Guido Olimpio, Corriere della Sera 19/06/2013, 19 giugno 2013
BRIGATE INTERNAZIONALI E GUERRA PARALLELA
Vengono dall’Olanda, dalla Svezia o dalla Gran Bretagna. Oppure dai Balcani. Raggiungono la Siria attraverso il corridoio jihadista nato durante la crisi in Iraq e poi si uniscono alle formazioni ribelli. I rapporti più recenti sostengono che sono almeno 800 i volontari europei che combattono contro il regime. Circa il 7-11 per cento del totale degli stranieri, in maggioranza provenienti dal mondo arabo. Una cifra imperfetta, in quanto è impossibile seguire nei dettagli la filiera. A spingere tanti giovani a partire è l’orrore e la rabbia amalgamati con la fede religiosa. Gli scempi compiuti dai mercenari di Bashar Assad provocano repulsione. Difficile restare impassibili. E lo sdegno cresce per l’inazione della comunità internazionale. Inevitabile, dunque, che i ragazzi musulmani assumano l’iniziativa cercando il contatto che li aiuti ad arrivare nel territorio siriano. Reclutatori o facilitatori presenti nelle città europee in grado di indicare la strada giusta. Poi, una volta nel teatro, si sparpagliano tra i diversi gruppi. Una cinquantina di italiani, compresa una donna, sono nella zona di Aleppo. Una presenza che già avevamo raccontato un anno fa sulle pagine del Corriere: la maggioranza è originaria del centro-nord. Numerosi i britannici (circa 150) e i francesi (200), molto determinati i militanti giunti dall’asse Belgio-Olanda. La polizia belga ha intercettato conversazioni telefoniche dove i guerriglieri si vantano di operazioni efferate, non diverse da quelle commesse dai governativi. L’antiterrorismo li tiene d’occhio per il timore che qualche «reduce», una volta rientrato in patria, possa compiere attacchi. Anche perché alcuni, come il danese Abu Asha, ucciso il 3 marzo a Latakya, prima di recarsi in Siria hanno avuto rapporti con formazioni estremiste yemenite. Durante gli ultimi mesi, diverse reclute si sono poi unite al Battaglione del Migrante, guidato da un «emiro» d’origine cecena, Abu Omar. L’unità, oltre ad essere nota per la sua forza d’urto, è abile nella propaganda. Documentare gli assalti e celebrare il «martirio» è fondamentale. Così si attirano nuovi mujahedin e si ottengono fondi da istituzioni musulmane o privati. Quelli del Golfo sono ovviamente i più generosi ma anche in Europa c’è chi è pronto a offrire sostegno concreto alla brigata internazionale. Partecipa alla sfida e risponde al nemico che proprio da solo non è. Con il regime sono schierati 4 mila Hezbollah libanesi e altrettanti pasdaran iraniani, altri protagonisti di un conflitto sempre più internazionale.
Guido Olimpio