Niccolò Zancan, La Stampa 16/6/2013, 16 giugno 2013
NESSUNO SUONA PIÙ AL VENDITORE DI TAPPETI
Stanno come il tenente Drogo nel «Deserto dei Tartari». Al loro posto. In attesa estenuante. Anche se il campanellino della porta non suona mai e nessuno telefona, a parte il commercialista. Anche se i tempi belli sono finiti da un pezzo e questo, con tutta evidenza, è solo l’ennesimo sabato di crisi nera. Domanda: cosa hanno in comune un gallerista, un noleggiatore di film e un commerciante di tappeti? Risposta: un destino che pare segnato. Sono tre mestieri in via d’estinzione. Quelli a più forte contrazione in Italia. Più che dimezzati negli ultimi dieci anni. Eppure, fra un mucchio di difficoltà, con bravura, tenacia e fortuna, resistere è possibile.
Alla signora Marisa Di Geronimo, per esempio, oggi vengono in soccorso i denti perfetti di Robert Redford. È di questo che vuole parlare con lei l’architetta appena entrata in negozio. Dello «splendido Redford», di Oriana Fallaci e del nipote emigrato a
New York. «Quando tutti hanno messo il distributore automatico di video spiega la signora Di Geronimo - io ho puntato sul rapporto umano. Quello che mi è sempre piaciuto del mio lavoro è consigliare film, discutere, ricevere commenti. È per questo che vengo ancora qui canticchiando, dopo 28 anni». È un negozio fitto di titoli e suggestioni, in pieno centro storico. Nel corso degli anni i guadagni sono crollati dell’ottanta per cento, ma funziona ancora. Perché arrivano con richieste e problemi che evidentemente il distributore automatico non potrebbe risolvere. «Quello che vuole tutti i film ambientati a Torino. Quello che cerca un regista tedesco sconosciuto. Gli amanti del western, con la camminata western, a loro volta». Qui vanno per la maggiore pellicole che al cinema sopravvivono pochi giorni. «La bicicletta verde». «Il segreto dei suoi occhi». «Le mele di Adamo». «Quattro minuti». «Oltre la collina». «Un film romeno, bellissimo e intenso», dice orgogliosa la signora Di Girolamo. Ma è chiaro che è una lotta contro il tempo. «A noi stanno uccidendo tre cose: la crisi, la rete e i pirati, quelli che scaricano illegalmente». In tutta Italia resistono 2416 negozi di noleggio audio video (-15,2 % nel 2013). Ma in questo piccolo negozio ora entra un’altra cliente. «Purtroppo sono tossica di libri noir e film d’azione di livello vergognoso», dice ridendo. Anche lei troverà soddisfazione. «L’ordine è per autori, ma anche per generi. Metto film famosi accanto a quelli meno conosciuti dello stesso regista». Sono link fisici: guardi, trovi e porti a casa. Ed è un modo per cercare di contrastare il fascino immateriale della grande rete onnipotente.
I quadri, invece, non li puoi scaricare. Ma in tutta Italia sopravvivono solo 2.284 gallerie d’arte (-6,1 % nel 2013). In Piemonte e Liguria erano 320, oggi sono 140. Molti si sono arresi. Altri sono «emigrati» in Svizzera per le note ragioni fiscali. «Una volta chi entrava nella mia galleria lo faceva per il gusto. L’idea era: mi compro qualcosa che mi piace da mettermi in casa, mi farà vivere meglio. Poi, alla lunga, quell’acquisto si dimostrava un buon investimento. Ora il cliente medio è finito. Interessa solo comprare un quadro se è ritenuto un’azione. Quelli che vendono azioni, quindi arte contemporanea, con buoni uffici stampa alle spalle, sopravvivono. Gli altri annaspano o muoiono. La bellezza non basta più». Giampiero Biasutti è un ex imprenditore della ristorazione che ha investito tutto nell’arte. È diventato il presidente dei galleristi del Piemonte. «Il mercato è in crisi drammatica - dice senza giri di parole - i collezionisti sono terrorizzati, in piena psicosi da controlli della Finanza. Solo in Italia è così. Io credo che qualcosa dovrà cambiare». E intanto? «Resisto per devozione. Risparmiando all’osso. Mi sono appena trasferito in locali più piccoli. Ormai devo stare attento anche alla carta dei cataloghi. Capisco bene le ragioni degli ultimi tre colleghi che hanno aperto a Lugano, ma io voglio stare qui. Credo ancora nella bellezza. Nell’idea che si possa scegliere un quadro con gli occhi e non con le orecchie. Devono fare leggi più giuste, tasse più eque. La nuttata passerà...». E se non dovesse passare, dice Taher Sabahi, probabilmente il più importante commerciante di tappeti italiano - uno dei 663 rimasti - amen. Non si rinnegano i grandi amori. «Resteremo qui con le nostre cose belle. A studiarle, a viverci accanto».
Al piano superiore del suo negozio di corso Vittorio Emanuele II, ha aperto un piccolo museo. Mette in mostra i tappeti, racconta i tappeti, scrive di tappeti, anche adesso che i tappeti non si vendono quasi più. «La nostra epoca d’oro è stata il 1980 - racconta - da allora gli affari si sono ridotti del 90 per cento. Una volta una famiglia che guadagnava 2 milioni al mese poteva permettersi un tappeto da 300 mila lire. Adesso questo equilibrio è completamente saltato. La gente con stipendi normali non ce la fa più. Restano i ricchi, ma hanno paura. Avevo sei tessitori, è rimasto solo il maestro Hossein Ebrahimi. Non si fanno più nemmeno le riparazioni». Nato a Teheran, arrivato a Torino nel 1961 per laurearsi in medicina, Taher Sabahi ricorda sorridendo la storia dei primi tre tappeti ricevuti da suo padre: «Li ho venduti ancora prima di uscire dal controllo doganale». Ti mostra libri alti una spanna. I due caveau dove tiene i pezzi pregiati. Poi, sul computer, la bellezza di un tappeto del ’700 decorato con vortici di fiori rossi, battuto il 5 giugno da Sotheby’s per più di 30 milioni di dollari. «È la dimostrazione di quello che ho sempre sostenuto: il tappeto non è solo arredamento, è arte». Anche qui, più nel piccolo, ogni tanto il miracolo si compie: «Suonano alla porta, entra qualcuno. L’ultimo tappeto l’ho venduto 20 giorni fa. Era il figlio di un cliente affezionato. Ma restano in pochissimi...».
Forse è davvero la fine di un mondo. Come sembrano dimostrare anche le attività più in crescita nel 2013: gestore di macchinette di videopoker e slot (+69,1%), portali web (+50,3%), commercio al dettaglio di prodotti macrobiotici e dietetici (+38,2%). Se così fosse, nessuno vi racconterà più che il giallo stupendo di certi tappeti persiani è arricchito con l’urina. Nessuno vi venderà un quadro capace di tenervi compagnia tutta l’estate. Nessuno saprà più consigliarvi il film perfetto per piangere, ridere o fare un viaggio. Oppure no, sopravviveranno. La passione - nostra e loro - li salverà.