Alberto Alesina-Francesco Giavazzi, Corriere della Sera 16/06/2013, 16 giugno 2013
CORAGGIO, UN TAGLIO FORTE ALLA SPESA
Ci risiamo. Le spese delle pubbliche amministrazioni non possono essere tagliate, quindi non solo non si può abbassare la pressione fiscale, anzi la si deve aumentare. L’altro ieri il ministro Saccomanni ha detto: «Eliminare l’Imu sulla prima casa costerebbe allo Stato 4 miliardi l’anno, che aggiunti ai 4 miliardi che costerebbe lo stop all’aumento di un punto dell’Iva farebbero ipotizzare la necessità di interventi di tipo compensativo di estrema severità che al momento attuale non sono rinvenibili».
La spesa pubblica al netto degli interessi e della spesa per prestazioni sociali somma (dati 2012) a 351 miliardi di euro: 165 per stipendi dei dipendenti pubblici, 89 per l’acquisto di beni e servizi, 33 di trasferimenti a vario titolo alle imprese, 35 per altre attività, in cui rientra il costo delle assemblee elettive e solo 29 per investimenti pubblici. 351 miliardi! E senza toccare le pensioni, i sussidi di disoccupazione e il poco, troppo poco, che lo Stato dà a chi è davvero povero, non se ne possono risparmiare 8, cioè il 2,2 per cento? Chiedete a una famiglia, o a un piccolo imprenditore in difficoltà, se non riesce a tagliare il 2,2 per cento di quanto spende.
A che cosa servono le Province? Uno studio dell’istituto Bruno Leoni (www.brunoleoni.it) stima che i risparmi dall’abolizione delle Province, anche tenendo conto che i dipendenti dovrebbero essere riallocati in altre amministrazioni, ammonterebbero a 1,9 miliardi l’anno. Una commissione istituita dal governo Monti aveva individuato (con l’applauso di Confindustria) una decina di miliardi di possibili tagli ai sussidi alle imprese senza toccare i sussidi a scopo sociale, e proponendo che venissero trasformati in una corrispondente riduzione del cuneo fiscale. Se ne è persa traccia. Un decreto del governo Monti prevede che il 13 settembre vengano chiusi 31 tribunali e procure, 220 sezioni giudiziarie distaccate e 667 uffici del giudice di pace, con un risparmio stimato dall’ex-ministro Severino in almeno 30 milioni l’anno. Ma non è più certo che accada: un mese fa il Tar del Lazio ha accolto una richiesta di sospendere la chiusura della sede distaccata di Ostia e inviato gli atti alla Corte costituzionale. Insomma, possibile che su 351 miliardi di euro di spese non se ne trovino 8 da tagliare?
Si stima che le imposte evase sommino a 120-150 miliardi l’anno. Possibile che non si possa recuperare qualcosa di più di quanto già fatto, ad esempio usando meglio gli incroci fra banche dati? Ogni euro recuperato dovrà essere destinato esclusivamente a ridurre la pressione fiscale sui cittadini onesti, ad esempio istituendo un «premio di fedeltà fiscale».
Non appena nominato, il ministro Saccomanni ha preso una decisione coraggiosa: ha decapitato la burocrazia che per un decennio aveva retto il ministero dell’Economia, sostituendola con persone nuove e capaci. Il nuovo Ragioniere generale dello Stato è uno dei migliori e più esperti funzionari della Banca d’Italia. E tuttavia, anziché impegnarsi a trovare spese da tagliare per ridurre la pressione fiscale, si preoccupa perché non trova i denari per impedire un aumento (non una riduzione) dell’Iva! Saccomanni sbaglia quando definisce questi tagli interventi di «estrema severità». Così facendo trasmette un messaggio pericoloso: tagliare le spese sarebbe un intervento grave, la pressione fiscale non si può ridurre senza fare cose gravi.
Siamo da capo. Tassa e spendi, una politica che ci ha portato sull’orlo del collasso. Non si può tagliare nulla, si può solo far pagare più Iva ai cittadini.
Alberto Alesina
Francesco Giavazzi