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 2013  giugno 15 Sabato calendario

EMMA “CON LA RABBIA HO SCONFITTO LE BUFERE DELLA VITA”


Ha la pelle luminosa, i capelli biondi tirati su, un’immagine molto femminile anche se è vestita da punk: shorts, scarpe da ginnastica, giubbotto borchiato: «Dica la verità, stamattina sono elegante». Non proprio, ma lei ride fierissima. Emma Marrone a 29 anni è il simbolo dei trentenni che ce l’hanno fatta nonostante tutto e tutti, con la grinta, il carattere, “la tigna” . Il bello della rabbia concentrato in una ragazza minuta dalla voce potente. Sulla copertina del cd con cui ha scalato le classifiche Schiena, per la prima volta si è spogliata. «È stata una battaglia. Sa, non è che mi piacessi tanto. Mi sono fatta crescere i capelli, ho fatto pace col mio corpo. Ad Amici quest’anno mi sono trasformata. La grinta serve a tutto nella vita, io l’ho ripetuto ai ragazzi in gara: pensa a tuo padre che non ha lavoro e ha fatto tanti sacrifici, non devi mollare. Puoi cadere ma devi rialzarti, puoi piangere ma non devi abbatterti. Io sono il simbolo di chi ce l’ha fatta senza nessuno alle spalle. La voglia di riscatto porta lontano».

