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 2013  giugno 19 Mercoledì calendario

LA CRISI CHE (PER ORA) NON SFOCIA IN RIVOLTA

Il 31 maggio il governatore della Banca d’Italia dichiara nella sua Relazione che il nostro paese decade perché da 25 anni non riesce più a rispondere «agli straordinari cambiamenti geopo-litici, tecnologici e demografici» del mondo ». Il 7 giugno sul New York Times un commentatore si domanda: come mai in Europa la drammatica disoccupazione di massa, che per i giovani ha raggiunto il 40% in Italia, il 50% in Spagna e oltre il 60% in Grecia, per di più aggravata dalla pesante crisi finanziaria, non ha prodotto fin qui una rivolta sociale guidata dalle estreme di destra o di sinistra? E come mai i regimi politici di centro sembrano riuscire a contenere lo scontento popolare malgrado che dalla integrazione europea e dal sistema dell’euro sotto la dominazione tedesca, nessuno ha tratto vantaggi?
I due pareri sono in qualche modo complementari perché il primo è un po’ la spiegazione del secondo. Vediamo perché. Prima di tutto non è detto che quello che finora non è successo non possa ancora accadere. Dopo tutto il fascismo e il nazismo sono sorti soprattutto a causa di una Grande depressione, quella del 1929, quasi uguale a quella attuale, di disoccupazioni di massa come le attuali, di fallimenti della politica molto simili a quelli attuali. Forse è il caso di ricordarlo e di non confidare troppo nel miracolo della integrazione europea che avrebbe dovuto, con la moneta unica, garantire la pace fra popoli che per secoli erano stati in guerra fra loro. E, inoltre generare, secondo i progetti della élite formata da De Gasperi, Adenauer, Monnet e Delors, un grande progresso e benessere ridando all’Europa unita un ruolo egemone. Purtroppo è accaduto tutto il contrario e l’Europa è diventata, per la povertà dilagante e per l’immobilismo delle classi dirigenti di centro (si fa per dire, dimenticando Berlusconi), una nuova possibile sede di minacce alla democrazia. Ma allora per quale motivo in Europa la rivolta sociale ancora non succede?
Provo a suggerirne uno che mi è stato ispirato ritrovando queste rime satiriche di Matteo Boiardo, scritte nel 1453: «Così colui, del colpo non accorto, andava combattendo ed era morto». Mi è sembrata una perfetta metafora di quel che accade alle classi dirigenti dell’Unione europea, le quali si credono ancora vive perché combattono nei vari paesi membri la depressione economica, la crisi della politica e l’esilio della democrazia, senza però essersi accorte di un cambiamento per colpa del quale, invece, sono (metaforicamente) morte. Si chiama “globalizzazione” e non investe solo l’Europa, perché “globali” sono diventate ovunque la politica, la società e l’economia, mentre le nazioni occidentali, da quelle piccole della Ue ai grandi Stati Uniti, tutte fingono di possedere ancora le rispettive sovranità e democrazia, che invece sono ormai in gran parte in esilio nelle gigantesche banche di affari di Wall Street che con i loro “rating” possono preoccupare Barack Obama più della Cina. E quindi lo “straordinario cambiamento geopolitico, tecnologico e demografico del mondo” di cui parla il Governatore Visco, è proprio la globalizzazione, alla quale non riesce a rispondere non solo l’Italia, ma l’Europa intera. Ed è a causa sua che sono, sempre metaforicamente, “morti” sia gli apparati politici “nazionali”, sia le ricette di stabilità monetaria “nazionali” e sia la lotta per le democrazie “nazionali”. Perché non ci si era accorti che nel frattempo il potere globale stava inghiottendo le Nazioni appropriandosi dei loro passati poteri.
Ecco forse perché non scoppia la rivolta. Perché invece potrebbero essersene accorti i popoli, la gente, i giovani che non hanno futuro, avendo capito che contro il potere globale le rivolte sociali sono ormai impotenti, a meno che anch’esse non diventino almeno sovranazionali. I primissimi tentativi di “occupazione” ci sono stati, ma le nostre “morte” classi dirigenti se ne sono disinteressate, perché certo non se n’erano accorte.