Chiara Caprio e Giorgio Viscardini, Vice.com 18/6/2013, 18 giugno 2013
OPERAZIONE FUMO NEGLI OCCHI
La carta igienica non è tutta uguale: c’è quella morbida, c’è il doppio-rotolo, c’è quella solubile e quella spessa. Se hai a che fare con la merda ogni giorno, e dalla merda devi separare degli ovuli pieni di cocaina, la morbidezza non è assolutamente richiesta, ma la consistenza è importante. Se è troppo solubile porta tutto a valle, se è troppo spessa intasa. A Malpensa, dove di merda e di carta igienica se ne occupano per fermare i trafficanti di droga, sono diventati dei professionisti del rotolo.
Mirko Monti è un pubblico ministero a Busto Arsizio e la sua area di interesse copre gli insulti razzisti delle squadre di calcio, i suicidi in carcere, le ‘Ndrine lombarde e i doppi fondi delle valigie di Malpensa. L’abbiamo incontrato per parlare del sovraffollamento delle carceri, ma finiamo a discutere per un’ora di droga, narcotraffico e controlli di sicurezza. Il carcere di Busto è il secondo in Italia per sovraffollamento e la colpa è tutta di Malpensa, delle nuove leggi e di un sistema che funziona anche troppo. Monti ci spiega che a Malpensa fermano tantissima droga, mentre a Linate e Orio no, e che se uno vuole mettere su un bel traffico può cominciare da lì.
A Malpensa infatti passano traffici di tutti i tipi, nazionali e internazionali. La maggior parte dei fermi avvengono sulle tratte più a rischio, come quelle sudamericane. Negli altri aeroporti è più o meno la stessa cosa ma con alcune differenze. “A Bergamo ci sono molti meno finanzieri rispetto a Malpensa, e questo pesa sui controlli,” ci spiega Mirko. Mentre a Linate sono occupati a fare accoglienza, “come mi hanno riferito: la sicurezza dell’aeroporto spesso deve assolvere a incombenze di cui altri aeroporti non si devono occupare, e questo prende molto tempo.” Le “incombenze” sono nello specifico, politici, ambasciatori o personaggi famosi. “Linate è l’aeroporto cittadino e, se qualcuno arriva, arriva lì. D’altra parte su Malpensa il traffico di droga è diminuito, in parte per la crisi che ha ridotto il numero di voli, ma probabilmente anche perché si è venuto sapere che i controlli sono diventati più stringenti.” E la criminalità organizzata punta su altre destinazioni, “come Linate, appunto, Bergamo, ma anche Lugano.” Usciamo e non riusciamo a smettere di parlarne. Vogliamo saperne di più, così decidiamo di replicare la nostra gita in Brianza, questa volta andando nel cuore del problema, a Malpensa.
Nel centro di comando di Somma Lombardo ci sono il Colonnello Luigi Macchia e il Capitano Dario Ridolfo, rispettivamente capo e secondo della Guardia di Finanza del gruppo Malpensa.
Ridolfo ci garantisce che siamo stati controllati e hanno appurato che non siamo terroristi, “a meno che non tiriate fuori un coltello.” Seguiamo le linee tratteggiate della pista di atterraggio e decollo e giriamo un po’ tra i terminal. “Il 2 è il vecchio terminal, se non fosse stato per EasyJet adesso sarebbe chiuso. È un po’ più piccolo ma è messo abbastanza bene. La struttura detentiva-sanitaria si trova qui, anche se la maggior parte dei fermi viene fatta nel Terminal 1.” Ci dirigiamo al Terminal 2, verso l’Area S1, l’unica struttura aeroportuale in Europa ad avere all’interno delle stesse quattro mura un centro detentivo e un centro sanitario attrezzati e funzionanti. Se durante i controlli venite fermati e c’è il rischio che siate ovulatori—in pratica se vi siete ingozzati di ovuli di droga—, vi prendono e vi portano qui. Venite esaminati e, se siete colpevoli, ci restate fino all’evacuazione di tutto quello che avete. In media ci si mette una settimana e per farlo avete a disposizione celle, un bagno e il silenzio di un aeroporto vuoto nelle ore notturne. “SEA—che gestisce Malpensa e Linate—ha dovuto costruirla nel Terminal 2. Il Terminal 1 è molto richiesto per le attività commerciali e la S1 è costata più di mezzo milione di euro: pretendere il Terminal 1 sarebbe stato troppo.”
