Antonio Maria Mira, Avvenire 18/6/2013, 18 giugno 2013
ECOMAFIE, BUSINESS SENZA CRISI
Le ecomafie non conoscono crisi, anzi ne approfittano. Così crescono fatturato, export e gruppi criminali ’specializzati’. Un fatturato di 16,7 miliardi, 34.120 reati accertati, 93 al giorno, 161 ordinanze di custodia cautelare, 28.132 persone denunciate, 8.286 sequestri. E i ’clan’ che si spartiscono la torta passano da 296 a 302. Salgono gli incendi boschivi, cresce l’incidenza dell’abusivismo edilizio e, strettamente legati, si quadruplicano i comuni sciolti per infiltrazioni mafiose che passano da 6 a 25, e sempre tra le motivazioni ci sono affari illeciti su rifiuti, edilizia e appalti. È il drammatico panorama descritto dal ventesimo rapporto sull’illegalità ambientale ’Ecomafia 2013’ realizzato da Legambiente con il contributo delle Forze dell’Ordine. Oltre 450 pagine, compreso un capitolo dedicato alla vicenda della ’terra dei fuochi’, alla denuncia del parroco di Caivano, don Maurizio Patriciello e alla lunga inchiesta di Avvenire.
«Va sviluppata la più attenta vigilanza da parte delle istituzioni – afferma il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano in un messaggio – affinché, attraverso il ricorso a tutti i più efficaci mezzi di indagine e coordinamento investigativo, sia assicurato il massimo contrasto delle attività illecite contro l’ambiente».
Attività che, sottolinea il presidente di Legambiente, Vittorio Cogliati Dezza, «è l’unica economia che continua a proliferare anche in un contesto di crisi generale. Che si regge sull’intreccio tra imprenditori senza scrupoli, politici conniventi, funzionari pubblici infedeli, professionisti senza etica e veri boss». Così non è certo un caso che tra il 2008 e oggi, gli anni della crisi economica, i reati ambientali accertati siano aumentati del 32,4%.
Il 45,7% dei reati dell’ultimo anno è concentrato nelle quattro regioni a tradizionale presenza mafiosa: la Campania è prima sia nel ciclo del cemento che nei rifiuti; seguono Sicilia, Calabria e Puglia; poi il Lazio, con un numero di reati in crescita (+13,2%) e la Toscana, che sale al sesto posto (+15,4%). Prima regione del nord Italia, la Liguria (+9,1%). Il comando dei reati nel settore rifiuti è in mano alla Campania, seguita da Calabria e Puglia. Anche in questa filiera illegale la provincia di Napoli è al primo posto, seguita da Vibo Valentia (più 120% di reati). Nel ciclo del cemento la Puglia, per numero di persone denunciate, è la prima regione d’Italia; la leadership tra le regioni del nord tocca alla Lombardia, mentre in Trentino Alto Adige gli illeciti sono quasi triplicati, a conferma che le ecomafie non conoscono frontiere. Tra le nuove opportunità colte dalla criminalità c’è, infatti, l’estero, con rifiuti ’nostrani’ che finiscono in Corea del Sud, Cina e Hong Kong, Indonesia, Turchia e India. Sotto scacco anche il made in Italy (nel 2012 più di 11 reati al giorno per l’agroalimentare) e il patrimonio artistico (che costa un punto di Pil).
Ma, come segnala il responsabile dell’Osservatorio ambiente e legalità di Legambiente, Enrico Fontana, è l’edilizia ’in nero’ che più rappresenta questa economia che dalla crisi ci guadagna. Così l’edilizia illegale nel mercato delle costruzioni passa dal 9% del 2006 al 16,9 stimato per il 2013. Mentre le nuove costruzioni legali sono crollate da 305mila e 122mila, quelle abusive hanno avuto solo una leggera flessione da 30mila e 26mila. «Illegalità alla luce del sole – denuncia Fontana – favorita dai costi molto più bassi, quasi un terzo del legale. E senza rischi: tra il 2000 e il 2011 è stato eseguito appena il 10,6% delle 46.760 ordinanze di demolizione emesse dai tribunali». E i clan ringraziano e si arricchiscono.