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 2013  febbraio 01 Venerdì calendario

SU SERVIZIO PUBBLICO N° 13 - PARTE PRIMA

Nella puntata di Servizio Pubblico andata in onda ieri, 31 gennaio, abbiamo riscontrato così tante affermazioni sbagliate o imprecise che abbiamo deciso di occuparcene in due puntate separate. Oggi parleremo delle affermazioni di Beppe Grillo sulla disoccupazione in Germania e su quello che lui chiama Costo Interno Lordo. Ci occuperemo anche di altri errori sparsi sul caso Monte dei Paschi e su molti altri argomenti. La prossima puntata sarà invece tutta dedicata alle affermazioni di Giulio Tremonti che, come chi segue sa bene, è oramai una sorta di nume tutelare di questo blog.

Durante un servizio registrato Beppe Grillo ha sostenuto che la crescita economica ha il risultato di diminuire i posti di lavoro. Per dimostrarlo ha spiegato che negli ultimi 20 anni la Germania ha raddoppiato la sua produzione, ma, come risultato, ha perso il 15% dei posti di lavoro. Si tratta di un’affermazione incredibilmente falsa e facilissima da verificare. Come al solito ci viene in aiuto il sito del Fondo Monetario Internazionale: in questa tabella potete vedere l’andamento in Germania, dal ’92 ad oggi di: disoccupazione, occupazione e totale della popolazione. La disoccupazione in vent’anni ha, ovviamente, avuto un andamento fluttuante, ma oggi è dell’1,2% più bassa rispetto al ’92. Oggi in Germania lavorano in tutto 41 milioni e 600 mila persone, cioè 3,4 milioni in più rispetto al ’92. Nello stesso periodo di tempo la popolazione tedesca è cresciuta di un terzo: solo 1,2 milioni.

Nello stesso servizio Beppe Grillo ha sostenuto che l’inventore dell’indice che chiamiamo Prodotto Interno Lordo, l’economista russo-americano Simon Kuznets, gli aveva dato un altro nome, quello di “Costo Interno Lordo”, a indicare che l’aumento del PIL è un problema, anziché un segno di benessere. Non è assolutamente vero. In questo documento del gennaio 1934, in cui Kuznets e altri ricercatori presentavano per la prima volta il PIL (GDP, Gross Domestic Product in inglese, ma all’epoca chiamato National Income Measurement), non compare nessun riferimento al Costo Interno Lordo. Kuznets era certamente critico nei confronti del PIL, perché lo accusava di essere un indicatore insufficiente per misurare un’economia. Non a caso oggi, insieme alle misurazioni del PIL si usano molti altri indici, come quelli sulla sperequazione sociale, sulla disoccupazione e molti altri.

La definizione di CIL, Costo Interno Lordo, non l’hanno inventata né Grillo né Kuznets. Fu un economista non molto conosciuto: Kenneth Ewert Boulding – che era anche un pacifista, poeta e un mistico religioso quacchero. Non si tratta di una delle sue affermazioni più famose, almeno fuori dall’Italia, e per provarlo basta fare una ricerca di Kenneth Boulding insieme a Gross Domestic Cost. Comunque, dalle poche fonti disponibili, pare di capire che fosse un’affermazione polemica e non una presa di posizione teorica. Boulding sosteneva che, visto che mano mano che cresce il PIL cresce anche l’invadenza sull’ambiente naturale e l’inquinamento, allora tanto varrebbe chiamarlo “costo”, nel senso che è un costo per la biosfera. Ora, comunque, sappiamo che non è più così, come dimostra questa tabella del Guardian. Stati Uniti ed Unione Europea – nel suo complesso – hanno un PIL superiore a quello di India e Cina, ma emissioni inquinanti inferiori. Questo perché la maggior ricchezza di Stati Uniti ed Unione Europea permette di utilizzare tecnologie più avanzate e meno inquinanti.

