Alessandro Alviani, La Stampa 21/6/2013, 21 giugno 2013
IL TEMPIO DEL BAYERN MONACO DÀ L’ADDIO AL SUO CREATORE
Ha tirato su uno degli stadi più spettacolari che la Germania abbia mai visto, quell’Allianz Arena diventata non solo l’inconfondibile tempio del Bayern Monaco campione d’Europa, ma anche il biglietto da visita più prestigioso della sua società costruttrice. Ora, otto anni dopo l’inaugurazione di quell’ufo capace di contenere oltre 71.000 spettatori, la ditta che l’ha realizzato, l’austriaca Alpine, ha dichiarato l’insolvenza.
Un passo che giunge dopo mesi di difficoltà finanziarie e che si annuncia come il più grande fallimento nella storia dell’Austria: un passivo di 2,6 miliardi di euro, 8.000 creditori, almeno 2.000 posti di lavoro destinati ad andar persi, più altre migliaia a rischio nell’indotto, se è vero che, stando al capo del sindacato interno Hermann Haneder, 500 ditte fornitrici potrebbero fallire, cancellando tra 4.000 e 5.000 posti. Lo stesso Stato austriaco, che si è assunto garanzie per 150 milioni, rischia di restare a mani vuote.
Anche gli istituti Erste Group e la controllata di Unicredit Bank Austria, che rientrano tra i più grandi creditori, sono interessati dall’insolvenza, ma chiariscono di aver preso misure preventive in caso di tracollo dell’azienda.
La Alpine Bau GmbH è la seconda società austriaca di costruzioni, conta 6.500 dipendenti e rappresenta il cuore del gruppo Alpine Holding GmbH, che impiega in tutto 15.000 persone, di cui 7.500 in patria. Oltre ad aver creato a Monaco l’Allianz Arena tra il 2002 e il 2005 su progetto degli architetti svizzeri Herzog & de Meuron, la Alpine rientra nel consorzio che sta costruendo la galleria di base del San Gottardo e partecipa alla realizzazione di una galleria nell’ambito di Stuttgart 21, il controverso mega-progetto per trasferire sottoterra la stazione centrale di Stoccarda e collegarla ad altre destinazioni.
Già in autunno la Alpine, creata quasi cinquant’anni fa a Salisburgo, aveva vacillato pericolosamente, ma era stata salvata grazie un pacchetto deciso a marzo, che prevedeva un’iniezione di 250 milioni di euro dalla casa-madre, la spagnola Fcc, e la rinuncia dei creditori a 150 milioni. Tuttavia il tentativo di vendere alcune controllate non è andato a buon fine. E così nei giorni scorsi la situazione finanziaria della società, che aveva registrato nel 2012 un passivo di 450 milioni e aveva chiuso il primo trimestre 2013 con una perdita di 90 milioni, è tornata a complicarsi. E stavolta la Fcc, che ne aveva rilevato l’anno scorso il 100%, s’è rifiutata di sborsare nuovi capitali.
A trascinare nell’insolvenza la Alpine sono state tra l’altro la pessima situazione congiunturale del settore edile, nonché i ritardi di alcuni progetti.
Ora un curatore fallimentare dovrà tentare di salvare il salvabile. Il gruppo concorrente Porr ha già annunciato di essere interessato a rilevare una parte delle attività. Intanto anche la controllata tedesca di Alpine, che conta 1.500 dipendenti, ha dichiarato l’insolvenza.