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 2013  giugno 16 Domenica calendario

Luigi Ontani da un anno abita a Roma in via Canova, nello studio che fu di Canova, dove il grande scultore eseguìisuoipiùfamosi capolavori

Luigi Ontani da un anno abita a Roma in via Canova, nello studio che fu di Canova, dove il grande scultore eseguìisuoipiùfamosi capolavori. Come è riuscito ad andare a vivere in quel luogo? «Per caso: stavo passeggiando e ho visto un cartello “Affittasi”. Lo studio appartiene a privati, che lo affittano soltanto ad artisti». Cosa fa il maestro Ontani? «Confido nella costante avventura tra arte e vita e Vitarte». Che cos’è Vitarte? «Un desiderio che ho da sempre, dall’infanzia all’adolescenza alla tarda adolescenza protraendo l’adolescenza e quindi saltando la maturità fino alla senilità: fareancoraarteperdiletto.Essendocresciuto come dilettante, ho cercato di fare arte con il nulla, giocando con la vanità». La sua arte negli anni è cambiata? «C’è stato un mutamento che desidero sia una prospettiva. Ho formulato un’immagine fotografica a grandezza naturale che ho chiamato gigantografia, e per fare questo è stato necessario ricorrere a stampatori specializzati. Andai a Bologna da Villani, che stampava immagini per i treni, ma non ci riuscì. Ce la fece Renato, uno stampatorediForlì.EralaprimavoltainItalia». E poi? «A partire dagli anni Duemila ho realizzato delle immagini sovrapposte che danno movimento alle mie foto». Un po’ come Morandi, lei è un artista che attraversa i decenni ripetendo spesso gli stessi motivi? «Sono nato a Vergato nell’appennino tosco-emiliano dove c’è il comune di Grizzana Morandi. Il mio studio ideale è nella valle del fiume Reno, Morandi è un caso di arte sublime svolta nella quotidianità. Ho tentato di esprimere l’opposto ma con un’affinità, quella di non lasciarmi condizionare dal contesto socio-politico del tempo. Il mio impegno è trovare un’alterità dell’arte. Ho voglia di fantasia e non di farmi condizionare dalla quotidianità». Perché sua nonna Caterina è stata così importante? «Quando arrivò il fascismo i fratelli di mio padre scapparono dall’Italia e la nonna Caterina portò alla stazione un grande pane che dentro nascondeva una bandiera rossa. Era una donna rivoluzionaria, di sinistra... Le ho fatto un omaggio, un grande pane di ceramica contornato da tigelle, le focaccine tipiche modenesi. Gli zii, la nonna e in qualche modo pure mia madre sentivano un forte impegno politico, io invece preferisco vivere l’elemento ludico». Si dice che lei sia il precursore di artisti come Cindy Sherman... «In alcune mostre sonostati associati al mio discorso artisti che successivamente hanno fatto cose simili alle mie, e per questo per scherzo li chiamo “maestri postumi”. Ma c’è una differenza: io voglio ridare vita alla contemporaneità facendo un ibrido tra arte antica, archeologia, arte moderna, leggende, mitologia e allegoria. Questo è stato il mio viaggio nelle maschere del mondo». È vero che sta realizzando un progetto di un castello? «La Fondazione Carisbo di Bologna, per volontà del suo presidente Fabio Roversi Monaco, dedica al sottoscritto e al mio lavoro un percorso - pronto dalla prossima primavera - all’interno del castello Rocchetta Mattei in ristrutturazione in provincia di Bologna. In autunno alla Fondazione Carisbo ci sarà un’anteprima, cioè una mostra che parlerà del mio progetto». Cosa rappresenta nel suo percorso l’India, dove è stato a più riprese? «Per una vita, dall’inizio degli Anni 70, ha rappresentato un altrove. Vi facevo viaggi lunghissimi, ed esprimevo le mie idee e la mia fantasia - con la collaborazione dei fotografi dei villaggi - attraverso immagini seppia acquerellate». Chi sono i suoi maggiori collezionisti? «Sono tuttora degli amici, degli amanti appassionati di arte o di artisti come Morandi, De Chirico, Savinio. Credo che l’artista vivendo in Italia si senta più libero perché non c’è una vera considerazione, se non molto esclusiva, da parte di alcuni appassionati». Il mercato la interessa? «Ho cercato di avere buoni rapporti con mercanti, galleristi e collezionisti e ho un’attenzione etica verso le quotazioni che ho sempre rispettato». Tra le moltissime mostre, lei ha fatto una grande retrospettiva al Castello di Rivoli. Cosa pensa del futuro di quel museo? «Credo che il problema non siano i musei; l’arte e la cultura sono un’eccezione. Chi gestisce il potere ha punti di vista e problematiche che non appartengono né all’arte né alla cultura. Tutti i musei dovrebbero essere sostenuti con grande generosità da chi è al potere. Invece di chiuderli e di soffocarlibisognerebbeaprirnedinuovi.L’arte e la cultura sono fondamentali, e non capisco come non si colga il grande valore di questo tesoro». Chi realizza i suoi abiti fucsia, verde pallido, blu-viola, grigio-ghiaccio? «Mi piacciono i colori, e non potendo trasformarmi in un camaleonte mi vesto di stoffe acquistate in India e in Thailandia dove vivono i miei sarti preferiti. Io stesso vorrei essere una tavolozza di colori».