Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  giugno 19 Mercoledì calendario

DAI CONTI CORRENTI ALLO SHOPPING COSÌ LA GUERRA AI FURBETTI DEL FISCO APRE LA CASSAFORTE DEI NOSTRI SEGRETI

MILANO — Spie, a modo loro, sì. Ma con la stella di sceriffo sul petto. E impegnate 24 ore su 24 — macinando 34 milioni di dati al secondo — per salvare il Paese. A costo di rovistare tra i segreti che gli italiani custodiscono più gelosamente. L’armata degli 007 del fisco tricolore è un esercito al silicio con una potenza di fuoco di un milione di miliardi di byte: i suoi soldati sono 1.500 server, software con il dono della veggenza e 3 grandi “cervelloni” custoditi su mandato del ministero delle Finanze nei sotterranei gelidi della Sogei, vicino alla Laurentina, periferia di Roma. Il loro compito? Smascherare potenziali evasori, passando al setaccio migliaia di file in codice binario, registrando con pazienza certosina (come solo le macchine sanno fare) saldi di conti correnti, acquirenti di Panda, Suv e yacht di lusso, patrimoni immobiliari e utenze di gas luce ed acqua.
Il nome in codice di questi super-agenti dell’anagrafe tributaria — non per niente siamo in clima da spy-story — è Ser. p. i. co, Servizi per i contribuenti, come il vecchio poliziotto newyorchese. E Serpico sa tutto di noi: quanto guadagniamo, che macchina abbiamo, se bollo e assicurazione sono stati pagati, quanto è costata la collana di perle nere delle isole Cook regalata alla mamma. Più, da metà 2013, saldi e movimenti complessivi dei nostri conti in banca. Un Grande Fratello, certo. Ma l’unico, nel mondo un po’ misterioso di Big Data, ad operare marcato ad uomo dal Garante della privacy («tutti i dati sono anonimi ed elaborati senza intervento umano», garantisce Cristiano Cannarsa, numero uno di Sogei) e — soprattutto — a fin di bene, come un’Onlus in versione 007. Obiettivo: recuperare un euro alla volta quei 120 miliardi sottratti ogni dodici mesi dagli evasori all’erario, cifra che da sola basterebbe a cancellare in 15 anni tutto il debito pubblico tricolore.
Il bazooka del fisco
Spesometro, redditometro, studi di settore. Tutti gli strumenti anti-elusivi dello Stato attingono a piene mani all’arsenale di informazioni tributarie raccolte da Serpico, l’arma letale con cui il Tesoro conta di sparigliare la partita con i furbetti del fisco.
Ma come funziona il super-cervellone dell’Agenzia delle entrate? Chi può accederci? Che risultati dà? E che garanzie abbiamo sul rispetto della privacy e sulle barriere anti-intrusioni dei pirati del Web? Andiamo per ordine. Ad alimentare i circuiti elettronici dei 1.500 server è un fiume di informazioni in arrivo da 300 banche dati — tra cui catasto (con l’identikit di 67 milioni di immobili), motorizzazione, anagrafe, registro navale — e da 10mila enti pubblici. Notizie cui si sommano tutte le operazioni fatte usando il codice fiscale, le polizze assicurative, le iscrizioni in palestra, le spese sopra i mille euro e, con l’anagrafe dei conti correnti, anche il saldo dei nostri investimenti e dei conti in banca e il totale (solo quello) dei rapporti dare e avere annuali.
Questa valanga di dati “riservati” tradotti in anonimi “0” e “1” del codice binario oppure “xml” vengono letti ed elaborati da tre grandi mainframe «di ultima generazione, affidabili al 99,9% periodico e dotati di un sistema “gemello” di disaster recovery per gestire le emergenze» garantisce Cannarsa. I cervelloni li impastano, affiancano a ogni codice fiscale le relative voci “pescate” nel cuore pulsante di Serpico. E quando verificano scostamenti significativi tra il nostro tenore di vita e il nostro 740, inviano un allarme agli ispettori del fisco. Dati ufficiali non ce ne sono, ma si tratterebbe di decine di migliaia di segnalazioni all’anno. Vere e proprie “verifiche intelligenti” guidate da algoritmi e software ad hoc. calibrati per colpire in modo mirato — per quanto possibile — i pesci più grossi.
L’identikit del contribuente
A questo punto, per la prima volta, entra davvero in campo il fattore umano. L’Agenzia delle entrate, ricevuto l’allerta, affida ai suoi ispettori (e poi a Equitalia) il compito di scegliere i casi prioritari su cui avviare gli accertamenti.
Come si fa? Per prima cosa si può approfondire la ricerca. È facilissimo. Basta digitare nome e cognome o partita Iva del contribuente interessato sulla home page azzurrina del sistema e «istantaneamente», come dice orgoglioso il numero uno Sogei, appare una fotografia finanziaria precisa al centesimo della sua vita: ci sono case e auto di proprietà, iscrizione in palestra, spese più consistenti, bollette e le ultime cinque dichiarazioni dei redditi, investimenti e saldo del conto corrente e dell’eventuale conto per il gioco online. Una delicatissima e sofisticata biografia patrimoniale sulla cui base può partire una richiesta di chiarimenti al diretto interessato in vista di un’eventuale indagine finanziaria.
