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 2013  giugno 19 Mercoledì calendario

DAL MAROCCO ALLA CECENIA, L’ORIZZONTE DEL MALE DI IBRAHIM

Si era convertito all’Islam, spiegava, «per motivi profondi che non si possono riassumere in breve, ma posso dire che ora la mia vita è cambiata sia dal punto di vista pratico che dottrinale e ho delle prospettive che prima non avevo». Una scelta totalizzante, quella di Giuliano Delnevo. Ora il suo nome è al centro di un’indagine della Procura di Genova, condotta dal pm Silvio Franz, insieme con quelli di un altro italiano e alcuni stranieri, per il reato di arruolamento con finalità di terrorismo. Un fascicolo, dice il procuratore capo Michele di Lecce, aperto da tempo, ramo di un’inchiesta più ampia, in corso da almeno un anno. Delnevo, diventato Ibrahim, era monitorato da mesi. Era stato spesso in Marocco, dove aveva anche trovato l’amore, sposandosi con una giovane donna rigidamente osservante. Durante un viaggio in Cecenia aveva conosciuto un gruppo di guerriglieri e decise di passare all’azione (il simbolo del Kavkaz Center, un’agenzia di informazione fondamentalista cecena, appare sulla sua Liguristan tv di propaganda islamica su Youtube), probabilmente aveva frequentato all’estero un campo di addestramento. Arrivato in Turchia, una prima volta non era riuscito a passare il confine con la Siria. La seconda sì.

«Un lupo solitario» viene definito dagli investigatori il giovane che si era convertito nel 2008 ad Ancona. Aveva imparato l’arabo. Tra le foto postate di recente sulla sua pagina facebook quella di Abd Allah Yusuf al-Azzam, il fondamentalista al quale si ispirò Osama bin Laden e al quale al Qaeda ha intitolato alcuni suoi gruppi militanti. «Così scrive Abdullah Azzam: siamo terroristi e il terrore è un obbligo nel credo di Allah» è una delle frasi dell’anno scorso. I suoi video riguardano letture delle sure coraniche in arabo, lezioni su testi del teologo Muhammad Zakariya Kandhalawi e qualche invettiva rivolta soprattutto a coloro che offendono e dileggiano la religione dell’Islam e che Delnevo chiama «criminali» e «maledetti».

«Lasciatemi in pace» si trincera la madre, Eva, minuta insegnante di francese in pensione, che non risponde né al telefono né al campanello dell’appartemento ristrutturato nel centro storico. Nessuno apre nemmeno dove abita il padre, nella zona del Carmine, accando alla chiesa da cui fu allontanato il prete scomodo Don Gallo. Fino al 2010 abitavano tutti insieme nell’elegante quartiere di Castelletto. Giuliano aveva frequentato l’istituto Einaudi Casaregis, diplomandosi solo tre anni fa, poi si era iscritto all’Università scegliendo Storia, ma senza sostenere alcun esame. Nel frattempo avveniva la trasformazione. «Ha cominciato prima con i vestiti, la tunica bianca, i sandali anche d’inverno, il copricapo - ricorda una ex vicina di casa - Poi si è fatto crescere la barba». E’ l’abbigliamento sufi (il sufismo è l’essenza mistica dell’Islam), con il carattestico cappello, il kizilbas a cono. Lo ricorda molto diverso, ancora in abbigliamento occidentale, anche se con la barba, il professor Toni D’Elia, che lo aveva seguito in un corso serale di preparazione alla maturità, poi conseguita in un istituto privato. «Si assentava per le preghiere, ma ne ricordo la grande ironia con cui affrontava tutti gli argomenti di discussione. Non aveva voglia di studiare, prendeva pochi appunti, allora interveniva la madre, che lo seguiva molto, e glieli procurava».

Ibrahim era gentile, ma capace di chiedere al gelataio sotto casa di eliminare i gusti alcoolici, perché «fanno male». Nella sala di preghiera vicina, in vico Amandorla, andava a pregare con altri tre come lui, italiani convertiti. Ma non conduceva una vita all’interno della comunità, né aveva frequentazione con i fratelli di religione, neppure in moschea. «Non è mai stato visto nei luoghi di preghiera di Genova» conferma Elzir Ezzadine, l’iman di Firenze che è anche presidente italiano dell’Ucoii. «Non appena ho avuto notizia della morte di un musulmano italiano in Siria ho subito contattato la comunità genovese - racconta - ma mi è stato riferito che lo conoscevano solo di vista». E se per quanto riguarda la professione religiosa del giovane genovese, Ezzadine rimanda al sito Internet di Ibrhaim limitandosi a dire «mi sembra che si sia sviluppata soprattutto attraverso Internet», alla domanda su un eventuale proselitismo in Europa circa il conflitto siriano, risponde deciso: «Noi invitiamo i musulmani a non andare assolutamente in Siria ma, eventualmente, a promuovere aiuti umanitari dall’Italia».