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 2013  giugno 17 Lunedì calendario

Un salotto (un paio di poltrone e un divano) con una scrivania, alle spalle un austero crocifisso, una libreria a vetri, un tappeto a disegni persiani

Un salotto (un paio di poltrone e un divano) con una scrivania, alle spalle un austero crocifisso, una libreria a vetri, un tappeto a disegni persiani. Molto (troppo?) uso di neon. Quindi camera da letto, un frigorifero, un disimpegno e un bagno. Un parquet industriale lucidato a specchio, soprattutto quel letto di legno scuro rendono gli ambienti molto freddi. Ma l’inquilino non si lamenta. L’uomo è austero, la sveglia di solito suona alle 4.45, un quarto d’ora dopo è già in preghiera e ci resterà per un’ora, meditando sulle scritture della Messa quotidiana. La mappa dei centri dei Grandi Poteri del mondo da qualche settimana è cambiata. Il nuovo Pontefice della chiesa cattolica guida i suoi fedeli (un miliardo e 214 milioni, secondo l’ultimo Annuario Pontificio) dall’appartamento 201 al secondo piano di Casa Santa Marta. Bergoglio usa un altro nome. La chiama «Convitto»: 106 suite, 22 stanze singole e un appartamento. Si trova benissimo, ormai è impensabile che torni ad abitare nell’immenso Appartamento papale del Palazzo apostolico. Lo ha spiegato durante l’udienza alle scuole italiane dei gesuiti: «Io ho necessità di vivere fra la gente, e se io vivessi solo, forse un po’ isolato, non mi farebbe bene». Che Santa Marta, albergo nel cuore della Città del Vaticano nato per ospitare i cardinali nei Conclavi, sia ormai uno snodo fondamentale nella nuova pagina della Chiesa lo dimostra la recente nomina di monsignor Battista Mario Salvatore Ricca al posto-chiave di prelato ad interim dello Ior, il discusso Istituto per le opere di religione. Guarda caso, Ricca è direttore delle case di ospitalità vaticane, quindi soprattutto di Santa Marta. I suoi frequenti colloqui con Papa Francesco, talvolta a cena, hanno costruito uno schietto rapporto di fiducia. Papa Francesco si muove a Santa Marta come i gesuiti nelle loro residenze collettive. Appare spesso in atrio senza preavviso (all’accoglienza c’è un turno di personale femminile laico che risponde al telefono). In quanto ai pasti, nessuna formalità: Bergoglio si siede con chi capita e la sera, se funziona il self service, si arma di vassoio. In fondo, da cardinale di Buenos Aires, si cucinava i pasti da solo e andava fiero del «suo» maialino al forno. La mensa di Santa Marta ha consolidata fama di mediocrità, in Vaticano. Cucina continentale, da vero albergo qual è Santa Marta. Arrostini, minestroni, pasta al forno. Ma il Papa non obietta. Lì vivono stabilmente una trentina di ecclesiastici della Segreteria di Stato, alcuni funzionari laici, quei vescovi che da tutto il mondo raggiungono Roma per qualche giorno. Quando viene a Roma alloggia lì anche Ernst von Freyberg, il nuovo presidente dello Ior. La gestione della Casa è pilotata da monsignor Ricca che conta su sei suore Figlie della Carità di San Vincenzo de Paoli (un tempo chiamate «le cappellone», per l’immenso velo). Ma il resto del personale, maschile e femminile, è laico. Cucina inclusa. Il servizio di sicurezza è discreto: gendarmeria pontificia, Guardie Svizzere. Nessun corpo speciale. Bergoglio ama Santa Marta, la trova funzionale. Lì ha ricevuto il 19 marzo Cristina Fernández de Kirchner, la presidente argentina, che ha mangiato in mensa con lui. A Santa Marta sono stati ricevuti sabato scorso, 15 giugno, il presidente della Commissione europea, Josè Manuel Barroso e il cardinale Stanislaw Dziwisz, arcivescovo di Cracovia ed ex segretario particolare di Giovanni Paolo II. Utilizza il grande Appartamento papale soltanto per le visite ufficiali di Stato (quella con il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, per esempio) e le benedizioni domenicali. Per il resto, vive nella «normalissima» Santa Marta. Dopo la sveglia all’alba e la meditazione, Messa alle 7 (ricorre un anticipo di quattro-cinque minuti) con breve omelia (sintesi quotidiana su l’Osservatore Romano), saluti al gruppo invitato, fotografie, finalmente colazione in mensa. Alle Messe mattutine si è convocati per raggruppamenti omogenei: dipendenti vaticani all’inizio, la comunità argentina a Roma, recentemente i Gentiluomini di Sua Santità (tra cui il duca romano Leopoldo Torlonia). Poi c’è la giornata di lavoro, l’esame dei vari dossier. Breve pausa per il pranzo, seguita da mezz’ora di riposo (la sveglia all’alba pesa). Poi ancora lavoro, cena alle 19.30-20, preghiera, luce spenta poco dopo le 22. L’uso di Santa Marta ha comportato lo sgombero del parcheggio «italiano» in via della Stazione Vaticana, di fronte ai numeri civici 3-5-7, una ventina di posti sicuri nel caos romano intorno a San Pietro. Qualche mugugno dei residenti, ma era impensabile che ci fossero auto in sosta di notte quasi sotto le Sacre finestre. Impossibile contare quante volte Papa Francesco abbia incontrato Benedetto XVI nella sua nuova residenza nell’ex monastero Mater Ecclesiae, a duecento passi di distanza da Santa Marta. Bergoglio è imprevedibile, si muove con agilità. Ratzinger continua la sua ritiratissima vita: preghiera, meditazione, lente passeggiate nei giardini vaticani. Nessuna novità. Chissà quante volte si saranno visti al riparo da occhi indiscreti. Lo sa solo Santa Marta. Paolo Conti