Questa carta d’identità elettronica, come ovvio, non è a disposizione di tutti: «A queste applicazioni possono accedere solo pochi funzionari delle Agenzie abilitati con diversi livelli di autorizzazione i cui accessi sono registrati e consultabili su richiesta, nel pieno rispetto delle indicazioni ricevute dall’Authority per la protezione della privacy », assicura Cannarsa. Ogni ingresso nel sistema viene monitorato e registrato. Si sa chi lo fa, quando e cosa cerca. E il garante vigila su tutto il processo. Come ha fatto di recente obbligando a costruire un canale di comunicazione “ad hoc” super-blindato (il Sid) per il trasferimento delle informazioni sui conti correnti e sui rapporti di investimento con istituzioni finanziarie. E mettendo una scadenza come uno yogurt alle informazioni raccolte nell’archivio, per evitare abusi.
Il bottino degli 007
Serpico deve ancora completare il suo arsenale. Ma dal 2007 ad oggi, grazie anche all’occhio lungo degli 007 virtuali del fisco, i soldi recuperati dall’Agenzia delle Entrate sono quasi raddoppiati a 12,5 miliardi l’anno e il lavoro di questi 007 computerizzati ha moltiplicato per due l’efficacia “chirurgica” del redditometro. Una manna per l’Agenzia delle Entrate costretta come tutte le realtà governative a una cura dimagrante imposta dalla spending review.
«L’utilizzo delle banche dati ci ha permesso di recuperare più imposte a fronte di un minor numero di accertamenti», ha spiegato pochi giorni fa il direttore Attilio Befera in audizione parlamentare. Non solo: una volta individuati “bersagli” credibili grazie alle valutazioni analitiche dei software dell’anagrafe tributarie, è molto più facile (e soprattutto più rapido) per il Tesoro definire il contenzioso con un patteggiamento, senza lungaggini e bracci di ferro costosi pure per il contribuente: solo nel 2012 ben 245mila accertamenti sono stati chiusi con una transazione tra le parti senza andare per vie legali con un incasso di 3,6 miliardi. Buona parte dei quali farina del sacco del “bunker” nel sottosuolo della Laurentina.
L’arma segreta di Equitalia
La vera svolta potrebbe arrivare quando, questione di mesi, si potrà incrociare alla miniera d’oro del cervellone della Sogei anche la radiografia dei conti in banca, una novità che secondo Maria Pia Protano, capo settore accertamento, potrebbe garantire «un aumento del 40% degli incassi».
Oppure quando Equitalia metterà in azione il suo ultimo gioiello: Palantir, probabilmente il più potente software in circolazione per rivoltare da cima a fondo un database. È quello che la Nsa statunitense utilizza per i tabulati forniti da Verizon, al centro dello scandalo datagate.
Palantir — il cui capotecnico è un’ex dipendente Nsa — si chiama come la «pietra veggente» del Signore degli Anelli, è stato creato e sviluppato da Ebay, PayPal e da un fondo di investimento della Cia. Fa visual analysis come Serpico, cioè visualizza tutti i dati di milioni di persone: anagrafici, immobiliari, fiscali. Tutti. Li incrocia utilizzando algoritmi di ultima generazione per scoprire relazioni invisibili. Non ha limiti di quantità e di quantità dei dati inseribili.
Equitalia, che ha un database di 40 milioni di contribuenti con tutte le informazioni sulle riscossioni degli enti pubblici (pagamenti effettuati, iscrizioni a ruolo, multe, cartelle esattoriali), lo utilizza per scoprire elusioni e frodi interne. Fatto lavorare sull’intera anagrafe tributaria, può rintracciare le scatole cinesi, le intestazioni fittizie di beni e società, le «triangolazioni societarie» possibili per evadere le tasse. Uno strumento di indagine potentissimo ma anche molto costoso (secondo alcune fonti informate, si parte da un prezzo base di 8-10 milioni di euro), tant’è che al momento Equitalia non ha ancora deciso se acquistarlo o no. In Italia è in uso dal 2009 anche ai carabinieri del Ros per rintracciare relazioni tra soggetti indagati in diverse inchieste, portate avanti dalle procure, senza violare il segreto istruttorio.
I bachi del sistema
Per far davvero lavorare a pieno regime la macchina acchiappa-evasori dello Stato, però, c’è ancora qualche passo da fare. Serpico funziona come un orologio svizzero. Il problema, come emerso dall’indagine della Commissione di Vigilanza sull’Anagrafe tributaria, è l’attendibilità e l’uniformità delle informazioni immesse dalle banche dati esterne «che hanno scarse capacità di dialogo tra loro». E un granello di sabbia può da solo inceppare il sistema.
Il rapporto finale presentato alla Camera dei Deputati segnala tra queste macro-storture da Guinness qualche caso limite: basta che il numero civico della via non sia in un’apposita casella separata per rendere i dati di lettura complessa. Basta un “De” maiuscolo invece che minuscolo nel cognome per mandare in tilt i neuroni informatici dei mainframe.
Sogei, Agenzia delle Entrate e Tesoro stanno facendo un ciclopico lavoro per omologare le comunicazioni. Anche in vista degli scambi di informazioni con le grandi banche degli altri paesi approvate ieri dal G8. Ma non è facile. Ci sono i nodi difficili ad sciogliere come le nascite mai registrate, i Comuni poco digitalizzati, cognomi stranieri di difficile grafia. O casi estremi come i morti fiscalmente viventi. In Italia abbiamo 90 milioni di codici fiscali di cui 17,5 milioni si stima in capo a defunti. E da loro, pure per un cervellone raffinato come Serpico, è difficile recuperare anche solo un euro di tasse arretrate.

(4 — continua)