Alberto Mattioli, La Stampa 15/6/2013, 15 giugno 2013
“C’È UN SOLO POSTO DOVE GLI ULTIMI DIVENTANO I PRIMI È LA LEGIONE STRANIERA”
Il mito non passa di moda. Anzi, sembra sempre più vivo. Fondata nel 1831 per riciclare i mercenari svizzeri della monarchia appena caduta, la Legione straniera diventò grande il 30 aprile 1863, quando a Camerone, in Messico, tre ufficiali e 62 legionari resistettero per un giorno intero a 2 mila messicani: sei sopravvissuti. La mano di legno del comandante, il capitano Danjou, è ancora conservata come una reliquia. Da allora, la Legione è la Legione. Per i 150 anni dalla battaglia, in Francia è stata un’alluvione di libri. I kepì bianchi hanno inciso un cd per la Deutsche Grammophon (in Italia esce il 25, titolo «Legende»). E fra i 500 selezionatissimi partecipanti alle annuali World Investment Conferences, da mercoledì a venerdì a Strasburgo, c’è anche il generale di divisione Christophe de Saint Chamas. Professione: comandante della Legione.
Mon général, che ci fa a un incontro con banchieri ed economisti?
«Partecipo alla tavola rotonda sull’integrazione. Perché integrare è esattamente il mio mestiere».
Credevo fosse quello di fare la guerra.
«Anche. Ma prima bisogna trasformare chi sceglie la Legione in un legionario. E la nostra integrazione funziona. Spesso accogliamo degli ultimi della classe e li trasformiamo nei primi».
Le ultime missioni della Legione?
«Quelle in corso: Costa d’Avorio e Mali. Ma la Legione non va da sola, va dove va l’Armée».
Però si dice che, rispetto agli altri militari francesi, i legionari siano, diciamo così, più «spendibili». Forse perché francesi non sono.
«Questa è una domanda che deve fare ai politici. Il mio ruolo è formare dei legionari. Quello dei politici, decidere dove e come utilizzarli. E’ chiaro che in due secoli i criteri sono cambiati e oggi, in generale, sulla vita umana siamo più prudenti. Però chi sceglie la Legione sogna comunque l’avventura».
Il suo mito esiste ancora?
«Io dico di sì. Anzi, lo dicono i numeri. Quarant’anni fa, c’erano 40 mila legionari di una cinquantina di nazionalità. Oggi, che i legionari sono 7 mila, le nazionalità sono 150. Non solo il mito esiste, ma è diventato mondiale».
Perché la Legione continua ad affascinare?
«Perché è l’unica istituzione al mondo che permette di ripartire da capo, che ti fa ricominciare la vita. E poi ha una ricchezza umana incredibile. Ti serve qualsiasi mestiere o qualsiasi lingua? Nella Legione c’è».
Secondo lei, perché un uomo sceglie la Legione?
«Credo che su 7 mila legionari ci siano almeno 7 mila ragioni. Vede, da noi arriva gente sola, talvolta disperata. Qui trova accoglienza, un lavoro, un futuro. Una famiglia».
Ma perché qualcuno dovrebbe morire per un Paese che non è il suo?
«Non possiamo chiedere a nessuno di avere due Patrie. Infatti sulle bandiere dei reggimenti francesi c’è la divisa “Honneur et Patrie”, onore e Patria. Su quelle dei reggimenti stranieri, “Honneur et Fidelité”, onore e fedeltà. Poi si decide. Il mio autista, portoghese, legionario da 28 anni, quando andrà in pensione tornerà in Portogallo. Altri restano in Francia».
E’ vero che reclutate soprattutto in Europa dell’Est?
«Reclutiamo in tutto il mondo. Certo, la caduta del comunismo ha fatto sì che molti slavi possano scegliere la Legione. E’ una delle due grandi novità degli ultimi anni».
E l’altra?
«Internet. Una volta, scoprivi la Legione con il passaparola o leggendo. Adesso, con un clic. Il sito funziona benissimo: semplice e poliglotta».
Ed è vero che i candidati sono 10 volte più numerosi dei posti disponibili?
«Sì, non abbiamo nessun problema di reclutamento. I criteri fisici e psicologici richiesti sono molto elevati, ma sono gli stessi dell’Armée. Alla Legione, con un requisito in più».
Quale?
«Chiediamo a chi si presenta da dove viene, che cosa ha fatto, perché sceglie la Legione. Insomma, la sua storia. La racconta soltanto in questo momento. Dopo, tutto è dimenticato. Diventa un uomo nuovo».
Il Libro bianco della Difesa prevede una cura dimagrante per l’Armée. Toccherà anche la Legione? E crede che fra 50 anni la Legione ci sarà ancora?
«La Legione sarà toccata nelle stesse proporzioni del resto dell’Armée. Quanto alla sua esistenza, è una scelta politica. La decisione di avere stranieri armati al servizio della Francia è antica e non è mai stata messa in discussione. Io posso solo dire che, in termini di accoglienza, integrazione e prestigio nazionale, funziona anche molto bene».