partire dalla Merkel, sono arrabbiati. Der Spiegel mostra in copertina il volto di Obama con il titolo «Der verlorene Freund», l’amico perduto. Sullo sfondo, il volto di Kennedy: esattamente 50 anni fa pronunciò lo storico discorso, «Ich bin ein Berliner», anch’io sono un berlinese. Difficile che Obama possa trovare qualcosa che stia almeno alla pari.

La Germania è il paese più spiato dagli agenti americani. Il Grande Fratello Usa fa impallidire quei provinciali della Stasi, la Gestapo rossa della scomparsa Germania Est. E questo controllo paranoico di tutto e di tutti, inoltre, serve a poco, soprattutto non evita prossimi attentati. Caso mai, potrà fornire qualche traccia dopo per scoprire eventuali colpevoli, sempre che siano stati molto ingenui. La Stasi aveva accumulato oltre 5 milioni di dossier, praticamente uno per famiglia in un paese di 17 milioni di abitanti, e con metodi rudimentali, ascolti telefonici, confidenze di amici e parenti malfidati, come si racconta nel film Le vite degli altri. «Tanto lavoro per nulla», se ne prendeva gioco Markus Wolf, il più grande agente segreto del dopoguerra, che noi continuiamo a presentare come il capo della Stasi, che controllava la Ddr, mentre era il capo del controspionaggio, quindi rivolto all’estero. Fu lui a inventare i «Romeo», agenti addestrati a sedurre le segretarie di Bonn come micidiali Casanova rossi, e a portare una spia addirittura a fianco del Cancelliere Willy Brandt. Scomparso il Muro, si faceva pagare le interviste. Da me si accontentava di un invito a cena, nel miglior ristorante italiano di Berlino. Era un buongustaio, il suo unico libro tradotto da noi è un manuale di ricette, e, alla fine, mi costava di più, non ho mai avuto il coraggio di mettere il conto in nota spese, ma non importa. Per me era come stare a tavola con un mito. Wolf, detto Mischa, aveva ispirato La spia che venne dal freddo, romanzo che non gli piaceva: «Il mio libro preferito è Il nostro agente all’Avana di Graham Greene». È la storia di un rappresentante di aspirapolvere che spaccia ai servizi segreti per missili i disegni degli apparecchi che vende porta a porta. «Allora lei non crede alla sua professione», gli dissi. E Mischa sorrise. Era alto, bello, affascinante, come James Bond, ma gli 007 britannici vincono solo nei romanzi. «Quando si controlla tutto, poi non si sa niente», mi dava lezione davanti a un piatto di tagliatelle ai tartufi, i satelliti fotografano anche la tua cucina, ma a che serve sapere quanti bulloni ha un carro armato? A me importa lo stato d’animo del carrista».

E Wolf sapeva se i politici di Bonn erano depressi o euforici, e che Willy Brandt aveva un debole per le bionde, come lui. Uno spionaggio umano, e non tecnologico. Per quarant’anni batté sempre gli avversari: «Perché i miei agenti si battono per un’ idea, gli americani per i soldi».

Quelli della Stasi lo odiavano, e lui se andò in pensione prima che finisse la Ddr, e si mise a scrivere libri in cui raccontava tutto senza rivelare nulla. Morì nel 2006 a 83 anni, andai ai funerali, nel cimitero dove è sepolta Rosa Luxemburg. Suonarono vecchie canzoni d’amore russe, quelle degli anni 30, quando Mischa adolescente viveva in esilio a Mosca. Queste cose nei computer del Grande Fratello non vengono registrate, e se lo sono chi le deve valutare non le capisce. Wolf potrebbe spiegare all’«amico americano» perché spiare milioni di cittadini, forse miliardi di telefonate, sms, e-mail, è solo un’inutile ossessione.