Lorenzo De Cicco, Il Messaggero 17/6/2013, 17 giugno 2013
UN MATRIMONIO SU TRE FINISCE PER VIOLENZA
Un matrimonio su tre finisce per violenza. La denuncia arriva dal congresso nazionale dell’Associazione matrimonialisti italiani, che chiede al governo pene più severe per le violenze domestiche attraverso una riforma del diritto penale familiare. «In Italia oltre il 30% delle separazioni è caratterizzato da maltrattamenti o abusi», spiega il presidente dell’Ami, Gian Ettore Gassani. «Nella maggior parte dei casi ad essere colpite sono le donne. Ma negli ultimi anni è aumentato anche il numero degli uomini vittime di violenze da parte del partner, oggi superano il 10%. Il dato più scoraggiante però è quello che riguarda le donne che avevano già sporto denuncia contro l’aguzzino prima di essere uccise: il 40% delle vittime, quasi una su due». Ecco perché, secondo i matrimonialisti, «non è più rinviabile una riforma delle leggi che regolano i maltrattamenti, dato che le pene previste per molti reati sono del tutto simboliche e non efficaci».
PENE POCO SEVERE
Come aiutare le vittime di violenza ad essere più sicure? «Innanzitutto attraverso l’applicazione del rito direttissimo nei processi - spiega ancora Gassani – È l’unico strumento utile per evitare che i reati vadano in prescrizione, lasciando la persona che ha denunciato più sola e più esposta a possibili ritorsioni. Poi bisogna istituire nei tribunali delle sezioni penali con magistrati specializzati che possano intervenire con la massima tempestività per evitare la reiterazione del reato». Nei casi di stalking, per i matrimonialisti, è fondamentale l’introduzione del braccialetto elettronico, come accade negli Usa e in molti pesi europei. «È una delle poche risposte incisive per difendere davvero le donne da chi le minaccia, ma purtroppo oggi questa misura è rimasta solo sulla carta».
FALSE DENUNCE
Altro fenomeno da tenere sotto controllo è quello delle false denunce, un malcostume tipicamente italiano che negli ultimi anni ha registrato una crescita costante. «Si tratta di querele che vengono sporte quando la procedura per il divorzio è già stata incardinata - continua Gassani - Calunnie che hanno il solo scopo di essere utilizzate strumentalmente nel processo. Purtroppo anche gli avvocati a volte si sono prestati a queste messe in scena, che peraltro negli ultimi anni hanno prodotto solo una gran quantità di assoluzioni e proscioglimenti. La stessa magistratura ha più volte denunciato la diffusione di questo fenomeno, ma servono sanzioni più dure».
ALLARME FEMMINICIDIO
Dal congresso dei matrimonialisti, che si è concluso sabato, è arrivato anche un grido d’allarme contro il femminicidio. «Gli studi sul decennio 2000-2011 ci dicono che sette femminicidi su dieci avvengono in famiglia – sottolineano dall’Ami - L’abbandono è la causa principale che spinge gli assassini ad agire e nei primi tre mesi dalla rottura il rischio per le donne è più alto. È vero che negli ultimi anni gli omicidi sono diminuiti del 57%, ma i delitti “passionali” sono cresciuti del 98% e in Italia un terzo vittime è donna. Ci sono più morti ammazzati in famiglia rispetto a quelli prodotti dalla malavita».
La battaglia sul femminicidio, spiegano gli esperti, è anche culturale e non è sempre facile. «Sostenere, come fanno alcuni ‘negazionisti’, che parlare di femminicidio è scorretto perché le statistiche sono ufficiose o perchè i numeri rimangono costanti nel tempo è come affermare che la mafia non esiste. E poi, davvero può esserci un limite di tolleranza? La nostra posizione è netta – conclude il presidente dell’associazione matrimonialisti - Il femminicidio esiste e va sradicato applicando in modo rigoroso le leggi esistenti, approvandone di nuove e predisponendo centri di sostegno psicologico. Perchè non è solo la violenza fisica ad uccidere il corpo».