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 2013  giugno 19 Mercoledì calendario

L’IRAN E ROHANI PER IL FOGLIO DEI FOGLI


Hassan Rohani, 64 anni, «già rivoluzionario, religioso, militare, spione, politico, abilissimo negoziatore, amico fidato e amatissimo dell’ayatollah che inaugurò il potere teocratico che tuttora persiste in Iran, Ruhollah Mustafa Mosavi Khomeini». Ora settimo presidente della Repubblica islamica iraniana. [Pietro Del Re, la Repubblica 16/6]

Contro tutte le aspettative, Rohani è stato eletto per sostituire Ahmadinejad al primo turno sabato 15 giugno con il 50,68% dei voti. Considerato un moderato, Rohani era il candidato soprattutto dei giovani e di quelli che si sentono eredi della rivoluzione verde del 2009.

Dopo Rohani, ma staccati di molto, ad avere il maggior numero dei voti sono stati nell’ordine il sindaco di Teheran Qalibaf e Mohsen Rezaie, conservatori entrambi ma fautori di una politica moderata, mentre il radicale Said Jalili, che veniva dato alla vigilia come il probabile vincitore, è risultato quarto e non ha aggregato nemmeno tutto il voto dei basiji, il braccio armato del regime, che erano i suoi principali sostenitori.

La chiave, insieme a sgargianti foulard viola, è stato il simbolo della campagna elettorale di questo hojatioleslam (uno scalino sotto il rango di ayatollah) con il turbante bianco, l’unico mullah in corsa. [Alberto Negri, Il Sole 24 Ore 16/6]

Vanna Vannuccini: «Quattro anni dopo che la vittoria di un riformatore provocò la reazione durissima del regime, e mentre sono ancora in carcere tanti attivisti politici e restano agli arresti domiciliari i due candidati di allora, un altro riformatore diventa il nuovo presidente iraniano e la sua vittoria è accettata da tutti. Che cosa è successo? La storia iraniana, ci dice un filosofo, gira sempre in cerchi concentrici. Ogni tanto si torna al punto di partenza, ma qualche volta il diametro del cerchio si allarga perché c’è un aumento di maturità». [Vanna Vannuccini, la Repubblica 16/6]

La percentuale con cui Rohani ha vinto, la minima indispensabile, creaqualche dubbio. Possibile che Khamenei, la Guida Suprema, abbia lasciato fare? «L’altra volta Ahmadinejad fu eletto certamente con una notevole sequenza di brogli. Perché stavolta il Papa iraniano avrebbe dovuto rinunciare alla scelta del suo uomo? Vi sono parecchie considerazioni a supporto di questa tesi. Primo: di sicuro il regime non poteva permettersi un’altra serie di violenze e di contestazioni come quelle di quattro anni fa. Secondo: il paese è allo stremo, nonostante l’aiuto cinese che compra dall’Iran il petrolio che l’Iran non può vendere per via delle sanzioni. Tanto per dirne una: con l’inflazione al 30%, importare generi di prima necessità ha un costo proibitivo». [Giorgio Dell’Arti, La Gazzetta dello Sport 16/6]

Occorre però considerare che in Iran il vero vertice del potere è la Guida suprema, incarico che Khamenei ricopre a vita, dopo essere succeduto a Khomeini. La a Guida suprema nomina i capi delle forze armate e dei servizi: ha in mano tutte le leve della sicurezza. Negri: «Per questo il presidente ha margini di manovra limitati se va in rotta di collisione con il Leader, come avvenne con il riformista Khatami. Anche Ahmadinejad è finito in un angolo quando si è scontrato con Khamenei». [Alberto Negri, Il Sole 24 Ore 16/6]

In un sistema dove si vota la fiducia ai singoli ministri, il rapporto col Parlamento sarà un test cruciale per Rohani che non ha il sostegno di nessun gruppo particolare. Il Majlis, affollato di deputati conservatori e presieduto da un altro ex negoziatore nucleare, Ali Larijani, lo aspetta al varco pronto a smussare qualsiasi slancio. [Claudio Gallo, La Stampa 16/6]

In ogni caso l’elezione di Rohani può essere una svolta per l’Iran, sul piano interno e internazionale. Renzo Guolo: «Sebbene sia un “turbante”, la repressione sul piano dei costumi dovrebbe attenuarsi, mentre aumenteranno gli spazi per le libertà individuali, associative e quella di espressione. Così come dovrebbe venire meno l’isolamento tipico dell’era Ahmadinejad. Una virata che potrebbe rendere più difficile per l’Occidente l’inasprimento della politica delle sanzioni e l’ipotesi di un attacco militare a Teheran, scelte che andrebbero a colpire un paese che in maggioranza mostra di voler cambiare rotta». [Renzo Guolo, la Repubblica 16/6]

«…e quel signore col turbante bianco e gli occhiali sarà probabilmente il futuro presidente dell’Iran...» (Jacques Chirac nel 2004 ricevendo all’Eliseo l’allora negoziatore iraniano per il nucleare Hassan Rohani). [Francesco Battistini, Corriere della Sera 16/6]

