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 2013  giugno 16 Domenica calendario

FEDELISSIMI, RIBELLI E PONTIERI COSÌ IL MOVIMENTO SI SPACCA IN TRE


«A quelli che fanno troppe storie vorrei chiedere: “Ma te, qui, cosa ci sei venuto a fare? L’accordo con il Pd?”», dice il fiorentino Massimo Artini. «Quando se ne andranno riprenderemo a volare perché noi siamo oltre», è sicuro il deputato campano Carlo Sibilia. Entrambi si riferiscono al gruppo dei dissidenti, di quei colleghi-cittadini- portavoce pronti a mollare gli ormeggi, a lasciare il M5S se la senatrice Adele Gambaro alla fine verrà espulsa. «È grazie anche a voi giornalisti se si è scoperta questa fronda », aggiunge Sibilia. Un’altra ortodossa, la siciliana Giulia Di Vita, si sfoga su Twitter: «Finalmente uno a uno escono allo scoperto, nemmeno il coraggio di dirlo prima al resto del gruppo. Ed eravamo noi esagerati... ridicoli!». Il movimento è ormai spaccato in tre tronconi. Ci sono gli oltranzisti del verbo di Beppe, li chiamano i “talebani”. Sono quelli (ma non solo) che pochi giorni fa vennero convocati a Milano, alla Casaleggio Associati, per discutere della comunicazione esterna. Sono anche i più in vista: Vito Crimi e Roberta Lombardi, il presidente della Commissione Vigilanza Rai Roberto Fico, il vicepresidente della Camera Luigi Di Maio, i capogruppo Riccardo Nuti e Nicola Morra, Alessandro Di Battista, Laura Bottici, Paola Carinelli. In tv per ora ci vanno loro, a tutti gli altri restano i social network e le interviste strappate qua e là dai cronisti, lette con sempre maggiore fastidio dallo staff.
La frattura con i possibili trasfughi era chiara da tempo, anzi sin dall’inizio, da quando il M5S si trovò davanti al primo bivio: decidere se accettare o meno la proposta del Pd di dar vita al “governo di cambiamento”. Quelli che allora interpretarono gli 8 milioni di voti al M5S come un invito — appunto — a cambiare “qui ed ora”, condizionando un esecutivo di centrosinistra, sono praticamente gli stessi che oggi pensano che la misura sia colma. Troppe le prepotenze dei “talebani” nella gestione del gruppo, troppa la durezza di Grillo nell’affrontare i dissensi. Convinzione rafforzata dall’esito disastroso per i Cinque Stelle delle amministrative. I ribelli sono trenta, forse quaranta, equamente distribuiti tra Camera e Senato, nord e sud. Potrebbero diventare anche di più il progetto diventasse qualcosa di ampio, che coinvolgesse — ad esempio — Stefano Rodotà, Sonia Alfano, magari anche Sel. «I dissensi potrebbero concretizzarsi nell’organizzazione di un nuovo gruppo», ammette Tommaso Currò a Radio Capital. È lui il sospettato principale, quello che ne starebbe stilando lo statuto, in linea con i valori del movimento ma che garantirebbe agli iscritti la piena libertà di espressione. «La questione non è stare con Grillo oppure no, gli ideali in campo sono molto più grandi», sottolinea. Gli altri nomi sono ormai conosciuti: Adriano Zaccagnini e Aris Prodani i più agguerriti e politicamente strutturati a Montecitorio, Francesco Campanella e Lorenzo Battista a Palazzo Madama. Tutti gli eletti al Senato della Sicilia potrebbero seguirli. Altri ancora si sono visti anche con un altro epurato del passato, il consigliere regionale emiliano Giovanni Favia, guarda caso preso di mira proprio ieri dal blog di Grillo. Vecchio sodale della Gambaro, ma pure delle senatrici Michela Montevecchi ed Elisabetta Bulgarelli. La vera posta in gioco non è solo una eventuale scissione, ma piuttosto il governo: senza Pdl e montiani e con dentro Sel e i grillini fuoriusciti. «Sarebbe una cosa molto bella se un’operazione del genere riuscisse, ma restiamo alla finestra, ci siamo già illusi mesi fa», spiega la pd Laura Puppato.
In campo, terzo troncone, ci sono pure i pontieri. Il loro obiettivo è disinnescare la bomba di domani. Rinviare il voto su Gambaro o, meglio ancora, depennarlo. Perché chiunque dovesse vincere, è il ragionamento, quello sarebbe un punto di non ritorno. «Non diamo questa soddisfazione ai nostri detrattori, discutiamone con calma», spera il senatore Michele Giarrusso. E come si fa a ricomporre la frattura? «Sono un avvocato, mica un ortopedico », ci scherza su. «Ci fanno pressione da fuori, vogliono vederci esplodere ma non dobbiamo cadere nel tranello. I problemi del Paese sono troppi per perderci adesso», aggiunge il collega Andrea Cioffi. Anche l’emiliana Mara Mucci tenta di gettare acqua sul fuoco, mettendo però i puntini sulle i: «Sono contraria alle espulsioni, a livello mediatico non sarebbe un bene se si verificasse un’evenienza del genere. Sarà la Gambaro ad andarsene, se proprio lo vorrà». E ancora: «Il punto è che in qualsiasi gruppo, coi colleghi, in famiglia, non possiamo pretendere di avere tutti le stesse idee. L’importante è parlare, spiegarci, confrontarci. All’interno del gruppo. È questo quello che vorrei ».