Carlo Clericetti, la Repubblica 21/6/2013, 21 giugno 2013
CARLO CLERICETTI
ROMA
— Il sogno dei finanzieri (non di tutti, si spera) è uno Stato che funzioni come un’azienda, ma un’azienda di fine ‘800. Basta col bilanciamento dei poteri, ci vuole un governo forte. Basta con le protezioni del lavoro. Basta con queste Costituzioni antifasciste contaminate dalle idee socialiste. Basta con la libertà dei cittadini di protestare. E’ un sogno che JP Morgan, la più importante banca d’affari del mondo insieme a Goldman Sachs, ha messo nero su bianco in un documento sulla crisi
in Europa.
Il paragrafo più significativo: «I sistemi
politici della periferia meridionale
(dell’Europa)
sono stati instaurati in seguito alla caduta di dittature, e sono rimasti segnati da quell’esperienza. Le Costituzioni mostrano una forte influenza delle idee socialiste, e in ciò riflettono la grande forza politica raggiunta dai partiti di sinistra dopo la sconfitta del fascismo. Questi sistemi politici e costituzionali del sud presentano tipicamente le seguenti caratteristiche: esecutivi deboli nei confronti dei parlamenti; governi centrali deboli
nei confronti delle regioni; tutele costituzionali dei diritti dei lavoratori; tecniche di costruzione del consenso fondate sul clientelismo; e la licenza di protestare se vengono proposte sgradite modifiche dello status quo. La crisi ha illustrato a quali conseguenze portino queste caratteristiche. I paesi della periferia hanno ottenuto successi solo parziali nel seguire percorsi di riforme economiche e fiscali, e abbiamo visto esecutivi limitati nella loro azione dalle Costituzioni (Portogallo), dalle autorità locali (Spagna), e dalla crescita di partiti populisti (Italia e
Grecia)». JP Morgan ci spiega dunque che il buon funzionamento dell’economia non è un mezzo attraverso cui si cerca di migliorare il benessere collettivo, ma il fine da perseguire a costo di stracciare le garanzie e i diritti che definiscono uno Stato democratico. Naturalmente si presuppone che gli Stati siano guidati da élites. Sorprende, che i nostri finanzieri non abbiano menzionato esplicitamente anche la sospensione del diritto di voto, anche se la adombrano quando si preoccupano della «crescita di partiti populisti».