Luigi Accattoli, Corriere della Sera 17/06/2013, 17 giugno 2013
POLITICHE PER LA VITA, LA SCELTA DEL PAPA
Francesco non grida contro le leggi che violano i «valori non negoziabili»: è una tra le novità del suo modo di fare il Papa. Condivide la necessità della protesta ma lascia quel compito ai vescovi dei singoli Paesi che conoscono lo specifico delle leggi da sottoporre a critica. Se ne è avuta una riprova anche ieri, con quanto ha detto in piazza San Pietro durante la celebrazione per la Giornata dell’Evangelium Vitae (Il Vangelo della vita).
«Diciamo sì all’amore e no all’egoismo, diciamo sì alla vita e no alla morte, diciamo sì alla libertà e no alla schiavitù dei tanti idoli del nostro tempo»: così ha parlato Bergoglio davanti a una piazza come sempre affollata. Il messaggio era chiarissimo, tant’è che agenzie di stampa e siti internet hanno subito intitolato «Il Papa dice no all’aborto e all’eutanasia». È vero che intendeva dire quel no, ma non ha nominato né l’aborto né l’eutanasia.
«Spesso l’uomo — ha detto ancora — non sceglie la vita, non accoglie il Vangelo della vita, ma si lascia guidare da ideologie e logiche che mettono ostacoli alla vita, che non la rispettano, perché sono dettate dall’egoismo, dall’interesse, dal profitto, dal potere, dal piacere e non dall’amore». Egli ha dunque svolto l’intera argomentazione della pedagogia cattolica sull’argomento senza entrare nel campo legislativo.
Lo stesso aveva fatto il 12 maggio, sempre in piazza San Pietro, salutando i partecipanti alla «Marcia per la vita» che si era svolta quella mattina per le vie di Roma. C’era stata delusione tra alcuni di quei marciatori, che avrebbero voluto una parola più diretta sulla questione delle leggi, come generalmente facevano i papi Wojtyla e Ratzinger.
Ancora più viva è stata in ambienti militanti la delusione per il silenzio del Papa sulla battaglia dei cattolici francesi contro le nozze gay: Francesco non ne ha mai parlato e non l’ha richiamata neanche quando ha ricevuto — sabato — i parlamentari del «Gruppo di amicizia Francia-Santa Sede»: ha ricordato che tra i compiti dei parlamentari c’è anche quello di «abrogare le leggi» ma non ha detto che i cattolici di Francia dovranno adoperarsi per l’abrogazione della legge Taubira.
C’è disputa su questo atteggiamento del nuovo Papa negli ambienti cattolici che si occupano di politica. I più sostengono che un giorno parlerà «chiaro» e citano a riprova quanto ebbe a dire in un paio di occasioni da arcivescovo di Buenos Aires. Altri scommettono che non interverrà mai direttamente su una specifica questione nazionale.
A sostegno di quest’ultima interpretazione si può citare quanto ha fatto fino a oggi con i vescovi italiani. Ricevendo per la prima volta il 27 aprile il cardinale Bagnasco presidente della Cei, Francesco lo invitò a portare avanti l’impegno del nostro episcopato «a tutela e promozione dei valori non negoziabili». Il cardinale rese pubblico il contenuto del colloquio e precisò che il Papa aveva «condiviso i temi della prolusione» che egli stava preparando per l’assemblea della Cei.
In quella prolusione il presidente parlò poi della legittimazione delle coppie gay come di un «vulnus progressivo alla specifica identità della famiglia», ma il Papa incontrando i vescovi il 23 maggio successivo di questo problema non fece parola. Un silenzio che va interpretato alla luce delle parole che quel giorno disse parlando a braccio ad apertura dell’incontro: «Il dialogo con le istituzioni culturali, sociali e politiche è cosa vostra».
Tutti interpretarono che era superato il cosiddetto «lodo Bertone», cioè la lettera con cui il segretario di Stato aveva salutato la nomina del cardinale Bagnasco a presidente della Cei nel 2007, rivendicando alla Segreteria di Stato vaticana la competenza sulle questioni politiche. Era un’interpretazione giusta ma parziale: il «lodo Bertone» è stato cassato, ma Francesco con quelle parole ha detto di più. Ha detto che non solo la Segreteria di Stato ma neanche il Papa d’ora in poi svolgerà interventi riguardanti la nostra vita pubblica, interventi che sono «cosa vostra».
Luigi Accattoli