Aldo Grasso, Corriere della Sera 16/06/2013, 16 giugno 2013
Il paradosso della televisione in tempo di crisi: cresce il consumo, ovvero la domanda, ma calano le risorse disponibili
Il paradosso della televisione in tempo di crisi: cresce il consumo, ovvero la domanda, ma calano le risorse disponibili. E ai broadcaster l’arduo compito di far fronte alla richiesta di più tv con meno risorse. Si è appena concluso il «periodo di garanzia di primavera», il secondo periodo più importante per la tv, e due dati emergono con chiarezza: in tempi di conclamata depressione della pubblicità (-18,9% per il comparto, secondo Nielsen Media Research), il consumo è invece in consistente crescita. Da metà febbraio all’inizio di giugno, la fruizione televisiva è aumentata di più del 3% rispetto allo stesso periodo del 2012, toccando i 276 minuti nell’intero giorno (4 ore e 36 minuti medi), con una forte crescita soprattutto nel daytime. Il consumo di tv ha un andamento anticiclico, perché il piccolo schermo costituisce un divertimento gratuito (la «commerciale» si paga con la nostra attenzione) o meno oneroso di altri (la pay tv domestica rispetto al cinema o al teatro). Come se la sono cavata i broadcaster in questa complicata situazione, che pare perdurerà per tutto quest’anno? Tre i dati interessanti per il prime time. Primo, mantengono la supremazia le «generaliste ammiraglie», e in particolare Rai1 che cresce di mezzo punto di share (grazie a Sanremo, «all’effetto Montalbano» e alle fiction in genere), mentre le «generaliste targettizzate» (Italia 1, Rete4, Rai2) sono insidiate dalla crescita delle reti «native digitali» (Real Time, DMax, Rai4). Secondo, Canale 5, la commerciale per eccellenza, pur chiudendo sopra il 15,6% di share, perde quasi due punti. Continua, infine, a crescere La7 (5,6% in prima serata): il suo approfondimento continua a essere percepito come il più credibile dal pubblico d’elezione per questo genere. (A.G. ) In collaborazione con Massimo Scaglioni, elaborazione Geca Italia su dati Auditel.