Aldo Grasso, Corriere della Sera 19/06/2013, 19 giugno 2013
IL VERBO DEL CAPO CHE TRASFORMA IL MOVIMENTO IN UNA SETTA
Lo streaming è la cassetta postale della coscienza dei grillini. Vi depositano volentieri il Verbo del Capo, unico paravento dietro cui ripararsi. Lunedì i parlamentari grillini hanno processato la senatrice Adele Gambaro, rea di aver messo in discussione il Verbo del Capocomico. L’onorevole Enza Blundo dichiara: «Adele deve chiedere perdono a Beppe per aver messo in pericolo il movimento, magari lo deve fare in diretta streaming...». Se Adele G vuole rientrare nei ranghi deve cospargersi il capo di cenere, chiedere perdono, umiliarsi. «Gambaro non ha neanche ammesso l’errore», chiosano i capigruppo Riccardo Nuti e Nicola Morra. E comunque l’assemblea congiunta di senatori e deputati del Movimento 5 Stelle ha deciso di demandare alla Rete il voto sull’espulsione della senatrice Adele G, la parlamentare che ha pubblicamente accusato Grillo del flop alle ultime elezioni amministrative e per la quale è stata proposta l’espulsione. La Rete come ordalia, iudicium Dei. È Grillo a sbugiardare i dissidenti, ma è la folla a calpestarli. Grillo, il Gabibbo 2.0, ha sempre ragione. Con le sue attoriali gagliofaggini, le sue metafore, il suo turpiloquio è diventato un guru e come tale si comporta. È vero che i grillini sono in buona parte dei miracolati (gente senza arte né parte che ora gode del privilegio di parlamentare), e forse, proprio per questo, il Verbo sta trasformando il Movimento 5 Stelle in una setta. In ogni setta chi dirazza paga: ad Adele G, per esempio, è stato chiesto, in una sorta di autoanalisi, l’antico rito dell’abiura. In streaming, in una gogna mediatica, Adele G dovrebbe fare abiura, quasi fosse un’eretica, pena la scomunica: rinunziare all’errore passato e, di fatto, diventare complice per processare altri. Ne sa qualcosa anche l’onorevole Paola Pinna, rea di aver rilasciato un’intervista non autorizzata. «C’è un clima da psicopolizia». Il Grande Guru, con Rasputin Casaleggio, non tollera il dissenso, non è previsto. E poi il linguaggio non perdona: pentimento, dissenso, verdetto, espulsione, fuorusciti, cacciata… Queste parole ricordano certe atmosfere raccontate in libri come «Lo scherzo» di Milan Kundera o «Buio a mezzogiorno» di Arthur Koestler. Non siamo ancora alle purghe, ma qui ogni dissidente viene progressivamente spogliato della propria individualità, con una cerimonia di rapina che ha per scopo quello di unificare tutti al Capo.
Certo che se il nuovo «Malleus Maleficarum», il documento che meglio rappresenta le teorie elaborate a sostegno della persecuzione, è redatto dall’ex gieffino Rocco Casalino, la tragedia fa presto a mutarsi in farsa.
Aldo Grasso