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 2013  giugno 19 Mercoledì calendario

IL CASO SCHWAZER DIVENTA INTERNAZIONALE

Alla vigilia delle Olimpiadi di Londra il marciatore altoatesino Alex Schwazer era considerato "la punta dell’atletica italiana". Così lo aveva definito Franco Arese, allora presidente della Fidal. Mentre il segretario generale del Coni, Raffaele Pagnozzi, aveva parlato di "leggenda dello sport". Il 6 agosto 2012 si è scoperto invece che era un imbroglione. Ma le colpe sono finora ricadute esclusivamente su di lui. Adesso un’indagine della Procura di Bolzano punta il dito su chi avrebbe dovuto vigilare affinché non ci fossero né imbrogli né imbroglioni. E lancia accuse di connivenza. O addirittura complicità. Sia in Italia che all’estero.
Persino la legittimità della medaglia d’oro vinta dal marciatore a Pechino viene messa in discussione da un’inchiesta dei sostituti procuratori di Bolzano Giancarlo Bramante e Lorenzo Puccetti condotta su un carabiniere, quale era all’epoca Schwazer, da ben tre reparti speciali dell’Arma: il Ros di Trento, guidato dal tenente colonnello Michael Sen, e i Nas di Firenze e di Trento.
Ma l’ennesimo colpo alla reputazione dell’atleta altoatesino non è nulla rispetto allo tsunami che colpisce la Fidal, la Federazione italiana di atletica leggera, e il Centro Sportivo dei Carabinieri. Oltre alla perquisizione della casa del marciatore a Racines La Procura bolzanina ha infatti disposto ieri quella di abitazioni e uffici di una dirigente e di due medici della Fidal e di un membro del Centro sportivo dell’Arma.
Ovviamente è ancora tutto da dimostrare, ma si può già dire che ricostruendo la carriera di una singola star dell’atletica incapace di resistere alla tentazione del doping, gli inquirenti di Bolzano, coordinati direttamente dal procuratore capo Guido Rispoli, abbiano messo in luce carenze - e collusioni - dell’intero sistema sportivo. Non solo italiano, visto il coinvolgimento della federazione internazionale, la Iaaf.
La dirigente del Settore Sanitario e Antidoping della Fidal Rita Bottiglieri e i medici federali Pierluigi Fiorella e Giuseppe Fischetto, sono accusati di aver partecipato a «un medesimo disegno criminoso concorso a favorire l’atleta Schwazer nell’utilizzo di farmaci».
Per Michele Didoni, allenatore di Schwazer appartenente al Centro sportivo dei Carabinieri, l’accusa è più infamante ancora: «concorso nel delitto ipotizzato di commercio di sostanze dopanti, in quanto si accordava con Schwazer per l’acquisto di farmaci».
A mettere in difficoltà i dirigenti della Fidal sono una serie di email. Nel caso della Bottiglieri si tratta di messaggi di posta elettronica scambiati all’indomani della positività di Schwazer con i due medici, Didoni e il responsabile del Centro sportivo dei Carabinieri, il maresciallo Ottaviano Iuliano. La preoccupazione di tutti: nascondere ogni traccia di possibile connivenza.
Più gravi e dirette, secondo gli inquirenti, le responsabilità del dottor Fiorella. medico del settore mezzofondo e marcia della Fidal. Uno scambio di mail alla vigilia delle Olimpiadi di Londra fa pensare che Fiorella sapesse che Schwazer giocava con il fuoco del doping: «Ciao scoppiato, come sta procedendo la settimana?», scrive Fiorella. «La decisione sulla permanenza a Londra o meno spetta a te, ma ricorda che certamente alla Iaaf "puzzerà" questo tuo andar su e giù». Il medico si riferiva al fatto che Schwazer aveva deciso di non soggiornare a Londra nel periodo tra le due gare in cui era intenzionato a competere, la 20 e la 50 km, bensì di fare avanti e indietro con la Germania. Ancor più illuminante è il post scriptum: «Se fai qualche stronzata, ti taglio le palle».
«La frase finale», si legge nel decreto della Procura di Bolzano, «appare ragionevolmente interpretabile quale indice della consapevolezza del medico in merito all’attività di doping seguita dall’atleta».
La risposta del marciatore è forse ancor più incriminante: «Ciao Piero, ti scrivo questa mail perché sono veramente triste. Triste di questo nuovo sospetto...Le cazzate le ho fatte a marzo, ma come ti dicevo ho imparato la lezione». A che cosa si riferisse, lo spiega la polizia giudiziaria: «Il 14 marzo 2012 a Lugano in occasione del "Lugano Trophy", egli vince la 20 km fissando il nuovo record italiano della distanza, sesta prestazione mondiale di tutti i tempi... Inoltre il 24 marzo 2012 vince la 50 km di marcia a Dudince (Slovacchia), realizzando la migliore prestazione mondiale del 2012 e sua quarta prestazione di sempre».
