Alberto Mattioli, La Stampa 19/6/2013, 19 giugno 2013
IL SERVILISMO SECONDO MME LAGARDE
«Usami per il tempo che ti serve e serve alla tua azione e al tuo casting». Ma «se mi usi, ho bisogno di te come guida e come sostegno: senza guida, rischio di essere inefficace, senza sostegno rischio di essere poco credibile». Sembrerebbe la solita lettera di ordinario servilismo nei confronti del Grande Capo. Invece il documento è straordinario perché a indirizzarla a Nicolas Sarkozy fu, in data imprecisata, Christine Lagarde.
Sì, proprio lei, l’avvocatessa d’affari che arrivò alla testa del più grande studio di Chicago, la pluriministra (del Commercio estero, dell’Agricoltura e dell’Economia), la direttrice generale del Fondo monetario internazionale, la settima donna più potente del mondo secondo «Forbes». Tosta ma elegante, preparatissima, mai una ciocca fuori posto nei capelli orgogliosamente lasciati bianchi a 57 anni, mai una parola di troppo oppure un congiuntivo sbilenco, sempre impeccabile come i suoi tailleur. E invece zac!, anche Lagarde casca sull’ossequio fantozziano al Pres. Lup. Mann. Guida Suprema. E dire che nei cinque punti della breve ma imbarazzante missiva, fra un «ho fatto del mio meglio e ho talvolta potuto sbagliare. Ti chiedo scusa» e un’«immensa ammirazione», Christine spiega a Nicolas: «Non desidero diventare un’ambiziosa servile come molti di quelli che ti circondano la cui lealtà è talvolta recente e poco duratura».
Sono gli effetti collaterali dello scandalo Tapie. Il 20 marzo, gli agenti che perquisivano la casa parigina di Lagarde hanno trovato la lettera, «Le Monde» l’ha pubblicata, tutta la Francia ci sta maramaldeggiando sopra. Le femministe sono arrabbiate, la rete divertita. Su Twitter è tutto un fiorir di parodie. Fabrice Arfi, il giornalista d’assalto di «Mediapart», posta un baciamano al Padrino Marlon Brando. Didascalia: «Lagarde/Sarkozy. Dopo la lettera, la foto». Altri si sbizzarriscono paragonando i trasporti quasi erotici dell’algida Christine alle «Cinquanta sfumature di grigio» o ai telegiornali nordcoreani. E c’è chi si chiede se sulla lettera, da brava groupie, Lagarde ha aggiunto dei cuoricini e una spruzzata di Chanel numero 5.
Ma siamo davvero sicuri che simili zerbinate siano l’eccezione e non la regola? Il politologo Dominique Reynié, che conosce bene la politica in generale e quella francese in particolare, definisce «banale» la lettera. Viene in mente il sommo Flaiano: «A furia di leccare, qualcosa sulla lingua rimane sempre».