A novembre l’aspetta il tour, un mese in giro per l’Italia nei palasport «per abbracciare il pubblico. La paura c’è, ma quando salgo sul palco sto bene». Nata a Firenze, cresciuta in Puglia, ad Aradeo, inseguendo il sogno di fare la cantante è arrivata a Roma.
«Mio padre, che fa l’infermiere, quando viene a trovarmi è felice. Mi chiede: “Usciamo la sera con le tue amiche? Andiamo in centro?”. Io abito a Vermicino, la casa è una comune con Francesca, la mia manager che mi segue sempre e mi vuole bene, mi sostiene. Faccio il bucato, cucino e c’è sempre un piatto pronto per chi viene. Non mi sono montata la testa, non è da me. Non ho dimenticato il mondo fuori: quando mi incontrano al supermercato le signore mi guardano. “Scusa, ma sei Emma? Fai la spesa tu?”. Certo che la faccio io, chi la deve fa’?».
Il punto fermo, nella vita della ragazza che ha bruciato le tappe — dal talent di Maria De Filippi alla vittoria a Sanremo nel 2012 — è la famiglia. «Non te la scegli, ma io sono stata fortunata, siamo una famiglia unita, non avevamo una lira, ma c’era amore. Mio fratello ora fa l’elettricista per una società di impianti. Quando ha perso il lavoro non si è chiuso a casa, accettava qualsiasi offerta: muratore, falegname. Per farcela ci vuole spirito di adattamento, si alza alle cinque di mattina ma è felice. Porta i soldi a casa. Come me. Io sono fiera di aiutare i miei genitori. Sa quante persone normali hanno storie straordinarie? Ma non sono famose e di loro non si parla».
Per la sua generazione non ha ricette ma riflette a voce alta. «Io credo che i giovani, compresa me, siano vittime di una società pressappochista che non li stimola. Chi potrebbe fare qualcosa si nasconde dietro l’alibi della gioventù che non ha voglia di fare. Non è così. Il lavoro non c’è. Stiamo pagando gli errori di una politica distratta per troppi anni dai giochi di potere: parlano, parlano ma la sensazione è che in realtà del futuro dei giovani non freghi niente a nessuno. Ti devi rimboccare le maniche, e sei solo. Ma mai abbattersi».
Non gioca a fare la diva, ripete l’aggettivo “normale”, come un mantra: una casa normale, amici normali, un amore normale. Ma la sua, per tanti motivi, non è una storia normale. «Dopo il liceo — racconta Emma — mi sono messa subito a lavorare e ho fatto di tutto, perché l’indipendenza economica è importante. A casa mia di soldi non c’erano ma io e mio padre abbiamo sempre avuto la passione per la musica, ho sempre cantato. Oggi che ho fatto della mia passione il mio lavoro sono la persona più contenta del mondo. Credevo in me, ma nel mio talento credeva soprattutto mia nonna Donata, una donna speciale, il mio amore. Se ce l’ho fatta è perché ho pensato a lei».
Ma la battaglia più importante è stata quella contro la malattia. «Quando a 25 anni ti dicono che hai il cancro e non c’è tempo da perdere, in un letto d’ospedale capisci cosa vuol dire combattere per la vita. Cambia la scala di valori. Impari ad apprezzare le piccole cose, un gelato o a una serata in pizzeria. Ogni volta che ricorre il mio “anniversario di vita”, io lo chiamo così, penso al baratro in cui mi sono trovata. Ma è in questi momenti, scusi l’espressione, che devi tirare fuori le palle».
Riprende fiato. «Non faccio il fenomeno, all’inizio non è facile: vedere i tuoi genitori impotenti e fragili ti fa male, ti abitui al pensiero di non farcela, quando il dolore tocca picchi altissimi ti anestetizza. Poi ti fai forza anche per loro, io li rassicuravo, perché dentro di me sapevo che avrei vinto; la malattia crea un legame diverso in famiglia: o la fa esplodere o la rafforza. Noi siamo ancora più uniti».
È così lucida che ti chiedi se abbia mai fatto analisi, ma la bionda grintosa col sorriso da bambina non è mai andata da uno psicanalista. «Però sono una che si logora il cervello, faccio un grande lavoro su me stessa, sono autocritica — sorride — e sono fortunata: le persone che mi stanno a fianco mi aiutano, mi mettono davanti alle cose reali, non mi danno sempre ragione. Chi mi vede dall’esterno vede un’immagine, quello è lavoro, ma chi mi conosce sa che ho le mie fragilità. Come tutti».
Il rovescio della medaglia fa parte del gioco, la vita sotto i riflettori, l’amore-reality col fidanzato ballerino che s’innamora di Belen (che oggi dice «Emma mi piace tanto, canto pure le sue canzoni: mai state rivali. È il pubblico che vuole vedere Eva contro Eva). Ma la rottura della storia diventa una soap infinita, mesi in cui i fan piangono con Emma, la sostengono. E lei si rialza, ma non si guarda intorno: «In amore le cose devono succedere quando è il momento».
Ora frequenta l’attore Marco Bocci, pedinata dai paparazzi. La piccola guerriera che combatte le battaglie civili — a piazza del Popolo al fianco delle donne di Se non ora quando?— ha pudore nei sentimenti. «Sono tutta grinta, determinazione e cuore, anzi direi cuore grinta e determinazione, ma nella vita devi imparare e difenderti » spiega con l’aria di chi sa di cosa parla. «Le donne sono generose, danno tanto. Troppo».
Oggi vuole scoprire il mondo: «Ho visto Londra per la prima volta a 28 anni, ho regalato il viaggio a mio fratello, ci siamo così divertiti. L’avevo desiderato tanto, i miei compagni di scuola c’erano stati, noi non ce l’eravamo potuto permettere, era un luogo mitico per me. Me ne sono innamorata, ho camminato per ore, sembra la città delle possibilità. Capisco che Noemi si sia trasferita lì per fare musica. Poi sono andata New York, tutto troppo, tutti quei grattacieli. Dopo l’entusiasmo del primo giorno mi è venuta l’ansia. Sono rimasta chiusa in albergo».
Ti fissa negli occhi quando dice che coltiva la passione e l’orgoglio: «Quasi tutti i giorni provo il bello e il brutto della rabbia, nel lavoro non è tutto oro quello che luccica — confessa Emma — nonostante la fatica e i risultati bisogna sempre lottare per imporsi. Non fa bene farsi il sangue amaro, certe volte mi arrabbio ma poi mi dico “c’è chi sta peggio”, però se ti fanno un’ingiustizia non ce la fai a mandare giù il rospo. Non credo a quelli che dicono: non mi arrabbio mai, niente può sfiorarmi. Beati loro, a me invece frega di tutto».