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 2013  giugno 16 Domenica calendario

IL RIGORE DELLA MERKEL SULL’ITALIA METTE IN CRISI LA FINANZA TEDESCA

La Corte Costituzionale tedesca ha puntato la pistola alla tempia dell’euro e i sacerdoti della Bundesbank danzano per propiziare lo sparo. Eppure alla banca centrale tesca dovrebbero sapere che la caduta dell’Italia sarebbe un siluro sulla linea di galleggiamento di Allianz e Deutsche Bank. Vale a dire le due più importanti istituzioni finanziarie tedesche. Perchè tutti siamo molto concentrati sul fatto che Volkswagen compra Giugiaro, Lamborghini e Ducati (che comunque hanno un loro peso). Assai meno noto il fatto che l’Italia è il secondo mercato per Allianz, primo assicuratore tedesco (ed europeo) e per Deutsche Bank, prima banca di Germania (e una delle principali nel continente). Che cosa significa? Significa che tanto per Allianz quanto per Deutsche il mercato italiano vale di più di quello cinese, o americano o russo. Insomma la penisola è vitale per i colossi della grande finanza tedesca.
Allianz venticinque anni fa fece un affare senza eguali acquistando per circa 500 miliardi di vecchie lire la Ras. Allora (come oggi) era la seconda compagnia italiana. Giampiero Pesenti l’aveva venduta non appena entrato in possesso dell’impero di cemento, banche e polizze, costruito dal padre Carlo. Aveva così eliminato i debiti e da allora non ne ha più fatti. I tedeschi per una ventina d’anni hanno lasciato grande autonomia alla ricca provincia italiana. Poi hanno iniziato la progressiva integrazione culminata con la scomparsa del nome Ras e la fusione sotto il marchio Allianz di tutte le attività nel nostro Paese. Risultato? Oggi l’Italia guadagna quasi quanto la Germania. L’utile è di sette milioni più basso. Tuttavia considerando la differenza della raccolta premi (in Italia metà che in Germania) è facile concludere che i margini di Allianz, nel nostro Paese, sono di gran lunga superiori a quelli ottenuti sul mercato nazionale. Insomma per il colosso assicurativo la piazza italiana è la perla più preziosa del gruppo. Eppure il governo di Berlino e tutta l’inquisizione che lo circonda continua a chiedere esami e prove di maturità.
Discorso analogo per Deutsche Bank che in Italia ha 317 sportelli e 2.300 dipendenti ereditati in gran parte dalla vecchia Banca d’America e d’Italia. Negli anni si sono aggiunte altre acquisizioni e successive aperture. Poi Finanza&Futuro (fondi d’investimento) con 1.540 promotori e altre attività minori nel campo del credito al consumo, delle carte di credito e delle gestioni patrimoniali. Complessivamente Deutsche Bank Retail ha realizzato un miliardo di ricavi l’anno scorso con un aumento medio del 6% anno fra il 2009 e il 2012. Vuol dire che nei momenti più duri della crisi Deutsche Bank non ha fermato lo sviluppo. Bravi i loro manager: ma anche il mercato ha risposto. A dimostrazione di fiducia c’è l’annuncio di una nuova banca: si chiama Deutsche Bank Easy e riorganizza attività esistenti: complessivamente due milioni di clienti (400 mila in più all’anno secondo il piano industriale), 140 filiali, trecento dipendenti.
Di fronte a queste cifre si stenta a capire. Altro che lasciar affondare l’Italia: le grandi banche e le assicurazioni tedesche dovrebbero lanciare un’Opa sul nostro Paese per essere certi della continuità dei loro investimenti. Ma soprattutto colpisce il silenzio. In questi mesi non si è mai sentita la voce del presidente dell’Allianz o di Deutsche levarsi a favore del nostro Paese. Magari chiedendo l’allentamento delle condizioni di austerità e di rigore imposte dalla Cancelliera Merkel. Non sarebbe nemmeno una difesa degli interessi di gruppo ma, date le proporzioni, della stessa economia tedesca: l’azzoppamento di Allianz e Deutsche sarebbe un trauma insopportabile per la Germania. Ma soprattutto stupisce la scarsa consapevolezza della propria forza fra i governi italiani. Nessun gioco di sponda con il sistema dell’alta finanza di Francoforte che tutto desidera tranne che un ’Italia in crisi. Tanto meno l’uscita dall’euro.