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 2013  giugno 15 Sabato calendario

PAGATI UN TERZO DEGLI ITALIANI

Le Costituzioni di Italia e Germania sono quasi simili, venivamo da due dittature, eravamo paesi sconfitti, e in parte le imposero gli alleati. Noi ora vogliamo riformare la nostra Carta, rafforzando i poteri del presidente della repubblica. Il presidente tedesco ha più o meno lo stesso ruolo: rappresenta la nazione, ed è al di sopra delle parti, qualunque sia il suo partito di origine.
Anche qui, di solito si limita a distribuire moniti a questo e a quello che però, al contrario che in Italia, non vengono ripresi ed enfatizzati oltre misura con l’apertura della prima pagina dei quotidiani. L’altro compito del presidente della repubblica tedesco è ratificare le leggi proposte. Come il suo collega italiano, è il notaio del paese. Se Napolitano, come lo accusano, va al di là dei suoi compiti, è perché gli altri poteri latitano, sono fallimentari, e il presidente è costretto a invadere il campo.
Repubblica presidenziale, perché no? Ma non si può rafforzare un pilastro lasciando gli altri come stanno senza rischiare di far crollare la baracca, o di instaurare una semidittatura. Presidente alla francese o all’americana? Ma anche De Gaulle o Mitterrand si trovarono a dover spesso trattare con un parlamento di segno opposto, come il senato Usa, che boccia spesso quel che decide un Obama o un Bush. E chi sgarra può finire sotto processo. Ricordate Nixon o il povero Clinton. Allora, perché prima di pensare alla figura del presidente non pensiamo a rafforzare il nostro parlamento? Magari copiando proprio dalla Germania. Il declino di Monti, agli occhi dei tedeschi, iniziò l’estate scorsa, quando in un’intervista allo Spiegel invitò la Merkel ad agire con più autorità senza preoccuparsi del parlamento. Una gaffe colossale. Il professore pensava ovviamente a Montecitorio, di cui si può non tenere conto, ma il Bundestag è sacro, pur senza esagerare. Alla prima occasione, il presidente, il cristiano-democratico Norbert Lammert, invitò Monti a visitare lo storico palazzo, simbolo degli eventi più tragici della storia europea. E lo condusse a passeggio su per la spirale che gira intorno alla cupola di cristallo creata dall’architetto Norman Foster. Un modo diplomatico per impartire una lezione all’ospite.
Monti, come ogni giorno migliaia di turisti, poté vedere sotto i piedi i deputati al lavoro. Una cupola simbolo di democrazia. Da noi, un centinaio di deputati rifiuta di farsi identificare attraverso le impronte digitali per poter così votare al posto dei colleghi. Se un impiegato timbra il cartellino al posto dell’amico rischia giustamente il licenziamento. I nostri rappresentanti se ne infischiano. I presidenti del parlamento, invece di impedirlo, hanno vietato le riprese tv e le foto, per consentire ai parlamentari di continuare a fare i loro comodi. I colleghi tedeschi lavorano sotto gli occhi dei cittadini. Nessuno può essere mai certo che uno degli elettori del suo collegio sia in gita a Berlino e lo stia controllando dall’alto, oppure può notare la sua assenza durante un dibattito importante.
Se il parlamento italiano non ha autorità sarà anche colpa di chi ci lavora. E agli italiani è stato tolto il diritto di sceglierli. Anche in Germania c’è una lista chiusa proposta dei partiti, ma gli elettori hanno un secondo voto da destinare al candidato, anche di un altro partito. Quindi non conviene proporre una squadra di personaggi senza qualità, se non si vuole correre il rischio di venir puniti alle elezioni.
Gli abgeordnete, i deputati, godono dell’immunità, ma i colleghi la tolgono sempre quando richiesto dall’autorità giudiziaria. Hanno dei privilegi, e in compenso perdono dei diritti: per loro non vale la privacy concessa a ogni normale cittadino per la dichiarazione dei redditi. Possono guadagnare gli extra che vogliono, come lo sfidante della Merkel, il socialdemocratico Peer Steinbrück (un milione di euro per conferenze), purché paghino le tasse. Ma devono rivelare chi li ha pagati e perché. Infine, particolare non secondario, i deputati a Berlino hanno uno stipendio che è un terzo, o poco più, del collega romano. Se si vuole un presidente forte, bisogna affiancargli un parlamento più forte ancora.