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 2013  giugno 16 Domenica calendario

BANCHE CINESI A SECCO PECHINO TEME LA BOLLA

Il Longwish Hotel, 72 piani per 320 metri di altezza, è più alto e maestoso del grattacielo Chrysler di New York. Ma non sorge nel cuore di Manhattan, bensì nel bel mezzo della cittadina di Huaxi, nella provincia di Jiangsu, 2.100 abitanti in tutto. Val la pena di partire da qui, dal gigantesco albergo da 826 stanze, piscina ed eliporto sul tetto compresi, per capire i problemi della grande Cina come li ha ereditati la nuova coppia di governo, il presidente Xi Jingping e il premier Li Kequiang, dopo dieci anni votati a produrre, ancora produrre senza andar troppo per il sottile. Oggi, tra problemi ambientali e segnali di ritorno di imprese e capitali verso gli Usa, lo spirito del Drago sembra svuotato di energie, al pari dei saloni del Longwish Hotel, in attesa di turisti che non ci sono e, probabilmente, non ci saranno mai.
Il segnale d’allarme è scattato venerdì mattina, quando il ministero delle Finanze cinese ha preso atto che l’offerta di titoli di Stato a 9 mesi per 15,3 miliardi di renmimbi (poco più di 1,5 miliardi di euro) si era chiusa con un clamoroso flop: solo 9,6 miliardi sottoscritti. Alla stessa ora la Agricultural Development Bank, una delle più grosse banche del mondo, denunciava un risultato simile: su 20 miliardi di obbligazioni a 6 mesi la raccolta era stata di soli 11 miliardi. Occorre andare indietro di 23 mesi per trovare un fallimento simile.
Com’è possibile che la Cina, che scoppia di riserve in dollari, oro ed euro non trovi un miliardo per finanziare il Tesoro? La risposta sta anche in quell’albergo semivuoto di Huaxi dove, rivela un inviato del Financial Times, le cameriere nord coreane si esibiscono in balletti folcloristici per i vecchi del villaggio, trasferiti in albergo a carico del comune. Dieci anni di sviluppo forzato, a suon di lavori pubblici e di investimenti finanziati da banche pronte ad obbedire a governi centrali e regionali, a boss cittadini e segretari del partito, hanno posto le premesse per una gigantesca bolla immobiliare. Per non correr brutte sorprese il nuovo governo ha ordinato una stretta del credito: le banche devono rafforzare il patrimonio per far fronte a un eventuale sboom dei prezzi immobiliari. Per questo le banche si trovano a corto di liquidità, con effetti immediati sull’andamento della locomotiva cinese: il Pil sale “solo”del 7 per cento, assai meno dell’ascesa a due cifre della prima parte del millennio. Niente male, si può obiettare, salvo che le statistiche ufficiali cinesi lasciano a desiderare: il traffico dei porti, secondo le rilevazioni di Hsbc, sta andando assai più a rilento di quanto affermato da Pechino, gustificando seri dubbi sull’import-export effettivo.
E poi, comunque vada, sarà necessario fare i conti con i grattacieli nel deserto. Magari Huaxi è un caso limite. Ma la cittadina, fino a ieri, è stata considerata un caso di successo delle virtù del comunismo cinese. Sotto la guida del leggendario segretario locale del partito, Wu Rembao, che già negli anni del terrore della Banda dei Quattro, aveva in segreto convinto i compagni del villaggio a dar vita ad una fabbrica clandestina di chiodi. Con la svolta di Deng Xiao Ping, il compagno Wu ha dato libero sfogo al suo spirito imprenditoriale: Huaxi è diventata una spa, quotata alla Borsa di Shenzhen, pronta a investire in ogni sorta di industria e di speculazione immobiliare. Infine, prima di scomparire, il compagno Wu ha dettato l’ultima svolta: cari compagni, ormai l’industria rallenta, il futuro è nei servizi, turismo in testa. Di qui la decisione di costruire un albergo di lusso, nel bel mezzo di una piana popolata di fabbrichette. Ma chi ci va in un albergo del genere? Ad attrarre i turisti doveva essere la statua di un Toro d’oro massiccio, valore 30 milioni di euro, esposta al sessantesimo piano. Un po’ poco per giustificare un viaggio, anche perché il Toro è più che altro una bufala, solo placcato oro. Un po’ come la potenza del Drago con cui è bene non scherzare, ma che non bisogna nemmeno esagerare.