Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  giugno 16 Domenica calendario

IL VERO CIGNO NERO C’EST MOI

Il coreografo russo George Balanchine ne era fermamente convinto. «Ballet is woman», il balletto è donna, esaltazione del mondo femminile e suo appannaggio elettivo, se non esclusivo. Su questo principio essenziale, Georgij Melitonovic Balancivadze (fu Diaghilev a consigliargli di francesizzare il nome in Balanchine) aveva basato, confortato dalla tradizione zarista in cui era cresciuto, la rivoluzione estetica sulla quale modellò il New York City Ballet, fondato insieme al mecenate americano Lincoln Kirstein nella Manhattan degli anni Quaranta. Balanchine non poteva prevedere però la variabile Millepied che si sarebbe manifestata, sessant’anni dopo, proprio nel suo Nycb.
Sguardo ingannevolmente languido e un cognome che fin dalla nascita lasciava presagire un destino da coreografo, Benjamin Millepied, 36 anni compiuti il 10 giugno, sembra avere oggi ribaltato, in modo incondizionato, la posizione gregaria del maschio, applicando alla sua svettante carriera i meccanismi drammaturgici della fiaba nel balletto. Innanzitutto, le origini umili, senza le quali neppure Cenerentola avrebbe fatto fortuna. L’infanzia a Dakar in Senegal, dove i genitori si erano trasferiti dopo avergli dato la luce a Bordeaux: «Sono cresciuto in mezzo a percussionisti africani», ricorda. Dopo essere stato introdotto ai segreti della danza, all’età di otto anni, dalla madre Catherine ex ballerina di contemporaneo (il padre era un allenatore di decathlon), avrebbe potuto tentare la sorte in Francia.
Troppo facile. (In Giselle Albrecht dà il meglio di sé solo quando crede di aver perduto l’amata e la insegue nel Regno delle Willi). Così Benjamin, pizzetto incolto e accento francese, a 16 anni parte alla conquista dell’America, con in tasca una borsa di studio del ministero della Cultura francese. A New York, trova il suo Pigmalione (altro topos del balletto, un istitutore spesso inquietante come Drosselmeyer nello Schiaccianoci): il mentore è Jerome Robbins, coreografo-mito di West Side Story.
In pochi anni, Benjamin scala i ranghi del New York City Ballet fino al top, diventando principal dancer (qualifica pregevole, ma di nicchia), elegante interprete di un repertorio che spazia da Balanchine a Robbins e Martins. Al Nycb comincia intanto a coreografare elaborando uno stile personale orientato, negli anni, sempre più lontano dal classico (tema dell’outsider: non esisterebbe il Lago se Siegfried fosse rimasto nel suo milieu); firma titoli per il rivale American Ballet Theatre, per l’Opéra de Paris, il Mariinskij, il Ballet de Genève e, tra il 2006 e il 2007, è coreografo residente al Bac di Baryshnikov per il quale crea l’autoironico Years Later in cui il divo russo, all’epoca quasi sessantenne, duettava con la propria immagine giovanile.
Nel 2009 la svolta: il regista cinematografico Darren Aronofsky lo chiama per le coreografie di Black Swan, thriller psicopatologico ambientato proprio nella sede del Nycb al Lincoln Center. Un paio di mesi dopo l’inizio delle riprese, Millepied si aggiudica il ruolo di David, ballerino-partner della protagonista Nina (Natalie Portman) e debutta da attore, ben consapevole che puoi danzare da Principe ogni sera, ma l’unica fiaba in cui tutti credono è Hollywood (tema del sogno, Schiaccianoci, Spectre de la Rose).
Nel Cigno Nero è fiction nella fiction: per le scene sulle punte viene utilizzata, come controfigura della Portman, Sarah Lane dell’American Ballet, il cui corpo viene montato in digitale sotto il viso di Natalie. Tutto però dev’essere credibile. In una battuta Benjamin-David dice freddamente di Natalie-Nina: «Portarla a letto? Bah, no!». Niente di più falso. Per la Portman Millepied avrebbe scaricato di lì a poco la sua convivente, la ballerina dell’Abt Isabella Boylston (dinamica del tradimento trasgressivo: Giselle, La Sylphide, Il Lago), avvalorando la nomea di fiero estimatore del gentil sesso.
