Alberto Quadrio Curzio, Il Sole 24 Ore 19/6/2013, 19 giugno 2013
LE RAGIONI CHE L’ITALIA DEVE SOSTENERE CON BRUXELLES
Il Consiglio europeo dei capi di stato o di Governo di fine giugno non potrà eludere la gravità della crisi nella Ue e nella Uem che in termini di disoccupazione è stata sottolineata nell’incontro di pochi giorni fa a Roma tra i ministri del lavoro e dell’economia di Francia, Germania, Italia e Spagna. Ma la preoccupazione non basta a fronte di 26,6 milioni di disoccupati nella Ue (e di 19,4 nella Uem) e di 7,5 milioni di giovani (15-24 anni) "Neet" che sono disoccupati o che non cercano lavoro o che non sono inseriti in processi formativi. L’Italia non va meglio con 3,1 milioni di disoccupati (che superano ampiamente i 4 milioni includendo cassintegrati e scoraggiati) e 1,2 milioni almeno di Neet. Urgente per l’Europa e per l’Italia sono dunque azioni di contrasto. Le politiche economiche europee non hanno per ora adottato misure efficaci per combattere questa crisi. Il rafforzato rigore fiscale scelto è considerato (quasi da tutti) sbagliato in una grave recessione. Sappiamo che gli Stati membri si sono impegnati a rispettarlo per cui violazioni (come quelle attuate da Francia e Germania nel 2003!) creerebbero un pericoloso disordine istituzionale. D’altro canto la politica economica europea in senso più ampio punta su misure per la crescita ma i loro effetti si avranno solo con un’attuazione costante sul medio-lungo termine. È un metodo gradualista che l’Europa adotta non essendo né federale ne confederale. Quindi ai singoli Stati vengono dati orientamenti di riforme strutturali da attuare nelle loro specifiche autonomie. Solo con i Quadri Finanziari Poliennali (QFP) e con i bilanci annuali l’Europa interviene direttamente e qui sappiamo che è in corso un confronto tra Consiglio e Parlamento europeo sul QFP 2014-2020. Perchè il Consiglio Europeo vuole ridurre il QFP rispetto a quello 2007-2013 per arrivare a circa 960 miliardi di stanziamenti d’impegno in sette anni cioè circa l’1% del Rnl della Ue. Alberto Quadrio Curzio
Le politiche economiche italiane sono, a loro volta, vincolate da limiti di bilancio nazionale molto stretti. Per questo bisognerebbe trovare soluzioni innovative che abbiano l’assenso dell’Europa dal quale non possiamo e non dobbiamo prescindere. Avanziamo allora una proposta partendo dalla situazione dei vari Paesi nel QFP. Nel decennio 2002-2011 (periodo scelto volutamente a cavallo tra i due QFP 2000-2006 e 2007-2013) l’Italia ha erogato al bilancio comunitario 32,28 miliardi di euro più di quanti ne abbia ricevuti. In altri termini abbiamo avuto un saldo negativo di 3,2 miliardi annui ovvero circa lo 0,22% del nostro Pil medio annuo. Ci precedono per saldi negativi la Germania (contributo netto erogato alla Ue di 72,86 miliardi con quote dello 0,31% del Pil medio annuo )e la Francia (contributo netto erogato di 37,79 miliardi con quota dello 0,2% del Pil medio annuo) come grandi contributori netti. Fin qui nulla di strano. Ciò che invece sorprende è il confronto con la Spagna che ha ricevuto dalla Ue 50 miliardi (pari ad una quota dello 0,6% del suo Pil medio annuo) più di quanto abbia erogato. Nel confronto l’Italia è dunque stata solidarista e quindi potrebbe chiedere all’Europa di esserlo adesso verso di noi perché da sei anni siamo nella peggiore recessione tra i Paesi Uem (salvo i tre Pig). Non dovremmo certo chiedere alla Ue i 5 miliardi di euro annui avuti dalla Spagna ma solo ottenere che dal nostro deficit annuale sia escluso un importo pari a 3,2 miliardi che è stato il nostro saldo negativo annuo nei 10 anni citati. Potremmo allora fare quegli investimenti in tecnoscienza, formazione (anche con apprendistati e tirocini), crescita verde, efficienza energetica. Cioè alcune delle riforme che la Ue stessa ci chiede unitamente ad altre (giustizia,fiscalità ecc). Quando la nostra crescita sarà salita all’1,7%, che è la media annua della Spagna del decennio considerato, dovrebbe cessare per noi questa "autorizzazione di salvaguardia". In alternativa l’Italia potrebbe chiedere l’intervento della Bce con lo OMTs per far scendere lo spread dei nostri tassi sui titoli di stato decennali rispetto a quelli tedeschi nell’intervallo fisiologico tra 100 e 150 punti base (perchè lo spread attuale non è comprensibile dati i nostri avanzi primari). Avremmo allora un notevole risparmio d’interessi sul debito pubblico. L’idea diventa meno strana se si ricorda che la Spagna ha chiesto e avuto dai Fondi Europei Salva Stati (Efsf e Esm) un prestito di 12 anni (a ottime condizioni) fino a 100 miliardi di cui 40 in corso di erogazione. Anche in questo caso non si può certo biasimare la Spagna per essere stata più capace di noi. Perchè se noi avessimo chiesto nel settembre del 2012 l’intervento dello OMTs oggi avremmo anche contribuito indirettamente all’indipendenza della Bce. Infatti di fronte ad un fatto compiuto (e non solo enunciato) la pretesa della Corte Costituzionale tedesca di valutare le scelte della Banca Centrale europea sarebbe stata un’arma (abbastanza) spuntata. E tuttavia ancora pericolosa perché se i Paesi della Ue e della Uem (Italia compresa) si mettessero a confrontare le loro Costituzioni con i Trattati europei potrebbe implodere tutta l’Europa. In conclusione. Il nostro confronto tra Italia e Spagna (che ha anche avuto una moratoria fino al 2016 per rientrare sotto il 3% del deficit sul Pil) non è solo una provocazione ma diventa anche un quesito a noi stessi(siamo stati poco attivi o convincenti?) e all’Europa sulle disparità di trattamento che non dovrebbero esserci o che dovrebbero esserci spiegate meglio.