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 2013  giugno 18 Martedì calendario

IL SEGNO DEI MEDICI SULL’ARTE

Quest’estate, Firenze rende omaggio a due dei suoi grandi: Ferdinando de’ Medici, il «gran principe» che morì prima di diventare Granduca (1663 - 1713), e Giovanni di Lorenzo del medesimo casato (1475 - 1521), più noto come Papa Leone X. Due mostre, rispettivamente agli Uffizi (dal 26 giugno al 3 novembre) e alle Cappelle Medicee e Casa Buonarroti (dal 26 marzo al 6 ottobre), che accompagnano quelle in corso alla Galleria dell’Accademia («Dal Giglio al David, arte civica a Firenze in età comunale», fino all’8 dicembre) e Palazzo Pitti («Il sogno del Rinascimento», fino al 25 gennaio). È un’offerta di tutto rispetto, per turisti e appassionati.
In particolare, la mostra agli Uffizi è nelle sale un tempo occupate dall’Archivio di Stato e racconta l’amore per l’arte di un libertino, figlio di una Orléans. Nella Villa di Poggio a Caiano, forgia un “Gabinetto delle opere in piccolo di tutti i più celebri pittori”, con 147 dipinti tra cui Dürer, Leonardo, Raffaello, Rubens; e in quella di Pratolino (oggi Villa Demidoff) crea un teatro; era committente di Haendel e Alessandro Scarlatti. È uno degli ultimi Medici: estinta la dinastia, il granducato sarà degli Asburgo-Lorena (1737).
I CAPOLAVORI
In mostra si rincorrono quindi i suoi «nomi»; le nozze con Violante Beatrice di Baviera; i lavori nella reggia di Pitti per loro; il collezionismo. Un posto di favore merita Bartolomeo Bimbi, formatosi a Roma con Mario dei Fiori e campione del naturalismo: quadri di fiori e di frutta che diventano «meraviglie». Ma anche la «Madonna delle arpie» di Andrea del Sarto, che era sua e pagata a caro prezzo (anche il restauro della chiesa dove era, con il convento annesso, con «Crocifissione» da Sebastiano Ricci pure in mostra). Né manca la «Pala Dei», non terminata da Raffaello quando lascia l’Arno per il Tevere: costa tantissimo anche questo dipinto, tra i malumori dei parrocchiani che se la vedevano portar via. E da Parma vuole la «Madonna con collo lungo» di Parmigianino, capolavoro «finito con l’anima». Da Pitti arriva la «Madonna Farnese» di Annibale Carracci; e, accanto a queste opere maestose, altre non meno importanti ma più «raccolte»: Ricci, Crespi, Magnasco, i toscani.
Riccardo Spinella, il curatore (cat. Giunti), racconta «la riscoperta di una stagione culturale di ampio e luminoso profilo»; il primo a evidenziare la portata del personaggio fu, non a caso, Francis Haskell. Palestra di Ferdinando era la villa di Pratolino, distrutta a fine Settecento, i suoi dipinti sono esposti. Tra i protetti del «gran principe», anche Bartolomeo Ligozzi: ecco l’opera per le nozze con Violante. E i «nuovi artisti»; le sue «nature dipinte»; gli arredi; gli oggetti; l’alcova che poi diventa cappella a Pitti, con la vicina Sala Verde, il cui soffitto è dipinto da Luca Giordano.
IL PONTEFICE
Papa Leone, figlio di Lorenzo il Magnifico, succede invece, e senza rivali, a Giulio II Della Rovere: il pontefice di Michelangelo. È grande mecenate e scomunicatore di Lutero, in una Roma dove si vendono le indulgenze, che aveva tra le cortigiane d’alto rango la Fornarina eternata da Raffaello. Nicoletta Baldini e Monica Bietti (cat. Sillabe) descrivono la sua storia «nello splendore mediceo a Firenze» con una dovizia di opere, documenti e oggetti: ben 130. Ci sono un Angelo musicante di Rosso Fiorentino, due Ritratti di Lucas Cranach il Vecchio (uno è Lutero), lettere e disegni di Raffaello e Antonio da Sangallo (per San Pietro e la Villa Madama), un Putto di Raffaello, e la sua celebre lettera al Papa che è il primo atto di tutela al mondo. Leone X gli fa anche completare le Logge e le Stanze volute da Giulio II.
Luca della Robbia e Pontormo; Andrea del Castagno e del Sarto con una copia della perduta Battaglia d’Anghiari di Leonardo; il martirio di Savonarola e un Cristo in pietà di Perugino; copie da Michelangelo, Madonne e bronzi di Pollaiolo, per illustrare quel pontefice colto e raffinato, che, a 37 anni, avrebbe detto: «Poiché Dio ci ha dato il Papato, godiamocelo». Non era certo battagliero quanto il predecessore; burlone e avvezzo ai buffoni di corte; poi, committente delle Cappelle in cui si svolge la mostra, esaltate da Buonarroti: politica e arte. Purtroppo non sono spostabili il suo Ritratto di Raffaello (è agli Uffizi), l’appartamento a Santa Maria Novella, il salone di Sangallo nella villa di Poggio a Caiano; la mostra si può completare con qualche utile passeggiata. Firenze, a ogni sua pietra, sa raccontarci qualcosa.