Nell’estate 2012 impalma (terzo atto della Bella Addormentata) con rito ebraico notturno la Portman, vincitrice del Golden Globe e dell’Oscar per Black Swan, dalla quale ha avuto nel frattempo il figlio Aleph. Al cinema si è appassionato anche come regista: nel 2010 firma il suo primo cortometraggio, ne seguiranno altri cinque per l’evento multimediale Portals.
La fenomenologia di Benjamin Millepied, il cui gruppo L.A. Dance Project è atteso (per la prima volta in Italia ma senza di lui) al Festival dei due mondi di Spoleto il 12 e 13 luglio, si arricchisce di mese in mese. Il Project, che lo stesso Benjamin definisce «collettivo artistico», è un gruppo non profit di sei ballerini fondato nel 2012 a Los Angeles con il compositore Nico Muhly, il consulente artistico Matthieu Humery, i produttori Charles Fabius e Dimitri Chamblas. La piccola compagnia (budget operativo un milione di dollari l’anno) si regge grazie a sponsor e donazioni private: per la causa, si batte la stessa Natalie chiamata a rastrellare fondi in un gala allestito in una villa privata di Bel Air, il 20 giugno. Come resistere a Millepied? L’homme libre del profumo Yves Saint Laurent è uno che osa: alla Walt Disney Concert Hall, il Dance Project ha proposto al pubblico di Los Angeles, avvezzo ben più al cinema che non al teatro d’avanguardia, il brano sperimentale di Merce Cunningham Winterbranch (lo vedremo anche a Spoleto, in un programma in esclusiva che prevede due coreografie di Millepied, Closer del 2006 e il recente Moving Parts) creato nel 1964 su musica abrasiva di La Monte Young ed eseguito parzialmente al buio con arredi e costumi di Robert Rauschenberg: alla prima il «Los Angeles Weekly» registrava tra gli spettatori spazientiti «alcuni fischi, applausi educati e un nervoso strabuzzare di occhi». E mentre il critico del «L.A. Times» Lewis Segal definiva Benjamin «a carpetbagger», un avventuriero, lui ribatteva: «Los Angeles è un cliché ma io amo la luce», proseguendo imperterrito a stringere collaborazioni con artisti californiani di grido come Mark Bradford, Rodarte, Alex Israel in performance esclusive in cui si è esibito personalmente al Museum of Contemporary Art. Tutte medaglie sul petto villoso di Benjamin, nominato nel 2011 in Francia Cavaliere delle Arti e delle Lettere. Eccolo dunque pronto a conquistare il trono più ambito: il Ballet de l’Opéra de Paris.
Detto fatto. Sarà direttore dal 2014 per volere del prossimo responsabile artistico dell’Opéra, Stéphane Lissner, sovrintendente uscente della Scala, che a Milano ha imposto il balletto in chiave rock, commissionando L’altra metà del cielo a Vasco Rossi e alla coreografa off-Broadway Martha Clarke, con esiti assai discutibili. Non sorprende quindi l’interesse di Lissner per un personaggio pop come Millepied che, con questa nomina a sorpresa, ha scalzato il candidato più probabile (tema dei pretendenti, Adagio della Rosa nella Bella Addormentata) cioè Laurent Hilaire, il delfino di Brigitte Lefèvre lanciato da Nureyev. La stampa francese ha comunque apprezzato la scelta. Alla conferenza che annunciava il suo prossimo insediamento un giornalista commentava con sollievo: «Parigi ha perso Dépardieu ma ha guadagnato la Portman». Un altro ha chiesto all’ineffabile Benjamin se teme le invidie. Lui, rapace: «Si vedrà». Come a dire: «Non avete ancora capito che il vero Cigno nero c’est moi?».
Valeria Crippa