Beda Romano, Il Sole 24 Ore 21/6/2013, 21 giugno 2013
ACCORDO UE-BEI: PER LE PMI UNA «LEVA» FINO A 100 MILIARDI
LUSSEMBURGO. Dal nostro inviato
I ministri delle Finanze dell’Unione discuteranno oggi dei modi innovativi per finanziare le piccole e medie imprese. Il tema è cruciale da quando la crisi economica ha provocato la preoccupante riluttanza delle banche a prestare a queste società. Il rapporto, che verrà valutato qui a Lussemburgo dall’Ecofin e che è stato messo a punto dalla Commissione e dalla Banca europea degli investimenti, prevede almeno tre opzioni, tali da generare prestiti fino a 100 miliardi di euro da qui al 2020. Le due istituzioni «stanno esplorando meccanismi comuni di partecipazione dei rischi nell’ambito del prossimo bilancio comunitario» 2014-2020. Le tre opzioni illustrate dalla Commissione e dalla Bei prevedono non solo l’uso del capitale della banca con sede in Lussemburgo (aumentato di recente su decisione dei 27), ma anche diversi fondi europei, quali per esempio il Cosme, a favore della competitività delle imprese. I meccanismi utilizzerebbero forme di leva finanziaria. "La Bei e il Fondo europeo degli investimenti (Fei), insieme alla Commissione e alla Banca centrale europea sta analizzando i modi migliori per aiutare il finanziamento delle piccole e medie imprese, ridando dinamismo al mercato delle cartolarizzazioni in modo da mobilitare maggiori risorse e ridistribuire i rischi nell’economia in modo sostenibile", si legge nel documento che è stato inviato ieri ai 27 governi nazionali dell’Unione europea. La prima opzione proposta ai ministri delle Finanze dalla Commissione e dalla Bei prevede che i fondi a disposizione del Cosme, di Orizzonte 2020 e dell’Esif (Fondo europeo per gli investimenti strutturali), a cui si associerebbe il denaro della Bei e dell’Fei, verrebbero messi in comune in modo da garantire prestiti bancari alle piccole e medie imprese (Pmi). Il denaro potrebbe anche essere utilizzato per garantire le cartolarizzazioni di nuovi prestiti concessi dalle banche alle aziende. Secondo il rapporto, l’operazione potrebbe consentire crediti alle Pmi per 55-58 miliardi di euro sui sette anni del prossimo bilancio comunitario, a beneficio di circa 580mila società. Il vantaggio è che l’operazione non richiederebbe modifiche legali. Lo svantaggio principale è che l’operazione di cartolarizzazione deve avvenire entro due o tre anni dalla concessione del prestito. La seconda opzione prevede garanzie sulle cartolarizzazioni anche di vecchi prestiti, purché questo stimoli nuovi finanziamenti. In questo caso, l’operazione potrebbe generare prestiti alle Pmi per 65 miliardi su sette anni, a beneficio di 650mila società. Questa opzione avrebbe il merito di attirare investitori istituzionali. Tuttavia è particolarmente complessa da mettere a punto. Infine, la terza opzione, quella più ambiziosa, prevede garanzie, cartolarizzazioni e risk pooling a livello europeo (per una maggiore diversificazione dei portafogli e per aumentare l’effetto leva). In questo caso, i prestiti salirebbero a 100 miliardi, a vantaggio di un milione di imprese. Non è chiaro quanto di questo denaro potrebbe confluire verso l’Italia, ma è probabile che la chiave di ripartizione degli aiuti favorirà i paesi più in difficoltà e quindi la Penisola, anche per via del suo tessuto industriale. Il documento che verrà discusso oggi giunge a ridosso di un vertice europeo dedicato al rilancio della crescita economica e alla lotta contro la disoccupazione giovanile. Il rapporto è anche il risultato di un acceso dibattito in questi mesi nel mondo politico e a livello tecnico sul ruolo della Bei. "La banca ragiona ancora troppo in termini di Tripla A - spiegava nei giorni scorsi un alto responsabile europeo -. Dobbiamo cambiare le cose senza mettere a rischio il rating. La Bei deve imparare a prendere rischi anche nel Sud Europa, e non solo in Germania o in Belgio. Non deve dimenticare che è una banca pubblica. Vogliamo finalmente vedere effetti sull’economia reale".