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 2013  giugno 16 Domenica calendario

IL NUCLEARE ACCENDE L’ECONOMIA VUOI VEDERE CHE HA RAGIONE ABE

Siamo realisti, dell’ener­gi­a nucleare non si può fa­re a meno. É il messaggio che arriva dal Giappone dove il primo ministro Shinzo Abe ha appena varato un documento programmatico per stimolare l’economia che prevede appun­to la riaccensio­ne degli impian­ti nucleari dopo attenta verifica del loro stato basata su nuove re­gole che verranno rilasciate in luglio. É una svolta radicale, e anche sorprendente, dopo che l’anno scorso l’allora governo guidato dal Partito Democrati­co era andato vicino alla chiusu­ra definitiva di tutte le centrali, come conseguenza del grave in­cidente di Fukushima del 2011.
Attualmente sui 50 reattori pre­senti in Giappone soltanto due sono funzionanti, nella prefet­tura di Fukui, ma l’intenzione del governo è già stata raccolta dalla Kepco, ente energetico giapponese, che ha annuncia­to la richiesta di riaccensione di quattro reattori.
La decisione di Abe è molto pragmatica: da quando è torna­to alla guida del governo lo scor­so dicembre si è concentrato sull’economia, in fase di stagna­zione ormai da venti anni, e ha varato un programma aggressi­vo che si fonda su tre pilastri: po­litica monetaria espansiva, un massiccio stimolo fiscale e rifor­me strutturali per rilanciare l’economia. La nuova opzione nucleare è parte del terzo pila­stro. Abe va di fretta, non solo per la gravità della crisi giappo­nese ma anche perché ci si aspetta dei segnali di inversio­ne di tendenza nel breve termi­ne, visto che le prossime elezio­ni­ dovranno tenersi questa esta­te, forse già il 21 luglio. Se il Parti­to Liberal Democratico di Abe conquisterà la maggioranza al­lora il ritorno del nucleare sarà certo.
Il motivo è tutto nei numeri: da quando sono stati fermati gli impianti nucleari dopo Fukushima, i prezzi dell’ energia sono aumen­tati a dismisura, e il costo generale per l’economia nippo­nica è stimato a 13 miliardi di dollari l’anno. Il Giappone non ha ri­sorse naturali e oggi si trova a importare l’84% dell’energia di cui ha bisogno per soddisfare la propria domanda. E in attesa di poter sfruttare nuove tecnolo­gie per sfruttare le riserve di gas naturale dai fondali dell’Ocea­no circostante, intanto si ritrova a essere il maggior importa­tore mondiale di gas naturale liquido, il se­condo importato­re di carbone e il terzo dopo Sta­ti Uniti e Cina ­di petrolio. Il che mette a rischio tutti gli sforzi di rilanciare l’economia già promossi con una forte immissione di denaro in circolazione e l’aumento del­la spesa pubblica.
Il principale nemico dell’eco­nomia giapponese è la deflazione, la costante discesa dei prez­zi che spinge a postic­ipare i con­sumi in previsione di prezzi an­cora più bassi. Questo a sua vol­ta ha effetti negativi sul debito, arrivato ormai a circa il 200% del Pil. É una spirale negativa che in Giappone dura ormai da quindici anni e Abe ha deciso di dire stop attraverso una politi­ca economica molto aggressiva, che sfida anche le scelte del­le altre economie sviluppate.
Il primo effetto delle decisio­ni di Abe ha già prodotto un for­te indebolimento dello yen (in 5 mesi si è deprezzato di quasi il 20%, passando dagli 80 yen per dollaro dello scorso novembre ai circa 100 attuali), con conse­guente aumento dell’export. Il governo inoltre ha l’obiettivo di raggiungere un tasso di inflazio­ne annuo del 2% da mantenere costante nel tempo. Per il mo­men­to Abe ha ottenuto un’aper­tura di credito dal Fondo Mone­tario, che - pur avvertendo dei rischi - ha stimato per il 2013 una crescita dell’economia dell’1,6% e considera la «Abenomics» (così è stata definita la po­litica economica di Abe) «una opportunità unica di fermare la deflazione e la stagnazione e far scendere il debito pubbli­co».
Ma uno yen debole significa anche costi maggiori per le importazioni, in primis dell’ener­gia di cui il Giappone ha biso­gno. Da qui la necessità di ridur­re le importazio­ni e i costi attra­verso l’unica strada attualmen­te percorribile: la riaccensione dei reattori nucleari.