Lettere a Sergio Romano, Corriere della Sera 17/06/2013, 17 giugno 2013
STORIA DEL DEBITO TEDESCO DAL 1919 AL SECONDO DOPOGUERRA
Riprendo una sua risposta in merito al Trattato di Versailles della Prima guerra mondiale, dove la Germania fu decisamente vessata e punita, in particolar modo dalla Francia.
A riguardo ricordo quanto ci disse, in proposito, la nostra insegnante di storia al liceo. La Francia dopo la sconfitta del 1870 a Sedan, era stata umiliata dalla Germania. Dovette quindi poi cedere l’Alsazia e la Lorena e pagare, come indennizzo, alcuni miliardi di franchi. Tale indennizzo venne pagato dai francesi prima dei termini stabiliti. La Francia quindi non fece altro che rivalersi quasi cinquant’anni dopo.
Sa dirmi qualcosa di più preciso?
Ugo Pillitti
ugo.pillitti@libero.it
Caro Pillitti, la sua insegnante di storia aveva ragione. L’indennizzo che la Prussia pretese dalla Francia dopo la sconfitta di Sedan ammontava a cinque miliardi di franchi oro e fu pagato con un certo anticipo rispetto alla scadenza prevista dal trattato di pace, firmato a Francoforte il 10 maggio 1871. La somma rappresentava allora il 25% del Pil francese ma non era, in termini percentuali, molto diversa da quella che la Francia aveva pagato alle potenze alleate dopo la sconfitta di Napoleone a Waterloo nel 1815 (20%). A Versailles, nel 1919, fu chiesta alla Germania una somma enormemente superiore: 132 miliardi di marchi oro. In un articolo apparso recentemente su Le Monde, Jacques-Marie Veslin, professore all’Università di Amiens, ricorda che la guerra aveva dissanguato tutti i combattenti. La Germania aveva speso una somma pari a otto volte il Pil e la proporzione era di sette volte per la Francia, quattro per la Gran Bretagna. Per gli alleati occidentali il denaro necessario ad alimentare il conflitto era arrivato in gran parte dalle banche americane ma queste, alla fine della guerra, volevano essere ripagate e il governo degli Stati Uniti, dal canto suo, annunciò che nessuna linea di credito sarebbe stata aperta per la ricostruzione se i debitori non avessero anzitutto onorato il debito. Il negoziato, per quanto concerne l’Italia, ebbe a luogo a Washington, alla fine del 1925, fra il ministro delle Finanze italiano Giuseppe Volti e il segretario del Tesoro americano Andrew Mellon.
Era cominciata nel frattempo, caro Pillitti, la lunga marcia del debito tedesco: una strada costellata da inflazioni mostruose (in particolare quella del 1923), due piani americani per la ristrutturazione del debito (quello Dawes del 1924, quello Young del 1929) e una bancarotta artificialmente provocata da Hitler, dopo la conquista del potere, per interrompere definitivamente il pagamento degli indennizzi. Dopo la fine della Seconda guerra mondiale sembrò che le potenze occidentali fossero decise a riprendere il discorso sul debito con la Germania dal punto in cui era stato interrotto. Vi fu un nuovo negoziato, ma la situazione, nel frattempo, era divenuta al tempo stesso più complicata e più semplice: più complicata perché di Germanie ve n’erano ormai due; più semplice perché la Germania occidentale era ormai un indispensabile alleato nella nuova guerra, quella fredda, scoppiata fra il 1947 e il 1948. L’accordo sul debito fu molto più conciliante e si concluse a Londra con un nuovo trattato, nel febbraio 1953, che rimpiccoliva la somma dovuta e allungava le scadenze.
Sergio Romano