Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  giugno 18 Martedì calendario

ECOMAFIE, BUSINESS SENZA CRISI

Le ecomafie non conoscono crisi, anzi ne approfittano. Co­sì crescono fatturato, export e gruppi criminali ’specializzati’. Un fatturato di 16,7 miliardi, 34.120 rea­ti accertati, 93 al giorno, 161 ordi­nanze di custodia cautelare, 28.132 persone denunciate, 8.286 sequestri. E i ’clan’ che si spartiscono la torta passano da 296 a 302. Salgono gli in­cendi boschivi, cresce l’incidenza dell’abusivismo edilizio e, stretta­mente legati, si quadruplicano i co­muni sciolti per infiltrazioni mafiose che passano da 6 a 25, e sempre tra le motivazioni ci sono affari illeciti su rifiuti, edilizia e appalti. È il dram­matico panorama descritto dal ven­tesimo rapporto sull’illegalità am­bientale ’Ecomafia 2013’ realizzato da Legambiente con il contributo delle Forze dell’Ordine. Oltre 450 pa­gine, compreso un capitolo dedica­to alla vicenda della ’terra dei fuo­chi’, alla denuncia del parroco di Cai­vano, don Maurizio Patriciello e alla lunga inchiesta di Avvenire.
«Va sviluppata la più attenta vigilan­za da parte delle istituzioni – afferma il presidente della Repubblica, Gior­gio Napolitano in un messaggio – af­finché, attraverso il ricorso a tutti i più efficaci mezzi di indagine e coor­dinamento investigativo, sia assicu­rato il massimo contrasto delle atti­vità illecite contro l’ambiente».
Attività che, sottolinea il presiden­te di Legambiente, Vittorio Cogliati Dezza, «è l’unica economia che continua a proliferare anche in un contesto di crisi generale. Che si reg­ge sull’intreccio tra imprenditori senza scrupoli, politici conniventi, funzionari pubblici infedeli, pro­fessionisti senza etica e veri boss». Così non è certo un caso che tra il 2008 e oggi, gli anni della crisi eco­nomica, i reati ambientali accertati siano aumentati del 32,4%.
Il 45,7% dei reati dell’ultimo anno è concentrato nelle quattro regioni a tradizionale presenza mafiosa: la Campania è prima sia nel ciclo del cemento che nei rifiuti; seguono Si­cilia, Calabria e Puglia; poi il Lazio, con un numero di reati in crescita (+13,2%) e la Toscana, che sale al se­sto posto (+15,4%). Prima regione del nord Italia, la Liguria (+9,1%). Il co­mando dei reati nel settore rifiuti è in mano alla Campania, seguita da Ca­labria e Puglia. Anche in questa filie­ra illegale la provincia di Napoli è al primo posto, seguita da Vibo Valen­tia (più 120% di reati). Nel ciclo del ce­mento la Puglia, per numero di per­sone denunciate, è la prima regione d’Italia; la leadership tra le regioni del nord tocca alla Lombardia, mentre in Trentino Alto Adige gli illeciti sono quasi triplicati, a conferma che le e­comafie non conoscono frontiere. Tra le nuove opportunità colte dalla cri­minalità c’è, infatti, l’estero, con ri­fiuti ’nostrani’ che finiscono in Co­rea del Sud, Cina e Hong Kong, In­donesia, Turchia e India. Sotto scac­co anche il made in Italy (nel 2012 più di 11 reati al giorno per l’agroali­mentare) e il patrimonio artistico (che costa un punto di Pil).
Ma, come segnala il responsabile del­l’Osservatorio ambiente e legalità di Legambiente, Enrico Fontana, è l’e­dilizia ’in nero’ che più rappresenta questa economia che dalla crisi ci guadagna. Così l’edilizia illegale nel mercato delle costruzioni passa dal 9% del 2006 al 16,9 stimato per il 2013. Mentre le nuove costruzioni legali so­no crollate da 305mila e 122mila, quelle abusive hanno avuto solo una leggera flessione da 30mila e 26mi­la. «Illegalità alla luce del sole – de­nuncia Fontana – favorita dai costi molto più bassi, quasi un terzo del le­gale. E senza rischi: tra il 2000 e il 2011 è stato eseguito appena il 10,6% delle 46.760 ordinanze di demoli­zione emesse dai tribunali». E i clan ringraziano e si arricchiscono.