Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  giugno 18 Martedì calendario

NEL 2013 CINQUE EURO, POI DIECI. ECCO I RISPARMI SULLA BOLLETTA —

Quattro-cinque euro annui in meno sulla bolletta della luce del 2013, il doppio l’anno prossimo. Tanto dovrebbe valere per le famiglie italiane (che ogni anno pagano in media 511 euro di luce) la riduzione, pari a 550 milioni, del prezzo dell’energia elettrica, deliberata dal governo Letta nel decreto «Fare».
Il condizionale è d’obbligo, visto che ieri i tecnici dei ministeri competenti erano ancora al lavoro per «cifrare» il decreto e nelle ultime ore è circolata l’indiscrezione di 150 milioni di euro, di cui ora dispone l’Erario, provenienti dalla cosiddetta componente A2 della bolletta (oneri per la messa in sicurezza del nucleare), e che potrebbero essere destinati al taglio delle bollette. Se queste risorse fossero risorse aggiuntive, genererebbero un ulteriore sconto quest’anno di due euro, ma potrebbero anche essere soltanto sostitutive di qualche altra voce.
Pericolo in vista. Il piccolo risparmio, messo a punto dal governo, potrebbe però essere totalmente vanificato se l’esecutivo concederà, con un imminente provvedimento, gli sconti previsti dal governo Monti alle imprese energivore, che valgono esattamente 600 milioni e che ricadrebbero sulle bollette degli italiani.
La Robin tax. Ma andiamo per ordine. Il decreto «Fare», nella versione entrata in Consiglio dei ministri sabato scorso, prevedeva un mix di misure per ridurre il prezzo dell’energia elettrica. Si partiva dall’estensione della Robin tax dalle imprese che producono energia da fonti rinnovabili con ricavi superiori a 10 milioni di euro e un reddito imponibile a un milione di euro a quelle con ricavi superiori a 500 mila euro e un imponibile superiore a 80 mila euro. Proprio questa norma sarebbe saltata perché l’intento del governo sarebbe quello di fare una riflessione più ampia sul tema delle rinnovabili.
L’olio di palma. Quello che invece nel decreto c’è ancora e produrrebbe risparmi per 300 milioni di euro è il blocco della maggiorazione dal 15% al 40% degli incentivi concessi agli impianti alimentati a bioliquidi (olio di palma). Un aumento che era previsto dovesse scattare dal primo gennaio, ma per il quale l’ex ministro dello Sviluppo economico, Corrado Passera, perplesso sulla misura, non aveva emanato il decreto ministeriale. Tuttavia l’Autorità per l’Energia, tenendo presente il dettato legislativo, aveva già iniziato a computare sulla bolletta elettrica il costo della maggiorazione di quegli incentivi. Il fatto che ora il decreto «Fare» la blocchi, non significa dunque un taglio della bolletta ma un mancato aumento.
Rinnovabili e assimilate. L’altro capitolo su cui il governo è intervenuto è quello che passa sotto il nome di Cip6, il meccanismo, introdotto nel ’92, per incentivare la produzione di energia elettrica privata attraverso le fonti rinnovabili e le assimilate, cioè quelle derivanti da processi industriali come la chimica, la siderurgia, la raffinazione del petrolio. Questa categoria ha assunto un peso in termini economici vieppiù crescente: l’onere in bolletta ha toccato gli 89 euro l’anno, di cui due terzi per le assimilate. Gli impianti di rinnovabili e assimilati ricevono una remunerazione per chilowattora determinata dalla tecnologia e dai «costi evitati», cioè dal valore del quantitativo di gas la cui produzione è stata sostituita. Questo valore si è calcolato per anni in base all’andamento del prezzo del gas dei contratti take or pay, più di recente essendo state limitate le quote di contratti di questo tipo, l’Autorità per l’Energia, guidata da Guido Bortoni, ha raccomandato di cambiare parametro e di adeguarsi ai prezzi di mercato. Un suggerimento inviato al governo Monti nel dicembre 2012 che non è stato seguito ma che oggi il governo Letta ha fatto proprio. Ma non da subito.
Le due fasi. Il regime che si individua leggendo l’ultima versione del decreto circolata, distingue una fase di graduale adeguamento, che si svolgerà quest’anno, da una fase di pieno regime, nel 2014. Ecco perché il risparmio previsto nel 2013 non è di 500 milioni, ma della metà, con le conseguenze sulla bolletta annua che abbiamo detto: 4-5 euro, che raddoppieranno l’anno prossimo.
Si mantiene ancora sul vago, circa gli effetti del decreto, il presidente dell’Autorità per l’Energia, che ieri ha detto di voler aspettare a leggere il testo del decreto del governo ma ha sottolineato che, per quanto riguarda l’energia «si va nella direzione giusta. Come va nella direzione giusta l’intervento sul Cip6 perché, come già segnalato da noi, è cambiato il prezzo del gas, quindi è giusto ridurre gli incentivi, ora dobbiamo vedere con che intensità».
Bortoni ha poi aggiunto che nel decreto ci dovrebbe essere una riduzione della componente A2 della bolletta per un minor prelievo per gli smantellamenti nucleari.
Gli energivori. C’è infine un aumento in vista per le bollette che andrebbe evitato per evitare di vanificare i provvedimenti del decreto «Fare»: è quello legato alle agevolazioni alle imprese energivore, che costerebbe 600 milioni. Bortoni ieri ha spiegato che sta collaborando con il governo per l’applicazione di queste agevolazioni: «Ora aspettiamo la discussione. Condividiamo le agevolazioni per le imprese che hanno un alto costo dell’energia, ma deve essere fatto in modo molto selettivo» ha raccomandato.
Antonella Baccaro