Enrico Franceschini, la Repubblica 18/6/2013, 18 giugno 2013
LA TALPA DEL BIG DATA RIAPPARE IN CHAT
«Non sono una spia della Cina. Arrivare ad Hong Kong è stato un rischio incredibile. Vale la pena di morire per il proprio paese». Tutti lo cercano, nessuno sa dove sia esattamente, ma molti, almeno per due ore, hanno potuto parlare con lui. Edward Snowden, la “talpa” della Cia e della Nsa, autore delle più grandi rivelazioni sul governo americano dall’epoca del caso Watergate, riappare nel luogo deputato del suo mestiere e delle sue denunce: il web. Il 29enne mago dei computer risponde alle domande degli internauti, da una località sconosciuta, forse ancora da Hong Kong, prima tappa della sua fuga: e l’intervista viene pubblicata in diretta sul sito del Guardian, il quotidiano londinese che ha ospitato fin dall’inizio i suoi scoop sull’immenso programma di sorveglianza dei servizi segreti Usa. Ecco cosa dice, dunque, la nuova “primula rossa” della rivoluzione digitale, proprio nel giorno in cui fallisce il negoziato tra il ministro degli Esteri dell’Ecuador e quello britannico per trovare una soluzione al caso di Julian Assange, altro rivoluzionario del web come Snowden, da un anno chiuso nell’ambasciata ecuadoregna di Londra, dove ha ottenuto asilo politico per non essere estradato in Svezia e poi magari negli Stati Uniti, come lui teme, dove è accusato di violazione di segreti di Stato. La stessa accusa che potrebbe materializzarsi contro l’ex agente della Cia e della Nsa, secondo le minacce ventilate, ma non ancora portate a compimento, da Washington. E l’Ecuador annuncia: «Potremmo dare asilo anche a Snowden».
Perché è scappato a Hong Kong?
«Il governo americano mi ha immediatamente dichiarato colpevole di alto tradimento, distruggendo ogni possibilità di un equo processo negli Usa. Questa non è giustizia, per cui sarebbe folle consegnarsi volontariamente, se puoi fare più bene da fuori che in prigione».
Perché ha rivelato i programmi di intercettazione nei confronti di centri di ricerca e università americane?
«Non ho rivelato nulla su operazioni americane contro legittimi bersagli militari. Ho rivelato i programmi di spionaggio contro infrastrutture civili perché sono azioni criminali e pericolose».
Quanta gente ha i documenti che lei tiene in mano? In altre parole, se a lei dovesse accadere qualcosa, quei documenti esisterebbero ancora?
«Dico solo che il governo americano non sarebbe in grado di coprire la verità imprigionandomi o assassinandomi. La verità sta venendo fuori e non può essere fermata ».
Ha citato l’Islanda come un paese che potrebbe darle asilo, perché non è volato direttamente lì?
«Uscire dagli Usa è stato un rischio incredibile. I dipendenti della Nsa devono dichiarare i propri viaggi all’estero con 30 giorni di anticipo e vengono monitorati. C’era la chiara possibilità che io fossi bloccato durante il viaggio, sicché sono dovuto partire senza prenotazioni. Gli Stati Uniti avrebbero potuto fare sull’Islanda più pressioni che su Hong Kong».
Circolano supposizioni che lei ha dato o darà informazioni top secret alla Cina in cambio di asilo e protezione, come risponde all’accusa?
«E’ una calunnia scontata. Se fossi una spia cinese, perché non sarei volato direttamente a Pechino?».
Può essere più esplicito? Ha dato o darà informazioni al governo cinese, sì o no?
«No. Non ho avuto alcun contatto con il governo cinese. Lavoro solo con giornalisti, come quelli del Guardian
e del Washington Post».
Perché ha aspettato tanto a fare le sue rivelazioni?
«Perché speravo che Obama, dopo la rielezione, mantenesse le sue promesse e facesse pulizia. Invece non lo ha fatto e le cose sono peggiorate».
Cosa direbbe ad altri che sono in grado di rivelare informazioni riservate e in tal modo migliorare la comprensione dell’opinione pubblica sull’apparato di servizi segreti americani e sul suo effetto sui diritti civili?
«Direi loro che vale la pena di morire per il proprio paese».
C’è qualcos’altro che vorrebbe aggiungere?
«Grazie a tutti per il sostegno che mi avete espresso. E ricordate che, solo perché non siete il bersaglio di un programma di sorveglianza, questo non significa che quel programma è accettabile ».