Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  giugno 16 Domenica calendario

MA LETTA CE L’HA IL QUID?

Godo sessualmente, e non mi capita spesso, per il disvelamento del­la ciucaggine dei grillini. Queste baruffe senza senso, questa de­composizione dell’identità così rapida e tanto chiaramente ine­vitabile, almeno per me. Queste espulsioni demenziali, minac­ciate, realizzate, di gentucola che va ai talk show senza il per­messo della maestra o che vuole andare a sinistra e fare tà-tà-Ro­dotà per convenzione e confor­mismo, e altra gente che alla diaria ci tiene, e lo scontrino lo perde. Questi capigruppo inadatti ad alcunché, visti mentre ruotano come un comitatino di salute pubblica ammala­to di nichilismo, uno o due ogni tre mesi, in mezzo a coorti parlamentari che il pa­ese finora ha conosciuto solo per la loro mediocrità ridicola. C’è invero qualco­sa di osceno nel piacere che trasmette la realizzazione del piano Grillo-Casaleg­gio, uno vale uno, e vaffanculo, e Gaia e la selezione della classe dirigente con un clic sul blog giusto, e quelle cifre grottesche di piccole minoranze di attivisti senza cervello e senza nerbo, senza sto­ria e senza passione, che si ritrovano nel Castello parlamentare a fare gli spazza­camini e si fanno vedere tutti sporchi di fuliggine, accecati dalla prevedibilità e dall’irrilevanza: doveva essere la gran­de rivoluzione della rete, intesa come nuovo suffragio universale diretto, il su­per­amento del liberalismo rappresenta­tivo che si considerava posticcio, inadat­to ai tempi reali del web. Oppure, secon­do Ernesto Galli della Loggia in un me­morabile fondo post elettorale del Cor­riere della sera, doveva essere, quello a Grillo, un voto provocatorio, come il par­teggiare per Craxi addirittura, contro le statue di cera della Repubblica di parti­ti. Ma vaffanculo, come direbbe Grillo, che pare voglia andare in vacanza in Ke­nia, ma definitivamente.
E intanto, perfino in un governo senza palle come quello che fino ad ora ci ha fatto vedere il Nipote, c’è gente come Ste­fano Fassina che, in combutta con Rena­to Brunetta, sposta in là il demenziale au­mento di un punto di Iva, e si occupa un po’, almeno un po’, dei fatti nostri. Per adesso, aspettando il braccio di ferro del premier con qualcuno, in nome dell’in­teresse generale del paese che le videoconferenze con Obama e gli Erasmus della disoccupazione giovanile aiutano fino a un certo punto, lo sprofondamento nel comico involontario di Grillo, Casaleggio e grillini tutti è la notizia più fre­sca e autentica del XXI secolo avanzan­te: la società civile rinvenibile sul web, senza partiti e leader politici seri a coor­dinarla, educarla, istruirla, dirigerla, è una boiata pazzesca. È un’invenzione inautentica, l’incubo di un attore anno­iato ­a fine carriera e di un misterioso bu­sinessman e della sua start up senza sto­ria e memoria, una cosa su cui solo noi italiani nel nostro poderoso cinismo po­tevamo impegnare per un momento ot­to milioni di inutili voti, come gli otto mi­lioni di baionette evocati dal Duce ai suoi tempi. Ma davvero qualcuno ha cre­duto che la promessa, mantenuta, di re­stituire 42 milioni di finanziamento pub­blico della politica, e di tagliarsi le inden­nità di carica e la diaria, fosse abbastan­za per candidarsi alla guida di un Paese che è il secondo produttore manifattu­riero d’Europa, l’ottava potenza indu­striale del mondo, e la sede di una cultu­ra politica secolare se non millenaria? L’Italia rovesciata come una calza da una banda di sfigati: questa non l’aveva­mo ancora sentita, nonostante tanti bi­vacchi demagogici del passato.
Ora però che governo e maggioranza non si seggano in attesa ciascuno dei propri comodi. Il Nipote deve capire che senza un compito politico chiaro un governo è un flatus vocis. Monti il compi­to lo aveva e lo ha realizzato: castigarci severamente.
Vabbè, la strategia non era esente da pecche, mende ed errori, ma era un mo­do necessario di affrontare l’emergenza con un governo di unità nazionale coat­ta e il condizionamento attivo dell’Euro­pa ridens dei franco­ tedeschi che ci ave­vano sputtanati e sfregiati nel famoso vertice a due, ma era una strategia. Qui del governo Letta non si capisce il busil­lis, il quid. Se è solo necessità, effetto del­la ramanzina di Napolitano alle Came­re, avrà vita breve e stentata, farà rim­piangere molto presto Fornero e Grilli, altro che. Non è che Letta se la può cava­re con due chiacchiere sulla camorra, a Palazzo Chigi con l’inutile Saviano. La leadership non era un’ameba, nemme­no ai tempi della Dc. Andreatta maestro e patron del Nipote, come Andreotti o Fanfani, aveva molti difetti, ma non quello della mancanza di volontà e della visione. Metta gli occhiali della politica, Letta, si distragga un momento dai pro­blemi di immagine moderata e dagli equilibri interni del Pd, faccia quel che la sorte gli ha attribuito: dia un senso al governo del Paese e a questa immensa maggioranza che si ritrova. Prenda esempio da Antoni Samaras, il premier greco che magari farà una brutta fine, ma per adesso scala gli indici di fattività e popolarità alla testa di un governo di unità nazionale, sfida gli scioperi gene­rali per i puffi televisivi a spese dello Sta­to, e cerca di accompagnare con azioni sensate la ripresina in corso dell’econo­mia greca. C’è sempre da imparare da qualcuno, caro Enrico.