Antonio di Pietro ha detto che nel caso Monte dei Paschi ci sono dei «conti alle isole Cayman», lasciando intendere che in tutta la faccenda qualcuno di non meglio precisato abbia portato dei fondi nei paradisi fiscali. Almeno finora, si tratta di un’affermazione falsa: le Cayman compaiono soltanto perché erano la sede di una società, la Skylark, di proprietà di Dresdner Bank, una banca con cui il Monte dei Paschi fece alcuni affari. In particolare attraverso Skylark erano passati vari acquisti e vendite di titoli al momento ancora piuttosto oscuri.

Wally Bonvincini, un’imprenditrice di Parma, ha sostenuto che in Italia i banchieri non finiscono mai in carcere. Certamente è vero che in Italia i crimini commessi più spesso dai banchieri sono puniti in maniera più lieve che, ad esempio, negli Stati Uniti. Da una veloce ricerca su internet – che non vuole essere affatto esaustiva – risulta comunque che qualche banchiere è finito in prigione anche in Italia. Giampiero Fiorani della Popolare di Lodi, ad esempio, ha trascorso sei mesi in prigione, così come Franco Gorreri, presidente della banca Monte di Parma.

Santoro ha sostenuto che in Italia il denaro usato per salvare le banche è stato pagato dalla gente – cosa secondo lui non avvenuta in altri paesi. Non è vero: come Fassina ha correttamente provato a sottolineare. In Irlanda – ad esempio – il debito pubblico è passato dal 25% al 108% in pochi mesi principalmente a causa del fatto che il governo garantì i debiti di alcune banche. Va da sé, comunque, che qualunque aiuto di stato concesso per salvare una banca è, in un certo senso, pagato dai cittadini.

Di Pietro ha ringraziato Santoro perché, secondo lui, è l’unico giornalista a parlare e a invitare candidati della lista Rivoluzione Civile, il cui candidato premier è Antonio Ingroia. Non è vero: proprio due giorni prima Antonio Ingroia era stato ospite a Ballarò. Il giorno prima un candidato di Rivoluzione Civile era ospite a Piazza Pulita e di nuovo lo stesso Ingroia è stato protagonista pochi giorni fa della prima puntata di Leader, il nuovo programma su Rai Tre di Lucia Annunziata.

Santoro ha sostenuto che le banche italiane sono le uniche a non aver restituito i soldi. Non ci è chiaro se intendesse dire “alla gente”, oppure se intendesse dire i soldi prestati dai governi. Nel secondo caso si tratterebbe di un’affermazione falsa. Il Banco Popolare ha restituito tutti i 1.450 milioni che aveva ricevuto in prestito con i Tremonti Bond, così come hanno fatto le altre due banche che ne hanno usufruito: il Credito Valtellinese e la Banca Popolare di Milano.

Secondo Antonio Rizzo, ex trader della banca tedesca Dresdner, intervistato nel corso di un servizio, c’è un detto tra i broker che recita così: «Se ti siedi a un tavolo di trattative e non sai chi è il pollo, allora tu sei il pollo». Una frase che suona curiosamente simile a quella utilizzata dal protagonista Matt Damon nel film del 1998, The Rounders. Nel film il tavolo non è quello delle trattative finanziarie, ma quello del poker.

E concludiamo con la nota divertente – sempre che vi piaccia la storia. Beppe Grillo, durante il suo discorso all’assemblea degli azionisti di Monte dei Paschi, mandato in onda ieri sera, ha detto che sono stati i Genovesi ad inventare il debito con la creazione del Banco di San Giorgio. Citiamo qui il bellissimo libretto dello storico dell’economia Carlo Maria Cipolla – Piccole cronache. Il primo caso di debito pubblico documentato non è ligure, ma veneto. Fu un prestito forzoso imposto ai cittadini della Repubblica di Venezia nel 1167. Per quanto Genova fu una città sempre all’avanguardia nello sviluppo del proto-capitalismo, il Banco di San Giorgio (o meglio: la Casa di San Giorgio) fu fondato solo nel 1407, quando la tradizione di fare debito pubblico era già ampiamente consolidata a Firenze, Venezia e – sotto altre forme – nella stessa Genova.