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 2013  febbraio 27 Mercoledì calendario

QUALCOSA DI DESTRA SULLA LOMBARDIA

Sono l’unico a pensare che ci sono tantissime ragioni di destra per cui Maroni avrebbe dovuto perdere, perdere e perdere?

Vedo parecchio stupore (o forse è solo rabbia), da sinistra, per la vittoria di Roberto Maroni alla regione Lombardia, ma mi sembra che, per la buona borghesia lombarda di centro e di destra, non ci sia nulla di strano. Sul Corriere della Sera, ad esempio, nessuno si fa domande. Me lo sono letto ben bene oggi: non c’è sorpresa per la vittoria (aggiungo che si, i sondaggi lo davano vincitore, ma allora, già all’uscita dei sondaggi ci si doveva chiedere: perché?).

Per dire: c’è un lungo articolo di Dario di Vico in cui cerca di spiegare le ragioni della vittoria di Maroni – e le spiega con una scrollata di spalle, come a dire: era ovvio, no? Ma l’unico fatto che nell’articolo giustifica questo – lo possiamo chiamare trionfo? – è che Maroni è di Varese, il cuore della terra del “ceto produttivo” (anzi: cetoproduttivo tutto attaccato: il nuovo, orrendo, sinonimo di piccoli imprenditori, artigiani e partite IVA), mentre Ambrosoli è un fighetto di Milano. Tutto qui? è bastato questo a convincere il cetoproduttivo a votare Maroni?

Io vorrei dirgli due cose a questo cetoproduttivo perché io e questa creatura su molte cose la pensiamo uguale. Non sui diritti civili magari, ma, quando vedo Crozza, anche io a volte non rido. Non sono proprio di destra, ma, insomma, quasi. Sono dalla tua parte, cetoproduttivo lombardo. Per di più siamo cugini, in un certo senso: io sono un veneto, di Verona peraltro. A separarci c’è solo il Lago di Garda: ci dovremmo capire tra di noi. Quindi ti chiedo, perché – perché? – hai votato Maroni?

Come dicevo all’inizio: si potrebbe non votare Maroni per le sue opinioni sull’immigrazione, sui diritti civili, per la sua idea di un nord che vuole tenersi i suoi soldi senza aiutare il sud, per la sua retorica, perché è oggettivamente antipatico, perché uno può non sentirsi barbaro e tanto meno sognante, perché Maroni una volta ha morso la caviglia di un questurino. Tante ragioni che però, al cetoproduttivo che «laüra nella fabrichèta», non interessano granché.

Ma ci sono altrettante ragioni, molto più – non so come altro dire – di destra, per non votarlo. Maroni è l’attuale segretario della Lega Nord, un partito che ha passato al governo circa 12 degli ultimi vent’anni. Per sette anni il governo non poteva reggersi senza i suoi voti: aveva il coltello dalla parte del manico. Cosa ha concluso in questi 12 anni la Lega a favore del cetoproduttivo della Lombardia? Più in generale: quali atti ha compiuto per provare a risolvere la famosa “questione settentrionale”?

Niente. Di nulla. Di niente. Ha creato la devolution, un complicato e irrazionale marchingegno bocciato da un referendum e che comunque avrebbe fatto solo danni. Ha messo insieme un altro incoerente guazzabuglio che ha chiamato “federalismo fiscale” e che comunque per tre quarti non ha nemmeno visto la luce e quel poco che è stato messo in atto ha fatto solo danni. Quando ha provato a occuparsi di semplificare le leggi, ha mandato Calderoli con un lanciafiamme a incenerire “un centinaio di migliaia di leggi”. Una pagliacciata, visto che il cetoproduttivo sa benissimo che la burocrazia italiana è ancora un orrendo cumulo di bizantinismi.

Ma la Lega non ha solo “non fatto”: quel poco che ha effettivamente ottenuto è quasi sempre un qualcosa che per il cetoproduttivo ha avuto l’effetto di un boomerang. Nessuno sembra ricordarsi della pagliacciata dei ministeri al nord. Quello show costò soldi e il cetoproduttivo lombardo dovrebbe sapere che quei soldi sono uno dei (mille) motivi per cui paga ancora l’IRAP e un cuneo fiscale del 50%. Quando ne ha avuto la possibilità, la Lega ha rubato a mani basse soldi pubblici e quando si è trattato di fare pulizia l’ha fatto soltanto a metà: facendo uscire Umberto Bossi dalla porta e facendolo rientrare dalla finestra. Chiunque conosca un po’ la Lega sa bene che quella fatta non è stata pulizia, ma soltanto un regolamento di conti tra bande.

In altre parole: è possibile non votare Maroni per chi è cosa propone, ma anche perché lui e il suo partito non sono mai riusciti a ottenere nulla di quello che hanno promesso in campagna elettorale. E allora perché Maroni e il centrodestra? Capisco non votare Ambrosoli: il cetoproduttivo è mediamente anzianotto e certa gente a sinistra non voterebbe mai – si tratta del famoso timore di vedere i cosacchi abbeverare i cavalli sul Naviglio Grande. Ma Gabriele Albertini allora? E il Movimento 5 Stelle, che i cugini veneti hanno votato in massa?

Non sono lombardo e conosco troppi pochi lombardi per avere una risposta. Ho solo un sospetto – un orribile, orribile sospetto. Che forse, in fondo, al cetoproduttivo lombardo non importa niente di come viene amministrato lo stato. Non gli importa della produttività, del cuneo fiscale e dell’IRAP. Forse il cetoproduttivo non ha affatto intenzione di vedere tagliati i lacci e lacciuoli che tengono imbrigliata la sua impresa a dimensioni naniche. Forse non ha la minima intenzione di crescere, di esportare, di competere.

Forse vuole solo qualcuno che gli dica che non è lui – o chi lui ha votato per anni – il responsabile delle sue grane. Vuole qualcuno che gli dica che la colpa è dei cinesi e dei tedeschi, e che presto questi stranieri, con opportuni dazi, balzelli e guardie alle dogane, saranno cacciati dal paese. Forse vuole solo qualcuno che non gli mandi la Finanza nel capannone, così può continuare a fare nero (l’unico modo che ha di tenere in piedi la sua impresa nanica). Mentre magari a lui va bene che gli immigrati siano irregolari, così li paga poco e se rompono le scatole, chiama i carabinieri e via, tornatene in Senegal, Django. Ecco, io non credo, ma se il cetoproduttivo della regione più produttiva di questo paese è questo qua, allora la vittoria di Maroni è proprio l’ultimo dei nostri problemi.