Salvatore Dama, Libero 21/6/2013, 21 giugno 2013
BISIGNANI: «SILVIO SI SALVA SE DÀ IL PARTITO A MARINA»
«La pacificazione è una formula inventata da quelli che vogliono fottere Berlusconi. Non c’è mai stata. Non esiste». L’“agevolatore” dice che c’è poco da agevolare. Nulla. La guerra tra toghe e Cavaliere non conosce pace, armistizio, tregua. A Silvio non resta che selezionare i suoi pretoriani più fedeli, liberarsi dalle serpi in seno, e infilare l’elmetto. «La decisione della Consulta? Era già tutto scritto nel mio libro». E Luigi Bisignani va molto fiero del suo libro: «Settantacinquemila copie vendute in dieci giorni, quello di Saviano, nonostante l’enorme budget speso per la promozione, sta dietro». Coinvolto nell’inchiesta sulla P4, Bisignani ha patteggiato un anno e sette mesi. Ma alla fine “il sacco” lo ha vuotato nelle 326 pagine de “L’uomo che sussurra ai potenti” (Editore Chiarelettere, 13 euro), una rilettura degli ultimi 30 anni di storia politica compiuta con il giornalista Paolo Madron. A lui si deve la definizione di “agevolatore”, con cui ha cercato di liberare Bisignani delle etichette di “lobbista” e “faccendiere”. La Prima e buona parte della Seconda Repubblica passate lontano dalla ribalta. Poi l’inchiesta napoletana. Poi un tomo che fa sold out nelle librerie. E pure Bisignani può togliersi lo sfizio del “io l’avevo detto”.
Vista la decisione della Corte Costituzionale?
«Ho visto che c’è una maggioranza sempre più forte di persone che si va unendo per fregare Berlusconi».
Fregarlo come?
«Hanno convinto il Cavaliere a stare in silenzio, nel rispetto del lavoro dei giudici costituzionali. Quasi come se ci fosse stata mai la speranza che la Consulta potesse accogliere il ricorso dell’ex premier».
Berlusconi ha provato a percorrere la strada della pacificazione tra poteri...
«L’hanno illuso, la pacificazione non esiste».
Il sostegno del Pdl al governo Letta in cambio del salvacondotto giudiziario per il suo leader: allora è una leggenda metropolitana?
«Nessuno in Italia è in grado di offrire salvacondotti. Magari Napolitano ci avrà anche provato, ma non ci è riuscito. Il sistema è tale per cui non c’è colomba, neanche fosse quella papale, che possa dare un passepartout a Berlusconi per liberarsi dai processi».
E cosa deve fare allora?
«Stiamo assistendo a una Via Crucis lenta, che parte dal lodo Schifani, dal lodo Alfano, dalle prime sentenze fino ai fatti di queste ore. È una strada segnata. Berlusconi non deve stare fermo a prendere colpi, deve reagire. E ha bisogno di un partito coeso e forte che lo aiuti e lo difenda».
Mercoledì i ministri del Pdl hanno abbandonato il consiglio per correre a Palazzo Grazioli in segno di vicinanza al capo.
«È stata soltanto una mossa di facciata».
Ma il vice premier Alfano ha diramato una nota molto dura verso la Consulta, ha difeso il proprio leader.
«Il doppio ruolo di Alfano è la vera anomalia che rende Berlusconi più debole. Ci vuole chiarezza nelle funzioni. L’una frena l’altra. Anche perché i ministri finiscono per innamorarsi dei loro posti e si dimenticano di tutto il resto...».
Alfano deve lasciare la guida del Pdl?
«La Dc di Andreotti ha sempre tenuto distinti i ruoli: il segretario del partito deve fare proposte e indicare la prospettiva, il capo del governo si deve occupare degli affari di tutti i giorni. Io sono andreottiano».
Anche Alfano ha trascorsi democristiani...
«Non a caso Alfano era quello che, lasciando il ministero della Giustizia per andare a fare il segretario del Pdl, disse: scendo dall’auto blu e mi occupo del partito, i due compiti non sono compatibili. Ha cambiato idea?».
Lei continua a pensare che le colombe azzurre tramino alle spalle di Berlusconi?
«Il Pdl e il Pd arriveranno a una implosione. Con Berlusconi rimarranno i fedelissimi, quelli della prima ora, i Galan, i Miccichè, i Verdini, la Prestigiacomo. Questo è il nocciolo duro che può difenderlo».
Gli altri?
«Troppo presi dagli uffici ministeriali...».
Chi deve essere il nuovo segretario del Pdl?
«Sua figlia Marina. O, in alternativa, un giovane che dia garanzie di affidabilità come Raffaele Fitto. L’importante è che Berlusconi si riprenda il partito. È l’unica sua salvezza. Con gruppi parlamentari formati da fedelissimi, il Cavaliere può anche permettersi il lusso di dettare la linea rimanendo fuori dal Parlamento, se dovesse arrivare l’interdizione».