La struttura si trova nello stanzone del ritiro bagagli. Ridolfo ci dice di non dire niente. All’interno ci sono due agenti della polizia penitenziaria e ultimamente si sono lamentati degli “esterni”. Non amano le foto, ma non è un problema: “Non vi preoccupate, adesso distraiamo la penitenziaria e li mandiamo a prendere un caffè. Operazione ‘Fumo negli occhi.’” La struttura ha i pannelli provvisori di una cabina elettorale, e Ridolfo ci spiega che il loro modello di riferimento è l’aeroporto di Amsterdam, avanguardia nei controlli aeroportuali. “A differenza degli altri noi abbiamo la presenza di personale medico dedicato.” All’interno ci sono due corridoi e una decina di stanze. Una per le radiografie, una per il bagno, una per il macchinario ‘smistamento feci-stupefacenti’ e le altre per le celle, cinque, più i ripostigli. “L’Area S1 si occupa di controllo, radiografia, visite, detenzione ed evacuazione. Abbiamo cinque posti letto, due guardie penitenziarie e il personale medico; un’infermiera quando ci sono i detenuti, come oggi, e dei tecnici di laboratorio quando si fanno le visite.” In fondo al corridoio c’è una stanza divisa in due da una parete di piastrelle bianche: da una parte un enorme gabinetto in acciaio e dall’altra un macchinario grigio con dei tubi e dei cassetti.
“Si fa evacuare qui dentro. Tutto quello che viene fuori finisce qui, poi usiamo i detergenti e separiamo le sostanze dal resto. L’abbattimento della carica batterica non è al cento per cento, altrimenti rischieremmo di incidere l’involucro, ma un minimo aiuta. Poi ti dico, la puzza rimane. Recuperata la sostanza viene fatto un narco-test.” A volte capita che la sostanza evacuata non abbia nulla a che fare con la droga. “Chi organizza i pacchi mette alla prova i percorsi, e le persone, un po’ come nei film, e allora capita che uno che ha ingoiato 40 ovuli in realtà sia pieno di farina, e nient’altro.” A quel punto il fermato dev’essere rilasciato, perché di fatto non ha commesso alcun crimine. “Però viene segnalato, non possiamo trattenerlo, ma la rotta viene ‘marcata’, tieni a mente che con l’hashish sono proprio loro, diciamo i ‘capi’, a occuparsi del trasporto, con la cocaina no, con la cocaina c’è quello che chiamano il mulo, e il suo coinvolgimento è limitato.”
Usciamo dalla struttura e riprendiamo il giro. Incontriamo Vans, il cane anti-droga del Terminal 1 Gate A e passiamo davanti all’ennesimo controllo di sicurezza, che non facciamo. “Per colpa vostra abbiamo abbassato la percentuale del controllo.” Poi arriva il momento del tecnico, che non è in divisa ed è il responsabile del sistema ACRAPAX, una sorta di archivio informatico con tutti i dati raccolti su traffici e corrieri. Come prima cosa ci tiene a precisare che “senza l’agente ai controlli facciamo ben poco.”
L’ufficio in cui si trova il reparto informatico della sicurezza di Malpensa è caldo e pieno di fascicoli cartacei. “Noi monitoriamo lo storico del corriere, creiamo un profilo, mettiamo assieme i pezzi, ma i controlli sul campo sono insostituibili.” I profili su cui lavorano cambiano di anno in anno. “C’è l’anno in cui l’ovulatore tipo è l’uomo di mezza età di nazionalità sudamericana e l’anno in cui invece è l’africano sui vent’anni che si occupa solo di cocaina. Ne sviluppiamo sempre di nuovi, ma come ti dicevo senza l’agente questi dati contano poco. Minority Report non esiste, sicuramente non qui.”
