Maria Elena Vincenzi, La Repubblica 17/6/2013, 17 giugno 2013
MORO, TRENTACINQUE ANNI DOPO ANCORA TROPPI MISTERI IRRISOLTI LA PROCURA RIAPRE L’INCHIESTA
ROMA — Ci sono stati depistaggi, illazioni, piste non seguite, segnalazioni anonime. Trentacinque anni di indagini, processi e perfino condanne che, però, non sono servite a rispondere ai dubbi su cosa è accaduto davvero nei 55 giorni passati dal sequestro all’esecuzione di Aldo Moro per mano delle Brigate rosse. E ora la procura di Roma ha deciso di fare chiarezza, riaprendo le indagini sull’evento più drammatico della storia del-l’Italia repubblicana. Era il 9 maggio del 1978 quando il corpo del presidente della Dc fu trovato in via Caetani. Una vicenda che ha segnato la storia del nostro Paese. Un episodio su quale si è indagato per anni, trovando anche i colpevoli, ma senza rispondere a quesiti importanti.
La decisione di aprire un nuovo fascicolo arriva dopo decine di libri che hanno ipotizzato lotte di potere che avrebbero impedito la liberazione di Moro e quindi aperto la strada alla sua condanna a morte. Retroscena che indicano il presidente democristiano come una vittima sacrificale della scelta di non trattare o del tentativo di scongiurare un patto con il Pci. E a piazzale Clodio in questi anni sono arrivare centinaia di segnalazioni, anonime e non. Attendibili e non. Elementi ai quali la Procura ha deciso di dare un ordine.
Un mistero irrisolto. Oltre alla verità processuale che è stata accertata, infatti, molti credono che ci sia un’altra verità. Per almeno due volte gli investigatori sono arrivati a un passo dal trovare Moro. Ma quel passo non è stato fatto. Ne hanno parlato storici, avvocati, giornalisti e magistrati che hanno seguito il caso, da ultimo l’ex giudice Ferdinando Imposimato, titolare dell’inchiesta, e che nel suo libro (“I 55 giorni che hanno cambiato l’Italia”) ha descritto uno scenario i cui protagonisti sarebbero stati Cossiga e Andreotti, il primo ministro dell’Interno e il secondo presidente del Consiglio. Testimoni che non possono più essere sentiti, certo. Ma chi aveva partecipato alle operazioni c’è ancora. Ci sono gli uomini del blitz a vuoto in via Gradoli e di quello “fermato all’ultimo minuto” in via Montalcini, il covo che era stato individuato dall’Ucigos. Non caso, chi ha seguito indagini e processi, non ha mai smesso di sottolineare incongruenze e anomalie. Addirittura nonostante quattro processi, ancora non si sa dove il presidente della Dc sia stato detenuto o quanti brigatisti siano intervenuti in via Fani.
L’impressione è che quella storia abbia ancora qualcosa di oscuro. Non c’è dubbio che siano state le Br a ammazzare lo statista. Ma i magistrati vogliono capire se qualcuno le ha aiutate, protette, sollecitate. Se qualcuno ha deciso scientemente di non evitare la tragedia. E, soprattutto, di chi si tratta.
Non è un mistero che del sequestro Moro si siano interessati anche i servizi americani, tedeschi. E che della vicenda si sia occupata pure l’Unione Sovietica. Piste investigative che non sono mai state percorse. Nonostante 35 anni e quattro processi.