Insomma, con quella mail lo stesso Schwazer sembrerebbe confessare di essersi dopato in occasione di due gare pre-olimpiche. Con lo stesso medico federale che aveva il compito - oltre che il dovere- di combattere il doping e punire chi lo pratica.
Conclusione dei sostituti di Bolzano: «Si può ritenere che il Dott. Fiorella sia pienamente consapevole dell’utilizzo nel corso degli anni di pratiche di doping da parte dell’atleta...Parimente evidente è la volontà del medico di preservare l’atleta della nazionale italiana fino alle Olimpiadi di Londra 2012, nel convincimento che egli avrebbe ottenuto ottimi risultati sia nella 20 sia nella 50 km».
Ma il dottor Fiorella non è l’unico medico della Fidal accusato di aver "preservato" uno dei pochissimi atleti su cui la federazione contava per vincere a Londra. Il dottor Giuseppe Fischetto, responsabile del settore sanitario nazionale della Fidal e membro della Commissione medica e antidoping della Iaaf, avrebbe fatto lo stesso. Pur sapendo - anzi, non avendo dubbi - che Schwazer si dopava.
A farglielo sapere era stata la stessa Iaaf, che il 4 aprile 2012, tramite il responsabile dell’antidoping Thomas Capedeville, gli aveva trasmesso i risultati di un test a sorpresa di tre giorni prima.
Dopo aver analizzato i valori, il dottor Fischetto aveva risposto così: «Ciao Thomas, assolutamente sicura manipolazione. Ci metto le mani sul fuoco. Dobbiamo seguirlo molto da vicino... Non ci sono dubbi».
«Nel corso delle indagini», scrivono però i sostituti di Bolzano, «non sono emersi elementi dai quali risulta che l’indagato Fischetto abbia segnalato agli organi competenti del Coni la necessità di effettuare controlli ematici e antidoping nei confronti del marciatore, così come obbligo giuridico a lui incombente nella sua qualità di sanitario della Fidal e...della Iaaf».
Si arriva così alla vigilia delle Olimpiadi e il 13 luglio dal settore antidoping della Iaaf vengono trasmessi a Fischetto i pareri di tre esperti che hanno esaminato il passaporto biologico di Schwazer. "Caro Giuseppe", si legge nella mail di accompagnamento. "È altamente improbabile che il profilo sia il risultato di una normale condizione fisiologica o patologica e può essere il risultato dell’uso di una sostanza proibita".
Nella risposta, il dottor Fischetto ribadisce il parere sulla positività al doping di Schwazer affermando di non avere dubbi in proposito. «Ma pur in presenza di tali informazioni avute e del proprio fermo convincimento in merito alla pratica di doping attuata da Schwazer...il dottor Fischetto non risulta essersi occupato della questione», scrivono gli inquirenti. Tant’è che fino al 2 agosto il suo allenatore e i dirigenti federali continuano ad agire nella convinzione che avrebbe gareggiato a Londra. E se non ci fosse stato il test a sorpresa della Wada con tutta probabilità Schwazer avrebbe gareggiato.
Contattato da Il Sole 24 Ore, Thomas Capdevielle non ha voluto rilasciare dichiarazioni, limitandosi a dire che «la Iaaf ha fatto tutto quello che doveva fare».
Il dottor Fischetto ha invece spiegato di aver avuto «alti sospetti» su Schwazer ma non certezze. E ha respinto con fermezza l’accusa di complicità: «lo dimostrano le mie corrispondenze...Lo avrei protetto se avessi messo tutti un allerta, dicendo "alt, guardate". Invece ho deciso di fare controlli sempre più serrati».
Da parte sua, in un comunicato emesso ieri, la Fidal ha annunciato «di aver offerto la massima disponibilità e collaborazione all’autorità giudiziaria e di aver altresì dato mandato all’avv. Giorgio De Arcangelis...di costituirsi parte civile nei confronti di coloro che all’esito delle indagini saranno ritenuti colpevoli».
E veniamo all’allenatore, l’ex marciatore Michele Didoni. I carabinieri hanno scoperto che prima di partire per la Turchia al fine di acquistare l’Epo, come da lui stesso ammesso nella sua pubblica confessione, Schwazer stilò una lista della spesa che include non solo Epo ma ben cinque farmaci proibiti. «Si può ragionevolmente ritenere che i prodotti, in ragione del loro numero e qualità, potessero servire anche ad altri atleti», si legge nel decreto di perquisizione. «Il traffico riferito all’utenza in uso a Schwazer ha permesso di riscontrare sette sms e una conversazione con il proprio allenatore proprio mentre l’atleta si trovava in territorio turco. La qualità e l’intensità dei rapporti tra atleta e allenatore depongono pertanto per una altamente probabile conoscenza di Didoni dell’utilizzo di sostanze dopanti da parte di Schwazer e non escludono neppure l’ipotesi che l’approvvigionamento dell’atleta tramite la doping list turca possa essere stata concordata con lo stesso anche ai fini di un successivo commercio a terze persone».
Parole durissime. Il Sole 24 Ore ha provato a raggiungere Didoni per chiedergli una replica ma non ha mai risposto al cellulare.