Torniamo nel centro di comando, saliamo le scale e al primo piano sulla destra entriamo nell’ufficio del Colonnello Macchia, il capo. “Malpensa è una realtà gigantesca, e in un mondo caratterizzato da volumi di traffico altissimi controllare tutto, milioni di passeggeri e milioni di merci, è utopia.” La perfezione qui non c’è, ma non è nemmeno possibile. Il controllo si basa su selezioni qualitative, “Su persone che corrispondono ai profili di trafficanti di droga o di valuta.” Di recente Malpensa ha registrato un incremento del traffico di cocaina liquida, “Una forma impossibile da individuare ai raggi X,” per vederla occorre una TAC, che costa molto e non tutti hanno. “I trafficanti lo sanno, e caricano la mano.” La cocaina è sicuramente il prodotto più importante, “Ha preso il sopravvento sull’eroina. Poi ci sono tutte le metanfetamine, anche se non ci riguardano molto. La produzione spesso viene fatta in laboratori locali, o comunque europei, soprattutto in ex-Jugoslavia, e non ha senso rischiare di essere fermati ai controlli degli aeroporti. Le metanfetamine si sequestrano molto di più sui confini terrestri.”
A Malpensa ogni anno vengono sequestrati circa 500 kg di stupefacenti, mentre vengono fermati qualcosa come 120 ovulatori, più o meno una decina al mese. Attualmente ne detengono uno, che però non possiamo incontrare né vedere da lontano, stanno ancora aspettando i risultati delle analisi. L’ovulatore-tipo è riconoscibile, anche in base all’aspetto fisico: ha il ventre accentuato, dimostra stanchezza fisica e tutta la fatica di aver ingerito fino a 40 ovuli, “glielo leggi in faccia.” Poi ci sono altri elementi: “La tipologia di viaggio, la destinazione, quando ha comprato il biglietto, con chi viaggia, cose così.” E insieme confluiscono in un sistema di profiling informatico che delinea statisticamente le caratteristiche del potenziale corriere.
“Periodicamente analizziamo anche un campione fuori dallo standard. Il trafficante non sta mai con le mani in mano, e se si accorge che gli ovulatori vengono fermati, cambia tipologia. Fermano gli uomini? Benissimo, vi mando le donne.” I metodi di occultamento sono tantissimi: protesi, passeggini, ovuli vaginali—che arrivano fino a 250 grammi. E qualcuno è più interessante degli altri. “Eccone uno sexy, ne ha parlato anche Saviano ma non ci ha citato. È quello della patata africana. È molto più grande delle nostre e ha una proprietà molto interessante: se la tagli, la svuoti e la riempi con quello che vuoi, poi puoi richiuderla, seppellirla e aspettare che si richiuda naturalmente. Quando l’abbiamo individuata non si vedeva nulla, solo tagliandola abbiamo potuto recuperare la cocaina.” Individuare questi traffici non è sempre facile, “ma fortunatamente l’avevano caricata troppo, in più il corriere, un ragazzo, portava le patate in un bagaglio a mano. Come puoi pensare di arrivare con un bagaglio a mano pieno di patate pesantissime senza essere fermato?”
Il problema però è che se da una parte il controllo è efficace, dall’altra c’è una falla. E i trafficanti ne sanno approfittare, riuscendo a far passare molta più droga di quella che viene effettivamente sequestrata. “La cocaina viene ancora prodotta per il 70 percento in Colombia, non arriva dalla Cina, arriva tutta dal Sud America e i voli arrivano solo in alcuni aeroporti.” Ma esistono gli scali. “Un ovulatore non può tenere gli ovuli per un tempo infinito e questo pesa moltissimo sul tipo di voli, rotte e scambi che può fare. Uno o due giorni è la media.” Ma gli ovulatori sono solo il tassello finale della catena, che prevede produzione, stoccaggio e trasporto. In Italia, il lavoro di distribuzione è affidato alle ‘ndrine lombarde. “Non è un segreto che in Lombardia e nell’area di Malpensa ci siano parecchie infiltrazioni calabresi, è dimostrato da vari rapporti, dalla DDA centrale alle procure locali.” La ‘Ndrangheta gestisce i traffici internazionali con i cartelli messicani e alcune organizzazioni colombiane, e in Lombardia le sue attività sono ben radicate sul territorio. “Dietro c’è tutto un mondo che va dalla prostituzione, al gioco d’azzardo, e di cui la droga è solo un tassello. Poi se sono qui, vicino a un aeroporto, un motivo c’è.” Entrare in contatto con chi nell’aeroporto ci lavora. “A Malpensa ci sono 12.000 lavoratori, non tutti sono laureati a Oxford. E in un periodo di crisi come questo non è impensabile che qualcuno ceda alla tentazione dei soldi facili.”