Rohani in realtà è il cognome rivoluzionario, quello vero è Feridon. [Gallo, sta]

Sposato con Naemeh, quattro figli. Il primo, Hussein, è morto suicida nel 1992. [Fausto Biloslavo, il Giornale]

Negli anni Sessanta era finito in carcere per aver criticato lo scià, si dice sia stato il primo a chiamare l’Ayatollah Khomeini con il titolo di “imam”, per vent’anni è stato deputato della Repubblica islamica, dal 1999 è membro dell’Assemblea degli esperti. [Farian Sabahi, Corriere della Sera 16/6]

«Ha la solida preparazione di chi ha fatto il seminario a Qom, militato col movimento del Clero combattente e fatto la necessaria guerra all’Iraq, è passato per buoni studi e una cattedra di diritto a Glasgow, parla l’inglese, il tedesco, l’arabo, il francese e il russo. Ma è pur sempre l’uomo di regime che nel ’99, di fronte a una piazza di contestatori, ebbe a sibilare un’unica soluzione finale: “Impiccateli”» (Francesco Battistini). [Francesco Battistini, Corriere della Sera 16/6]

La carriera di Rohani è strettamente legata a un altro grande personaggio politico persiano, Ali Akbar Hashemi Rafsanjani, che fu presidente dell’Iran per due mandati, dal 1989 al 1997. Con lui, Rohani militò nella resistenza contro lo scià Reza Pahlavi, fu arrestato e torturato. «Va poi ricordato che prima di quel periodo, e cioè durante la sanguinosissima guerra contro l’Iraq, dal 1980 al 1988, Rohani assunse il comando dall’aviazione militare. Un ruolo che espletò con onore e devozione, a tal punto che una volta terminato il conflitto fu nominato a capo dei pasdaran, i 120 mila guardiani della rivoluzione». [Pietro Del Re, la Repubblica 16/6]

Rohani si insedierà il 3 agosto e nei mesi successivi scopriremo se manterrà le promesse fatte in campagna elettorale. In primis quella di liberare i prigionieri politici, e quindi Mussavi e Karrubi, i leader del movimento verde agli arresti domiciliari da oltre due anni. Ma anche nei confronti delle donne che reclamano diritti, e non solo sociali. Certo è che mettere in prima linea un moderato è l’unico modo per fare uscire l’Iran dall’isolamento. Una scelta obbligata, per il leader supremo, per mettere una pezza ai tanti guai combinati da Ahmadinejad, che in questi due mandati ha spedito a casa un’ottantina di ambasciatori e uomini competenti in politica estera. [Farian Sabahi, Corriere della Sera 16/6]

Adesso l’occidente non si troverà più davanti un tribuno dalla retorica imprevedibile come era Ahmadinejad, ma un leader «competente ed estremamente professionale», come ha ricordato l’ex ministro degli Esteri britannico Jack Straw che negoziò con lui quando era capo della delegazione iraniana per i colloqui sul nucleare. In quella veste Rohani fu l’unico negoziatore iraniano a siglare due accordi con gli occidentali, a Parigi nel 2003 e a Teheran nel 2004. [Claudio Gallo, La Stampa 16/6]

Ma sul nucleare, che oggi si guarda bene dal mettere in discussione, e sul quale non avrà comunque l’ultima parola, il nuovo presidente non è sempre stato lineare. Rivelò, ad esempio, nel 2006 che la sospensione concordata con l’Europa «ci servì in realtà per completare, in un clima di calma internazionale, il nostro lavoro sull’uranio nella centrale di Isfahan». [Francesco Battistini, Corriere della Sera 16/6]

C’è poi la questione Siria. In campagna elettorale se n’è parlato poco o niente. A Teheran considerano la Siria una loro provincia. Sono schierati con Assad. «Su questo tavolo – al quale siedono in posizioni filo-regime anche russi e cinese – si dovrà aprire una trattativa globale ed è meglio, naturalmente, che il punto di vista persiano sia sostenuto da un negoziatore “fine e flessibile”, come è stato definito il nuovo presidente. Del resto già in campagna elettorale Rohani ha dichiarato di voler “riconciliare l’Iran col mondo”. E un’altra volta, riferendosi agli Stati Uniti, ha voluto precisare che “amicizia o ostilità non sono dati permanent”». [Giorgio Dell’Arti, La Gazzetta dello Sport 16/6]

In questi sessanta giorni prima dell’insediamento sarà importante se l’America deciderà di tenere con Teheran un basso profilo, per non bruciare subito Rohani. Claudio Gallo: «Mentre a caldo il responsabile stampa della Casa Bianca aveva usato i soliti toni predicatori, citando la “mancanza di trasparenza e la censura” nel voto, in seguito il capo dello staff McDonough ha parlato di “potenziale segnale di speranza” e ha detto che l’America è pronta a trattare. La partita ricomincia». [Claudio Gallo, La Stampa 17/6]