Il traffico coinvolge Paesi da un capo all’altro del mondo. L’osservatorio sul crimine e la droga delle Nazioni Unite ha dichiarato che nel 2011, nella sola Europa occidentale e centrale, il traffico di droga ha superato il valore di 26 miliardi di euro. Negli ultimi cinque anni il traffico di cocaina è partito soprattutto dal Sud America, dall’area atlantica, verso l’Europa—toccando Madrid, Parigi, Londra, Francoforte, Roma e Milano—e dalla rotta del Sahel, che passa per l’Africa e fa arrivare la droga in Spagna, Francia e Italia.
Abbiamo parlato con un esperto del settore, Piero Innocenti, ex questore, collaboratore ed editorialista di Narcomafie e autore di numerosi saggi sul traffico di droga in Italia e America Latina. Piero ha viaggiato in tutti i paesi produttori coinvolti nel traffico, passando anni in Colombia e Nigeria. Non nasconde un po’ di amarezza per tutto quello che ha visto e l’idea che si è fatto delle attuali politiche di contrasto al narcotraffico. La lotta contro i soldi facili e le tentazioni è fatta di strumenti inadeguati: “Ci sono molti accordi bilaterali tra i vari Paesi, ma il flusso è inarrestabile. La nostra legislazione è tutta da rivedere, a cominciare dalla legge Fini-Giovanardi, che ha semplicemente aumentato il numero dei tossicodipendenti incarcerati.“ Perché i controlli, quando ci sono, esistono e funzionano anche bene, almeno fino a quando non succede qualcosa che intoppa il meccanismo.
“Le forze di polizia sono molto specializzate, il coordinamento delle indagini nazionali e internazionali è affidato al Servizio Centrale Operativo di Roma, un servizio investigativo che opera in Europa e in paesi extra europei e ha ufficiali di collegamento in Sud America e Africa, ma è una lotta impari. I narcos hanno tanti soldi e sono in grado di corrompere politici, giudici, poliziotti. Bisognerebbe rivedere le politiche nazionali e le direttive ONU per evitare che alcuni stati diventino veri e propri narco-stati. In Nigeria, ad esempio, la situazione è drammatica. E moltissimi dei mules ovulati sono nigeriani. La corruzione è diffusissima, senza contare che gli immigrati vengono reclutati sulle coste libiche dalle autorità stesse, dai militari.” Ma la corruzione c’è anche qui. “Quando parlo di questo ovviamente mi riferisco anche all’Italia. Qui abbiamo casi di poliziotti arrestati e persone indagate per narcotraffico. Basta pensare che il generale Ganzer, ex capo dei ROS—il nucleo investigativo dei Carabinieri—oggi in pensione ma in servizio fino a sette, otto mesi fa, è stato condannato per traffico di stupefacenti. Sembrano tutte storie slegate, ma quando cominci a mettere insieme questi piccoli frammenti del puzzle ti accorgi che si traccia un quadro desolante.”
Un quadro che inizia prima di tutto dal trasporto, e dai fermi, soprattutto nei porti ma anche negli aeroporti, che come ci conferma Piero, vede Malpensa in testa con l’87 percento dei sequestri, seguito a ruota da Fiumicino e Linate. “Ovviamente bisogna considerare che la droga trasportata via aerea è solo il 20 percento del totale: l’80 percento del traffico avviene via mare.” Come ci hanno raccontato i finanzieri di Malpensa, le rotte e i metodi variano anche in base ai controlli. “Si tratta di una guerra persa in partenza. Quando i narcos si accorgono che in un determinato aeroporto i controlli si fanno più serrati, cambiano rotte e modificano la modalità di trasporto. La richiesta di droga c’è e il traffico continua nonostante tutto, è un flusso quasi inarrestabile. Tutto questo genera dei profitti non solo per le organizzazioni, ma anche per l’ingresso dei narco-dollari e i narco-euro nell’economia attuale. Stiamo parlando di soldi che fanno comodo a molte persone. E di fronte a tutto questo cosa sono le 390 persone morte per overdose in Italia l’anno scorso?” Quando ci dice questo dato Piero fa una pausa. La nostra chiacchierata termina qui. Ma prima di salutarci ci dice: “Vi scriverò. E scusatemi, ma dopo anni di tutto questo, preferisco parlare schiettamente. Spero di non avervi depresso troppo. Non è così, vero?”.